Il terzo uomo – Graham Greene

Titolo: Il terzo uomo
Autore: Graham Greene
Casa Editrice: 2021, Sellerio
Genere: giallo, giallo storico
Traduttore: Alessandro Carrera
Pagine: 206
Prezzo: € 14,00

Se questo romanzo giallo, uscito nel 1950, si legge con vero e profondo piacere, con piacere ancora maggiore scorriamo la bella e colta introduzione di Ben Pastor, la postfazione di Domenico Scarpa, nonché la nota finale redatta dallo stesso Greene anni dopo la pubblicazione del libro e l’uscita del film omonimo, nota che inizia con queste straordinarie parole:

“Il terzo uomo è stato scritto per essere visto, non per essere letto.”

È affascinante apprendere lo svolgersi del processo creativo grazie al quale è nata la storia: in un bagno pubblico, Greene annota su un foglietto volante una frase che lo perseguita. La butta giù e la dimentica per ricordarla il giorno in cui il produttore Alexander Korda gli chiede di preparare lo script di un film ambientato a Vienna nel 1948, subito dopo la guerra, quando la città, semi distrutta dai bombardamenti, è divisa in quattro zone di occupazione fra francesi, inglesi, americani e russi. Solo la Innere Stadt (la città interna)  viene controllata da una milizia mista a capo della quale, settimana dopo settimana, si alterna una delle potenze vincitrici. Greene, insieme al regista Carol Reed, si butta nel lavoro dopo aver riesumato quel pezzettino di carta. Un’esperienza che ritroviamo nel racconto trasferita al protagonista Rollo Martins, scrittore di romanzi western da quattro soldi:

“Era forse la scena di uno dei suoi libri, non ancora scritta, che prendeva forma al varco della coscienza.”

Eppure ancora non basta. La storia non decolla, il cerchio non si chiude, manca la scintilla. Scoccherà a Vienna durante le due settimane trascorse in città per studiare i luoghi in cui il film è destinato a svolgersi. E scoccherà per caso, come sovente accade. All’improvviso Greene ‘vede’ la vicenda, il suo svolgimento e la sua conclusione.
Ma Greene, prima di essere uno scriptwriter è uno scrittore e dunque, quella storia, deve innanzitutto narrarla a se stesso, avere la trama sotto gli occhi in forma di racconto scritto. Sono pagine, quelle della nota di Greene, bellissime e di grande interesse, soprattutto per quei lettori che di solito restano delusi dalla trasposizione in film di un libro amato. Pagine nelle quali si comprende con chiarezza come i due linguaggi, quello visivo e quello scritto, siano completamente diversi e nondimeno ambedue ricchi di potenza comunicativa. Greene spiega come ha trasformato scene e dialoghi per trasporli dalla ‘novellette’ (racconto lungo) al film; di come esistevano brani e descrizioni nel racconto che nel film non avrebbero funzionato e rivendica la scelta personale di questi cambiamenti, non imposta da produttore o regista come è invece solito accada negli adattamenti cinematografici di un libro. 

Credo ci si trovi in presenza di uno dei pochissimi casi in cui libro e pellicola hanno uguale forza e bellezza scenica e narrativa e nessun lettore o cinefilo si senta tradito dall’uno o dall’altra. Perfetti i personaggi del film sebbene fisicamente diversi da quelli del racconto: Joseph Cotten nei panni di Rollo Martins non è così allampanato e dalle gambe lunghe come nel libro e ha pure preteso di non chiamarsi Rollo – eccessivamente effeminato – eppure chi altri se non lui? Forse troppo bella Alida Valli nel ruolo di Anna del cui volto nel libro si dice:

“Non era un bel viso, era quello il problema. Era un viso fatto per viverci assieme, giorno dopo giorno. Un viso da mettersi addosso.”

ma immaginiamo che un’altra attrice avrebbe avuto un minore impatto sul pubblico.

E che dire di Orson Wells? Lui sì un Harry Lime ineccepibile: ammiccante, protervo, dotato di una dolcezza crudele e di un cinismo senza pari.

Come scrittore, Greene si diverte a ricoprire ogni possibile ruolo: da quello della voce narrante del poliziotto Calloway a quella dello scrittore onnisciente. Se lo può permettere e sa farlo come nessuno. Gioca con le citazioni e le capovolge. Angoscia, intriga, trascina e ci strappa una risata senza mai perdere il controllo di una storia fatta di pochi eventi e molte macerie: quelle della città e quelle che si accumulano nell’animo dei protagonisti. Un autore inimitabile e inimitato per sagacia, profondità psicologica, precisione storica e linguistica. Un sincero plauso al traduttore Alessandro Carrera. Bravissimo.

 

Francesca Battistella

Francesca Battistella (Napoli, 1955) si è laureata in Antropologia Culturale nel 1979 alla Federico II di Napoli e ha conseguito un Master nella stessa materia presso la Auckland University, Nuova Zelanda, nel 1982. Ha lavorato come Lettrice d’Italiano e Storia Contemporanea nella stessa università nel 1983 e nel 1984. Tornata in Italia è stata traduttrice dal francese e dall’inglese per l’Istituto di Studi Filosofici di Napoli e in seguito per dieci anni segretaria di alta direzione, promoter, editor e organizzatrice di eventi presso la società INNOVARE, gruppo Banco di Napoli. Dal 2008 vive e lavora a Lugano, Svizzera. Negli anni ha pubblicato il romanzo storico Gli esuli (2004), un giallo Il parco delle meraviglie (2006), un noir Re di bastoni, in piedi, una trilogia gialla ambientata sul lago d’Orta che comprende La stretta del lupo (2012), Il messaggero dell’alba (2014), La bellezza non ti salverà (2016) e ancora un noir La verità dell’acqua (2019). Gli ultimi cinque libri per la casa editrice Scrittura&Scritture. Scrive recensioni per Gli amanti dei libri, la rivista Airone (Cairo editore) e Luoghi di libri.

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