Autore: Hodgman George
Data di pubbl.: 2016
Casa Editrice: Bollati Boringhieri
Genere: Romanzo famigliare
Traduttore: Manuela Faimali
Pagine: 352
Prezzo: 18,00 €
«So che non devo aspettarmi una risposta. Non siamo nel film Sul lago dorato. La reticenza di mia madre non cambierà mai. […] Appartiene a una generazione esistita quando ancora i sentimenti non venivano espressi.»
Betty ha novant’anni, è vedova e nella sua vita non si è mossa quasi mai dal Missouri. L’io narrante è il figlio George, editor cinquantenne che ha abbracciato lo stile di vita di New York ma che è tornato nel Midwest per occuparsi della madre. Le condizioni di salute di Betty si aggravano progressivamente, ma lei rifiuta con decisione l’idea di trasferirsi in una casa di riposo e insiste nel voler essere autonoma, pur fra molte difficoltà. La convivenza fra madre e figlio apre la porta ai ricordi. Curiosamente, Betty non parla spesso del passato e non è un caso. Sebbene l’affetto non gli sia mai mancato in famiglia, George ha patito la mancanza di comunicazione con i genitori sui sentimenti. A New York ha condotto una vita sregolata, senza orari sul lavoro e con più di un problema di dipendenza dalle droghe. Ma l’ostacolo principale, che tale non dovrebbe essere, almeno in età adulta, è dato dall’omosessualità di George. Betty non vuole parlarne nemmeno di fronte all’evidenza, e la stessa cosa valeva anche per il padre di George. Sia ai tempi dell’università sia ai tempi del dilagare dell’allarme HIV, George ha sofferto, ma ha tenuto tutto dentro.
Io e Betty si allontana dal memoir puro e semplice grazie alla sapiente mescolanza di presente e passato e al tono che non scivola mai nel patetismo. George assume davanti alla vita un atteggiamento costantemente ironico, con punte perfino di sarcasmo. Se all’inizio questo lo ha aiutato a farsi accettare e benvolere dagli altri, con il passare delle pagine capiamo che si tratta di un modo per difendersi dalle domande altrui, per sviare il discorso spostando l’attenzione. Alcune battute sono davvero brillanti e non è difficile scorgere l’influenza del modo di vivere di Betty, che nel suo piccolo ha coltivato una certa idea di eleganza rispettabile. Sullo sfondo, si intravede la provincia americana con i suoi riti e con il suo senso della comunità, salda ma chiusa.
Alla fine del percorso di Betty, resta un po’ di amaro in bocca per ciò che non è stato, per ciò che è rimasto nel silenzio. I drammi, piccoli o grandi che siano, si possono affrontare: l’importante è parlarne.