ROMANZO
Dopo “La via del tabacco”, incentrato sulle vicende dei Lester, Il Piccolo campo continua il “Ciclo del Sud”. Erskine Caldwell racconta con humor feroce e crudo realismo l’epopea della famiglia Walden. L’aspra Georgia rurale dei primi anni Trenta fa da sfondo all’illusione di ricchezza di Ty Ty Walden, convinto che il suo campo arido celi filoni d’oro: da quindici anni scava senza sosta costringendo i figli a fare lo stesso. Due di loro hanno abbandonato la casa paterna per trasferirsi in città: Jim Leslie si è arricchito e ha una vita borghese e agiata insieme a una moglie gracile, mentre Rosamond ha sposato Will, un operaio combattivo e alcolista. Ty Ty spera che un giorno i figli lontani tornino per ricominciare la caccia all’oro: nel frattempo Shaw e Buck sono rimasti fedeli alla terra e alla pala. Con loro Darling Jill, sorella minore di Shaw e Buck, e la moglie di quest’ultimo, la bellissima Griselda. Una travolgente ferinità sessuale serpeggia tra loro, un’altra declinazione della febbre dell’oro che rende la famiglia Walden un gruppo di personaggi minimi, biblici e istintivi. Il piccolo campo è un poema epico in cui il fulcro non è tanto l’oro quanto la rivalsa, un’attesa del cambiamento spasmodica e inane. Uno spaccato di realtà così vivido da costare all’autore la censura, l’arresto e la critica dei contemporanei, ad esempio dell’autrice di “Via col vento” Margaret Mitchell.
“Piccolo Campo” di Erskine Caldwell. Dal 24 gennaio in libreria. Fazi editore.
Una banda criminale nata per scommessa: «Se è croce faremo una vita onesta di lavoro e sacrificio, se è testa metteremo a segno qualche bel colpo e ci compreremo l’automobile». Testa
Nella Bologna del secondo dopoguerra prende il via la breve carriera criminale di un gruppo di ragazzi. Daniele Farris, ex brigata nera; Romano Ranuzzi “il Bello”, ex partigiano; e Paolo Casaroli, ex membro della X Mas, si sono conosciuti nel carcere di San Giovanni in Monte e la loro amicizia è destinata a lasciare una scia di morte.Dai primi piccoli furti passano rapidamente alle rapine in banca, fino a un colpo troppo grosso per loro: il Banco di Sicilia in viale Trastevere a Roma.Tra sogni di ricchezza e nichilismo si consuma la tragedia di tre giovani che dopo aver vissuto l’orrore della guerra non volevano accontentarsi di una vita normale.
“Mani in alto” di Claudio Bolognini. Dal 23 gennaio in libreria. Imprimatur editore.
Uno studente di filosofia colombiano, Manuel, viene arrestato a Bangkok con l’accusa di traffico di droga: se non si dichiara colpevole rischia la pena di morte. Ma la sua preoccupazione più grande è rivedere la sorella scomparsa anni prima, Juana, a cui è legato da un amore esclusivo. Manuel è un sognatore, appassionato di letteratura e autore di graffiti, Juana una donna forte, decisa a fare qualsiasi cosa per proteggerlo e portarlo via da Bogotá, infestata di paramilitari e narcotrafficanti. È per questo che diventa una escort di lusso e si introduce negli ambienti dei politici corrotti per tramare vendette, ma quando le cose per lei si mettono male è costretta a lasciare il paese. La vicenda commuove il console colombiano a Nuova Delhi, che ritrova Juana a Tokyo, sposata con un ricco giapponese da cui ha avuto un figlio, e fa di tutto per riunire i due fratelli. È lui a raccogliere le loro sofferte testimonianze e a raccontare la loro malinconica storia. Con la consueta sapienza narrativa che fa di lui uno dei più apprezzati scrittori latinoamericani del nostro tempo, Santiago Gamboa impone un ritmo incalzante a questo romanzo a tre voci, mentre disegna un affresco inquietante di un mondo sordido che, dall’infinita guerra civile in Colombia al turismo sessuale in Thailandia, è afflitto dalla stessa endemica violenza.
