L’ElzeMìro – Temi e variazioni 4

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                                                                                                           Charles M. Schultz – Poets 

                                       4.Lettera a una signora lontana

                                                                         da August von Platen (1796-1835) – Das Grab am Busento 1-4

Nächtlich am Busénto líspeln/bei Cosénza dúmpfe Líeder /Aus den Wássern schállt es Ántwort, /und in Wírbeln klíngt es wíder!… Lispeln, come sibila signora ascoltate, come il tedesco lispela dal fondo delle sue risorse, sconosciute alle lingue nate non da acciaio e foreste ma da olivéte e orti, da cipressetti miei, da un mare tutto fresco di colore i pètali cadutia; ma non è questo che le voglio dire. Come desideravo mi sono stabilito qui a*** ma non ho trovato da sistemare il mio desiderio, monòstato; attendo, per quando mah, un’isola felice; ho da adattarmi pel momento a un condominio, piccolo, di nulla dòmino e ad avere accanto al mio, l’appartamento, ch’immagino enorme, di tre vecchie signore. La voce comune dice che da quando non si sa abitino qua, come le minacce; fastidiose dipende, incombenti non dico mais dans l’ensemble y il a quelque chose qui cloche; bref, costeggio i loro buongiornobuonasera, mai uso il piccolissimo ascensore collettivo per evitare d’assoggettarmi a combinazioni sfortunate, a qualche forma di contatto, a lispeln lispeln lispeln; tra loro la men vecchia, vederla, un ovale d’opale smerigliato, lispela colei sul serio, una lisca tale e quale un serpente di cartone animato. Le tre, per quanto non sembrino figlie o compagne dell’oggi che al malumore ci dispone, noi, nevvero, quello scandaloso abbigliarsi di certi anziani, prima di morire deceduti alla convenzione di una sciatteria tra il pratico e il cafone, sovente qui in un centro commerciale dove fanno spese, le colgo ad acquistare spartifiamma nuovi, sa di ottone o di ghisa bah, per la -loro- cucina; non una muta ma diecine, e questo potrebbe voler dire che quelli ossidati o sporchi di qualche cottura tracimata, rimpiazzano con questi nuovi luccicanti di continuo – scioccherìe di poetesse, scempiaggini di vecchieb – questa è l’impressione che mi destano, me che sono nato osservatore, ben lo sapete, e spia. Spiare è indispensabile alla sopravvivenza; non è curiosità bensì prudenza; per quanto sia reso men pericoloso dall’illusorio confine di tégoli e mattoni delle civili abitazioni, l’inevitabile contatto con altri, è bensì un’àlea; finché dura convivo con l’immagine di queste tre signore, ancora non lo so finché; oh se le vedo, da in fondo alla strada arrivano, con tre sportine della spesa, lègge lègge disossate; di che vivano e perché di continuo comprano spandifiamma mi domando. Che m’inquieta non è questo tuttavia; tutte le notti infatti, e ormai mi sveglio direi per accertarmi che il fenomeno sia lì in sospeso, verso le due non di preciso, le due e qualcosa, ebbene di là dal muro che dalle vecchie puntuale e discreto mi divide, m’arriva un gru gru di grattugia, quindi un richiamo, un lamento, un fil di voce, lispelnde o meno poi voilà, si spostano mobili e immobili, cose, è evidente, tutto un trisch-trasch sommesso, sento un tumtumb, una polka di topi, grandi però come facchini all’opera; tra sospiri e pause, per un non so che, dura così e mi trattiene, com’il principe insonne obbliga il suo servo al buio fuor di sua camera, ciondoloni su una sedia. Fino all’aurora. Tutto si cheta allora, di colpo e tace. Fino alla notte dopo… cupi a notte canti suonano/Da Cosenza su ’l Busento,/ Cupo il fiume li rimórmora/Dal suo gorgo sonnolento… Ricorderà il Carducci signora.

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a.Difficile la traduzione dei versi d’incipit senza far torto a Von Platen; si veda quella ridondante ma poetica di Giosuè Carducci (1835-1907) che chiude  questa variazione sul tema cui invece è contrappuntata alle prime battute una citazione da Pascoli, L’Accestire,  da Davanti a San Guido sempre del Carducci, da Sandro Penna, La vita è ricordarsi,  da In un momento di Dino Campana

b. Parafarsi da Così fa tutte, Da Ponte – Mozart A1/2

BARTURO 10

Pasquale D'Ascola

P. E. G. D’Ascola Ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: Le rovine di Violetta, Idillio d’amore tra pastori, riscrittura quet’ultima della Beggar’s opera di John Gay, Auto sacramental e Il Circo delle fanciulle. Suoi due volumi di racconti, Bambino Arturo e I 25 racconti della signorina Conti, e i romanzi Cecchelin e Cyrano e Assedio ed Esilio, editato anche in spagnolo da Orizzonte atlantico. Sue anche due recenti sillogi liriche Funerali atipici e Ostensioni. Da molti anni scrive nella sezione L’ElzeMìro-Spazi di questa rivista  sezione nella quale da ultimo è apparsa la raccolta Dopomezzanotte ed è in corso di comparizione oggi, Mille+Infinito

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