
Autore: Stevenson Robert Louis
Casa Editrice: Clichy edizioni
Genere: Romanzo
Traduttore: Fabrizio Bagatti
Pagine: 92
Prezzo: 7 euro
Per la prima volta in Italia un inedito del grande scrittore scozzese Robert Louis Stevenson (1850-1894) dal titolo Una vecchia canzone. Incuriosita da questo romanzo breve di un autore conosciuto per il suo capolavoro L’isola del tesoro e per altre opere famose tra cui Lo strano caso del Dottor Jekyll e del signor Hyde ho trovato strano che solo ora l’editoria italiana l’abbia scoperto. Pubblicato a puntate, in forma anonima nel 1877 sulla rivista ‘London’ alla maniera dei feuilletons allora di moda, nel 1982 il casuale ritrovamento di una pagina autografa permise di attribuirne la paternità a Stevenson in modo certo e definitivo. Ed ora le Edizioni Clichy ne hanno curato la pubblicazione in una loro collana, la Père Lachaise, dove trovano posto autori fondamentali della letteratura mondiale.
La storia, semplice e forte proprio come una vecchia canzone, contiene già molti temi cari al grande scrittore: lo scontro fra bene e male, il fascino nomade della gioventù, il doppio, il peso dell’eredità, la prigionia dei vincoli sociali. La lettura approfondita del testo rivela molti aspetti formali e contenutistici che verranno poi ripresi da Stevenson nei romanzi successivi. Una vecchia canzone si conferma dunque la prima opera scritta e pubblicata da questo autore.
La storia narra del colonnello Falconer, vecchio militare che abbandona l’India per prendersi cura di due nipoti rimasti orfani, John e Malcolm, le cui esistenze subiranno sviluppi fra loro antitetici. Falconer aveva infranto le tradizioni di famiglia entrando nell’esercito e tutta la sua giovinezza fu piena di dissipazioni e disastri. Arrivarono quasi a chiedergli di dimettersi dal reggimento. Finì nei guai e si ritrovò al verde in modo deplorevole. Questa sua condotta turbolenta veniva rivelata di volta in volta alla sua famiglia in patria e, siccome nel frattempo non scriveva mai, una lettera dall’India significava solo un’altra grana. All’età di trent’anni fu invitato a un raduno religioso. Da quel momento in poi fu un uomo diverso: divenuto religioso, sviluppò un gran senso del dovere e si trasformò in un buon ufficiale. Falconer era quindi considerato uomo degno di fiducia. Quando morì suo padre, si ritrovò ad essere l’ultimo della famiglia, a parte i due nipoti, così ritenne suo dovere tornare a casa e prendersi cura di loro e della proprietà. Vi si gettò a capofitto e considerò tutto ciò il più audace sacrificio personale concepibile, quasi un martirio. Al primo dei due sarebbe spettata la tenuta di Grangehead e il matrimonio con la figlia dei confinanti, ma nulla va per il verso giusto e l’amorevole conflitto fra i cugini, Malcolm e John, opposti per temperamento e destino, è l’occasione per raccontare un mondo.
Con questa novantina di pagine, di una straordinaria semplicità, Stevenson pone le radici del moderno romanzo di immediato consumo. Una vecchia canzone rivela una prosa accattivante, una comunicativa diretta e una narrazione lineare. I colpi di scena che coinvolgono i due fratelli sono gli elementi che tengono viva l’attenzione del lettore, qualità che non sempre gli scrittori odierni riescono a raggiungere. Ottima, infine, la traduzione di Fabrizio Bagatti, che firma anche la prefazione, per un libro da consigliare a tutti.