“Preghiere notturne” di Santiago Gamboa. Dal 25 gennaio in libreria. E/O editore.
Al Santamaria è un bambino prodigio, probabilmente il più grande genio del ventesimo secolo, colui che salverà il genere umano appena avrà risolto un problema più urgente: trovare una casa per la sua famiglia. Perché la vita dei Santamaria non è sempre facile, per la verità: uno specchio dell’Italia degli ultimi quarant’anni, sospesa tra voglia di riscatto e illusioni di grandezza, immobilizzata dall’incapacità di credere veramente in ciò che sogna. Al invece, tra mille difficoltà e prove potenzialmente distruttive, non ha cedimenti e costruisce pezzo dopo pezzo il suo mondo, con l’aiuto della sorella Vittoria, serial killer di animali domestici, e delle risorse della sua età. Risorse che sono illimitate perché lui, nemmeno lo sa, resterà bambino per tutta la vita.
“We are family” di Fabio Bartolomei. Dal 25 gennaio in libreria. E/O editore.
Il piccolo Ruben è un «giudeo cacasotto»: così lo deridono i compagni di classe, fino a quando un giorno la scuola gli viene per sempre preclusa. Ma lui non ne fa un dramma. Meglio le lezioni private di clarinetto dal professor Nussbaum, uno che suonava con i Wiener Philarmoniker prima che lo cacciassero perché ebreo. Meglio gironzolare per le strade della città. Meglio starsene a casa, nonostante il clima in famiglia si faccia ogni giorno più cupo e agitato. Una notte, però, tutto precipita, arrivano i soldati e si possono raccogliere solo le cose più importanti, perché non c’è tempo, alla stazione c’è un treno che aspetta. Auschwitz ingoia gli ebrei, ma non Ruben. Il ragazzo viene salvato da un ufficiale delle SS, Klaus von Klausemberg, un raffinato melomane che si invaghisce del suo talento musicale. Il militare lo prende sotto la sua protezione, gli dà una certa libertà all’interno del lager, lo ospita nell’ospedale del campo. Ruben vive così una prigionia dorata e Klausemberg diventa per lui una specie di padre, protettivo e prodigo di consigli, oltre che un amico con cui suonare il prediletto Mozart. La tragica verità del lager affiorerà poco alla volta, insinuerà in Ruben prima dubbi e sospetti, poi inquietudini e orrori, in un crescendo di scoperte sconvolgenti, che, al momento della liberazione, si trasformeranno in un lutto assai difficile da elaborare. Solo due decenni più tardi, rivivendo attraverso un diario postumo la tragedia di Auschwitz, Ruben potrà scacciare i fantasmi che l’opprimono per riconciliarsi infine con l’esistenza.
“I giocattoli di Auschwitz” di Francesco Roat. Dal 24 gennaio in libreria. Lindau editore.
STORICO
Nella Cecoslovacchia degli anni ’30, Ilse Weber è una giovane donna ebrea, colta e vitale, che ha rinunciato a una brillante carriera di scrittrice per l’infanzia e autrice di radiodrammi, per amore del marito Willi e dei suoi due bambini. È una parentesi felice che non è destinata a durare: con l’occupazione tedesca del Paese, gli ebrei sono fatti oggetto di una persecuzione crudele e inesorabile. Ilse deve progressivamente rinunciare a tutto – alla propria casa, ad andare al cinema, a teatro, nel parco, persino a uno dei suoi bambini, Hanuš, che a nove anni lascia la famiglia per raggiungere prima l’Inghilterra e poi la Svezia –, conformarsi ai divieti più umilianti, vedere gli amici di un tempo evitarla o girarle le spalle. Fino alla suprema prova dell’internamento a Theresienstadt nel febbraio 1942. Tutte queste vicende ci sono restituite, nello stile semplice e immediato di una conversazione, dalla sua corrispondenza con Lilian, l’amica che accoglie Hanuš in casa sua, e con pochi altri interlocutori. Ma della Weber ci sono miracolosamente giunte anche le poesie e le canzoni composte per i bambini del reparto medico pediatrico del campo di concentramento. Raccolte e seppellite in un capanno degli attrezzi prima del trasporto finale ad Auschwitz (avvenuto nell’ottobre 1944), sono state recuperate dal marito dopo la liberazione e riunite con altre ottenute direttamente dai sopravvissuti. Se lei non ebbe scampo, il suo ricordo si conservò infatti tenacemente nei cuori dei suoi compagni di sventura. Non potevano dimenticare come la sua poesia avesse illuminato il buio della vita nel lager, dando loro la forza di continuare a sperare.
