Titolo: La promessa
Autore: Friedrich Dürrenmatt
Prima edizione: 1958
Edizione usata per la recensione: Feltrinelli, 2013
La promessa, romanzo pubblicato nel 1958, segna un punto di svolta irreversibile all’interno del genere giallo. Costruito come un romanzo a tesi, il racconto prende le mosse dalle disilluse considerazioni di un ex comandante della polizia cantonale di Zurigo, casualmente capitato ad una conferenza dell’autore stesso sul genere poliziesco:
«No, quel che mi irrita di più nei vostri romanzi è l’intreccio. Qui l’inganno diventa troppo grosso e spudorato. Voi costruite le vostre trame con logica; tutto accade come in una partita a scacchi, qui il delinquente, là la vittima, qui il complice, e laggiù il profittatore; basta che il detective conosca le regole e giochi la partita, ed ecco acciuffato il criminale, aiutata la vittoria della giustizia. Questa finzione mi manda in bestia. Con la logica ci si accosta solo parzialmente alla verità.» (pag. 16).
Attraverso un mirabile gioco di incastri narrativi e metanarrativi, la parola passa proprio all’ex comandante che, nel dialogo con lo scrittore, per giustificare le proprie convinzioni, racconta una vicenda realmente accaduta cui assistette personalmente diversi anni prima. Protagonista ne è Matthäi, eccellente commissario della polizia cantonale e suo sottoposto, che prima di lasciare la Svizzera per un prestigioso incarico in Giordania si ritrova ad indagare su un delitto efferato: Gritli Moser, una bimbetta di Mägendorf, è stata brutalmente assassinata e ritrovata in un lago di sangue nel bosco lì vicino. Il delitto scuote la gente del paese e lo stesso Matthäi, il quale promette ai genitori di Gritli che troverà l’assassino.
La trama di un perfetto giallo è dunque delineata e dopo brevi indagini viene anche individuato il presunto colpevole: si tratta di von Gunten, venditore ambulante che per primo ha segnalato alla polizia la presenza del cadavere nel bosco. Tutti gli indizi conducono logicamente a lui: i precedenti per molestie sessuali, le coincidenze di luogo e orario, la possibilità che l’arma del delitto sia uno dei rasoi della sua mercanzia. Il caso è risolto per tutti; solo Matthäi osserva con scettico distacco l’evolversi degli eventi.
Poi, inaspettata, giunge la notizia del suicidio di von Gunten: non creduto, indotto ad una confessione dopo venti ore di estenuante interrogatorio, l’ambulante si è impiccato nella sua cella. L’avvenimento, accolto dai paesani quasi con sollievo, convince invece Matthäi del tragico errore commesso.
Da qui in poi la ricerca della verità diviene una questione privata, lo scopo unico di Matthäi che si sente intimamente vincolato alla promessa fatta ai genitori di Gritli e che rinuncia alla sua carriera pur di trovare il vero mostro di Mägendorf. Una ricerca accanita, condotta con una caparbietà che sfiora l’ossessione, secondo una logica ferrea: la realtà sembra progressivamente piegarsi alle razionali deduzioni della mente geniale di Matthäi. Ma, come esplicita l’ex comandante narratore, «niente è più crudele di un genio che inciampa in qualcosa di idiota». La formidabile intelligenza dell’uomo penetra la realtà, ne smaschera i meccanismi nascosti arrivando perfino a prevederne gli esiti, ma non può dominarla. Il caso, sotto forma della più stupida delle coincidenze, interviene a vanificare ogni costruzione razionale.
«Matthäi non poteva accettarlo. Voleva che i suoi calcoli tornassero anche nella realtà. Perciò dovette rinnegare la realtà e sboccare nel vuoto. […] Ebbene, son cose che succedono talvolta. Anche il peggiore dei casi si avvera di quando in quando. Siamo uomini, dobbiamo tenerne conto, armarci contro questa realtà, e soprattutto avere bene chiaro in mente che riusciremo a evitare il naufragio nell’assurdo, che per forza di cose risulta sempre più netto e schiacciante, e a costruirci su questa terra un’esistenza abbastanza confortevole, solo incorporandolo tacitamente nel nostro pensiero» (pag. 137).
L’irruzione dell’assurdo nel reale è scandalosa, nel senso più propriamente etimologico del termine: il caso si pone infatti come ostacolo paradossale, luogo di inciampo che la ragione non può in alcun modo aggirare.
La promessa di Dürrenmatt non è dunque soltanto, come ci dice il sottotitolo del libro, «un requiem per il romanzo giallo», ma più in generale un canto funebre, ironico e disarmante, alle pretese della ragione.