“Quando finirà la sofferenza?”di Ilse Weber. Dal 24 gennaio in libreria. Lindau editore.
Il mondo rurale, l’adesione al comunismo, il dramma della deportazione e infine la tragedia del Vajont. Una vita sempre in bilico, una grande forza di volontà per resistere. La storia cruda e appassionante di Geremia Della Putta, un uomo aggrappato alle sue idee che riesce a combattere con i fantasmi della storia Geremia nasce in Val Vajont da una famiglia di cramari, gli antichi commercianti itineranti delle Alpi orientali. Ha sette anni quando si trasferisce nell’attuale Slovenia, a Postumia, al seguito dei genitori. È il primo dei molti viaggi, esodi e marce che lo immergeranno nelle tragedie del Novecento: il confine caldo italo-slavo del primo dopoguerra; l’antifascismo e la Resistenza nelle vallate pordenonesi; la deportazione a Buchenwald e la Resistenza clandestina all’interno del campo di sterminio; il ritorno a piedi dopo la Liberazione, attraverso la Germania devastata dal secondo conflitto mondiale; il disastro del Vajont del 1963, che disperderà il millenario mondo valligiano. Geremia porta con sé, nei suoi estenuanti viaggi, la propria antica cultura rurale che, assieme alla resistenza fisica e la passione sportiva, lo aiuteranno a sopravvivere e a raccontare.
“Sopravvissuto” di Francesca Bearzatto. Dal 24 gennaio in libreria. Nuova Dimensione editore.
La ricostruzione puntuale e documentata delle settimane che videro Levi passare dalla scelta antifascista alla lotta partigiana; La storia di Primo Levi che qui si racconta è basata su nuovi documenti che cercano di ricostruire la sua partecipazione alla resistenza e i fatti che ne hanno causato l’arresto, punto d’inizio del tragico destino che lo vedrà deportato ad Auschwitz-Monowitz.
Nella notte tra il 12 e il 13 dicembre del 1943, Primo Levi venne arrestato, in località Amay (valle d’Aosta), durante un rastrellamento della milizia fascista contro i partigiani. Con lui saranno arrestati Luciana Nissim e Vanda Maestro, Aldo Piacenza e Guido Bachi che, da qualche settimana, hanno dato vita a una banda di ribelli affigliata a Giustizia e Libertà. Nonostante questo episodio dia inizio a tutto il suo calvario di ebreo deportato ad Auschwitz, Primo Levi parlerà assai poco e saltuariamente della sua permanenza in montagna tra i partigiani. Anzi arriverà a definirlo «il periodo più opaco» della sua carriera. «È una storia di giovani bene intenzionati ma sprovveduti – scriverà – e sciocchi, e sta bene tra le cose dimenticate». Qual è la causa di un giudizio così severo, accompagnato da un silenzio interrotto solo da alcune pagine di un racconto e da cenni contenuti in opere letterarie e di testimonianza? L’esecuzione sommaria all’interno della banda di due giovani che con le loro azioni minacciavano la sicurezza e la vita stessa del gruppo partigiano può sicuramente aver contribuito. E tuttavia, la ricostruzione puntuale e documentata delle settimane che videro Levi passare dalla scelta antifascista alla lotta partigiana, apre altri scenari, suggerendo un legame di continuità tra la vita partigiana e la lotta per la sopravvivenza ad Auschwitz. Una storia inedita, raccontata per la prima volta a partire da documenti ritrovati, interviste e ricostruzioni d’ambiente.
“Il lungo viaggio di Primo Levi” di Frediano Sessi. Dal 23 gennaio in libreria. Marsilio editore.
GIALLO, THRILLER, NOIR
Il testo di Dumas qui presentato, che ricalca con poche differenze il celebre “I delitti della rue Morgue” di Poe, è stato ritrovato da Ugo Cundari nell’archivio di una biblioteca napoletana durante una ricerca di tutt’altro genere. Pare incredibile, ma dell’esistenza di questo scritto, presente in poche copie originali nel mondo, non si è mai discusso seriamente; solo qualche studioso fa riferimento a una presunta lettera dai contenuti simili. Eppure questo piccolo gioiello pubblicato dal grande autore francese sull’«Indipendente», il giornale partenopeo di cui fu direttore per volere di Garibaldi tra il 1860 e il 1864, potrebbe aprire un caso letterario, e in ogni caso suscita numerosi interrogativi: è stato davvero Edgar Allan Poe a scrivere il primo giallo della storia della letteratura? È stato Dumas a ispirarglielo? Prima di pubblicarlo in italiano, Dumas lo aveva già dato alle stampe in francese? Se sì, in che anno? Davvero, allora, il geniale scrittore americano ha soggiornato a Parigi come vuole una voce mai confermata? È una coincidenza che nel suo racconto il medico legale si chiami Paul Dumas e in quello di Dumas prenda il nome di Paul Dupin?
“L’assassinio di rue Saint-Roch” di Alexandre Dumas, a cura di Ugo Cundari. Dal 22 gennaio in libreria. Dalai editore
Al tenue chiarore della luna, le paludi che circondano la cittadella medievale di Aigues-Mortes restituiscono alle autorità il cadavere di una donna: si tratta di Deanne Bréchet, una giornalista parigina. La polizia concentra subito i sospetti su Fabienne Lacati, una giovane ricercatrice della Sorbona che si trova nel sud della Francia per un convegno sulle crociate. Le due donne, infatti, si conoscevano bene e la sera dell’omicidio molti testimoni le hanno viste litigare furiosamente nella hall dell’albergo. Determinata a provare la propria innocenza, Fabienne scopre che, nelle settimane precedenti, la giornalista era andata spesso in quella enigmatica e affascinante città-fortezza per documentarsi sui Penitenti Grigi, un antico ordine caritatevole che esiste ancora oggi. Ma l’aspetto più inquietante della vicenda è che pure Fabienne è interessata a quella confraternita, e forse non è una coincidenza se, da mesi, le negano il permesso di visitare il luogo dove sono raccolti i registri della congregazione: la Cappella dei Penitenti Grigi. È possibile che Deanne avesse scoperto un segreto scottante, custodito proprio in quella chiesa inaccessibile? La drammatica conferma arriva quando, l’uno dopo l’altro, tutti coloro che Deanne aveva contattato muoiono in circostanze misteriose. Fabienne intuisce quindi di essere in pericolo e, con l’aiuto di Daniele Ferrara, un collega italiano, si convince che l’unico modo per salvarsi la vita è andare a caccia della verità: una verità che, sorprendentemente, si nasconde tra le pieghe di un tragico evento del passato, eppure ancora molto attuale…
“La cappella dei penitenti grigi” di Maurizio Lanteri e Lilli Luini. Dal 24 gennaio in libreria. Nord editore.
Daniele Bagli, un impiegato dalla piatta quotidianità, vorrebbe vivere un “giorno perfetto” incontrando una misteriosa ragazza, conosciuta su Facebook, di cui non ha mai visto nemmeno una foto. Affascinato però dalle sue parole è rimasto impigliato in quella rete virtuale che sta per assumere le fattezze della realtà. La stazione di Porta Nuova dovrebbe ospitare il loro primo appuntamento ma Bambi, è quello il suo pseudonimo, non scenderà mai da quel treno in arrivo sul binario 13. Quando poi il protagonista scoprirà il tragico destino di quella donna inizierà a confrontarsi con i suoi assillanti sensi di colpa e con la sensazione, che si tramuterà poi in certezza, di essere vittima di una impietosa trappola che prevede la sua incriminazione per quel delitto. In una torrida Torino, emotivamente sconvolta da quell’evento, inizierà infatti una caccia all’uomo in cui Daniele, braccato dalle forze dell’ordine, si muoverà alla ricerca di una spiegazione, di una possibilità di salvezza ma, soprattutto, di un nemico verso cui indirizzare tutta la propria rabbia.
“Trappola a Porta Nuova” di Rocco Ballacchino. Dal 24 gennaio in libreria. Frilli editore.
È cambiato Andrea Lucchesi. Ha sfiorato la morte e, se questa volta ha vinto lui, il prezzo che ha dovuto pagare è alto: adesso ha paura. Paura di ogni sigaretta che accende, di ogni bicchiere che si concede, ma soprattutto paura di essere, di restare solo. Forse è per questo che un giorno, uscendo dalla Questura milanese di piazza San Sepolcro, Lucchesi si accorge di quell’uomo, che, all’angolo di via del Bollo, dispensa saggezza ai passanti, a chi ha tempo per fermarsi ad ascoltare un vecchio, un filosofo. Lucchesi ha tempo, adesso, per ascoltare, per capire. Sì, è cambiato l’ispettore Lucchesi. Ma non è il solo. Se l’indagine su una serie di furti d’arte in cui si troverà coinvolto appena rientrato in azione è fin troppo vicina a quella risolta pochi mesi addietro, in realtà nulla è come prima. Le persone che ha incontrato allora sembrano divertirsi a sovvertire ogni aspettativa: la contessa Urbinati, il commissario Pepe, i collezionisti d’arte, la collega Marchesi… Nulla e nessuno è come sembra, per Andrea Lucchesi, che per risolvere questo caso dovrà esser disposto a svelare e accettare verità amare sulle persone all’apparenza a lui più vicine. Verità che cambieranno la sua vita per sempre.
“Il filosofo di Via Del Bollo” di Gianni Simoni. Dal 24 gennaio in libreria. Tea editore.
La città è infuocata dalla rivolta. Per un giorno e una notte imperversano neri armati di bastoni, catene, spranghe di ferro. Poi se ne riappropriano i padroni, loro con pistole, fucili, coltelli. Mohà, Lodit e Kwei si sono nascosti. La vendetta li raggiunge ugualmente. L’unico testimone degli omicidi è Taiwo, che scappa lontano. Qualche mese dopo, in un container scaricato al porto, duecento chili di cocaina: i carabinieri montano la guardia, la droga scompare lo stesso, un funzionario della dogana fa una brutta fine. Due indagini parallele affidate ad Alberto Lenzi, il «giudice meschino» – magistrato indolente e indisciplinato e con un debole per le belle donne – nato e cresciuto in quella terra dove crimine vuol dire ’ndrangheta e dove nulla è come sembra. Giostrando sul filo del pericolo il suo rapporto diretto – di ingannevole complicità e amicizia – con un potente capobastone, Lenzi decifrerà i due misteri intrecciati, e farà la sua giustizia. Mimmo Gangemi è uno dei nostri grandi narratori, e in un poliziesco dallo stile unico sa restituire tutta la complessità dell’Italia di oggi.
“Il patto del giudice” di Mimmo Gangemi. Dal 24 gennaio in libreria. Garzanti editore.
Un grande poeta viene trovato assassinato a Villa Ada. Il morto, non più giovane, viveva come un barbone negli anfratti della la più grande e più selvaggia villa romana. Chi lo trova è un altro poeta, un suo coetaneo che tutte le mattine all’alba va a correre tra il verde. Il commissario incaricato delle indagini, è a sua volta un poeta dilettante – e quando comincia ad affiorare l’ipotesi che l’assassino potrebbe essere un poeta rimette l’incarico nelle mani del questore, il quale segue la pista aperta dal suo sottoposto. Pista che si basava sull’ipotesi che il poeta assassinato fosse in possesso della macchina da scrivere l’oro, la quale – al di là del valore veniale – ne aveva uno ben più importante per la comunità dei poeti: come la lampada di Aladino chiunque avesse usato quella macchina avrebbe scritto poesie bellissime, tali perfino, forse, da fargli vincere il Premio Nobel. Ma la macchina magica esiste davvero o si tratta di una favola, di un mito, di una metafora? E i poeti ci credono o non ci credono? E’ pensabile che qualcuno possa uccidere per la poesia? Nulla è acquisito, anche perché la platea dei poeti, o aspiranti tali, è potenzialmente infinita. Ce ne sono altri che frequentano Villa Ada? Tutti i runner della mattina vengono interrogati, ma ogni interrogatorio, lungi da semplificare la lavoro, lo complica lasciando tutto in sospeso su altre storie, su altri racconti che possono a loro volta avere, o non avere, a che fare con l’omicidio. Una cosa certa è che, abbastanza presto, un altro poeta morirà.
“Delitto a Villa Ada” di Giorgio Manacorda. Dal 24 gennaio in libreria. Voland editore.
FANTASY
Se potesse, Odyssea, chiederebbe molte cose a sua madre. Ad esempio perché da anni sono costrette a vivere come fuggiasche, senza una meta, una casa e, soprattutto, senza un padre. Finché una notte, attraversando un varco magico nascosto nel bosco, la riporta a Wizzieville, dove è nata, e lei scopre di appartenere a una cerchia di persone dotate di rari poteri. Incredula, Odyssea si getterà nella nuova vita, ma si accorgerà presto che dietro la facciata idilliaca e fatata di Wizzieville brulica il Male. Un nemico, che perseguita la sua famiglia da generazioni, è tornato sotto mentite spoglie per ucciderla. Come se non bastasse l’amore la coglie di sorpresa. Jacko, un misterioso e impavido ragazzo che, a differenza degli altri, la tratta senza cerimonie, devasta il suo cuore inesperto. Ma come mai tutti lo disapprovano e lo temono? Può fidarsi di lui? Odyssea è combattuta, ma non può concedersi errori. Il nemico è in agguato. Potrebbe essere ovunque, potrebbe essere chiunque.
“Odyssea” di Amabile Giusti. Dal 22 gennaio in libreria. Dalai editore.
Il destino di una strega è il terzo capitolo della serie Women of the Otherworld, capostipite di un genere unico che fonde i tratti magici dell’urban fantasy e quelli più sensuali del paranormal romance. Come nei suoi precedenti libri Kelley Armstrong dà vita a un personaggio femminile passionale e seducente dotato di una grande determinazione e forza d’animo.
Le vere streghe si sono integrate così bene nella società che chiunque potrebbe essere loro vicino di casa e non accorgersene. Come Paige, ventitrè anni, apparentemente una ragazza come tante, in realtà è a capo della Congrega della Streghe Americane e si occupa di una giovane strega adolescente rimasta orfana, Savannah. Si troverà ad affrontare pericoli e difficoltà con estremo coraggio e sangue freddo e sedurrà un giovane stregone senza timidezza, dimostrando a tutti, anche ai più malfidati, di cosa è capace una donna giovane e indipendente, sola ma dotata di una straordinaria volontà. Ambientato in una cittadina del New England Il destino di una strega è un romanzo dove momenti di violenza, passione e fantasia si amalgamano perfettamente creando un cocktail di emozione e divertimento.
“Il destino di una strega” di Kelley Armstrong dal 24 gennaio in libreria. Fazi editore.
Lily ha fatto la sua scelta: per amore di Quince, è pronta a rinunciare al trono di Thalassinia. Tuttavia la giovane principessa non vuole abbandonare per sempre né il suo popolo né il padre, e decide quindi d’impegnarsi al massimo per superare i test d’ingresso dell’università, diventare una biologa marina e aiutare, seppur da lontano, il suo regno. Un obiettivo tutt’altro che semplice da raggiungere, visto che la scuola sta per finire e che le materie da studiare sono moltissime. Forse troppe. E, come se non bastasse, a turbare le sue giornate ci pensa l’arrivo di Dosinia, la cugina pestifera, che stavolta deve proprio aver combinato qualcosa di molto grave se re Palumbo – il padre di Lily – l’ha punita con l’esilio sulla terraferma e con la revoca di tutti i poteri magici. Dosinia infatti non ci mette molto a creare guai, prima seminando zizzania tra la cugina e Quince, poi seducendo l’ingenuo Brody, il primo amore di Lily. In una disperata corsa contro il tempo, la principessa sirena dovrà così far fronte a un vortice di eventi catastrofici, che metteranno in pericolo non solo il suo futuro, ma anche – e soprattutto – il suo rapporto con l’adorato Quince…
“ Il destino della sirena” di Tera Lynn Childs. Dal 24 gennaio in libreria. Tre60 editore.
VARIA
Un saggio che analizza tutti quegli aspetti dell’istituzione scolastica che influiscono negativamente sugli studenti. Uno strumento che fornisce tante proposte per approcciarsi con i ragazzi, imparare ad ascoltarli, capirli e creare il giusto legame con loro in modo da facilitarne l’apprendimento. I bambini possono essere «guastati» in tanti modi: gli adulti, il sistema, gli apparati hanno escogitato e praticano, spesso senza averne consapevolezza, infinite forme di corruzione, precoci, sottili, insistite, alle quali la pur eroica capacità di resistenza (e resilienza) della vitalità primitiva non riesce a opporsi. Si pretende dal bambino che faccia ciò che non è in grado di fare, esponendolo a un sicuro insuccesso che assume i connotati del fallimento; oppure sono i modi di essere della scuola (metodi, valori, regole) a sconfiggere l’alunno, dal quale si pretende che sia ciò che non può essere. Il risultato non cambia: lo studente meno adattato (meno «adatto»), il più bisognoso (di cure, attenzioni, gratificazioni, rassicurazioni) non regge il ritmo della classe, «rimane indietro» rispetto ai compagni che si allontanano e, come l’insegnante, lo allontanano. Seguono l’umiliazione della ripetenza e l’abbandono. Una denuncia degli aspetti più dannosi dell’istituzione scolastica, un grido di allarme per evitare che gli adulti di domani siano «bambini andati a male oggi».
“Gli adulti sono bambini andati a male” di Maurizio Parodi. Dal 24 gennaio in libreria. Sonda editore.
Il primo titolo della collana di grande successo, giunto ormai alla quarta edizione ampliata e aggiornata, è dedicato a Vivaldi, campione della musica barocca;a Bach, infaticabile cantore della nonviolenza; a Händel, un fuoco d’artificio di melodie e armonie; a Haydn, architetto di forme sonore; a Mozart, musicista complesso e straordinario; a Beethoven, un fermo assertore della libertà e della fratellanza. Una guida per riscoprire i grandi compositori della storia, le loro opere, ma anche ciò che li ha resi “immortali”. Lo stile di Vivaldi, ricco di ritmi e colori, regala musiche piene di brio, di caldo lirismo, che sembrano uscite dalla mente di un compositore vicino all’anima dell’uomo contemporaneo. L’arte di Bach, uomo sereno, saldamente ancorato alla fede cristiana, tende a staccarsi da ogni destinazione funzionale, da ogni utilità pratica, e diventa ricerca astratta di geometrie musicali sempre più ricche e complesse. Impetuoso e iracondo, mai maligno, Händel compositore instancabile e impetuoso, non per intrattenere il pubblico ma per «renderlo migliore». Le composizioni di Haydn sono costruzioni musicali architettonicamente perfette nella forma, fonti di godimento estetico, capolavori di armonia. Una musica serena, in cui si riflette il mondo aggraziato del Settecento. Mozart ha vissuto i mutamenti della sua epoca. E la sua musica li ha captati, «personalizzandosi» fino ad assumere inflessioni «pre-romantiche». Caratteristica principale della musica di Beethoven, compositore pienamente inserito nella cultura del suo tempo, è la forza, intesa non come violenza, ma come potenza, dominio di sé, incisività, capacità di sommuovere e di trascinare.I capolavori di ogni compositore vengono presentati attraverso dettagliate “guide all’ascolto”.
“Piccola guida alla grande musica” di Rodolfo Venditti. Dal 24 gennaio in libreria. Sonda editore.
Chiusi. Questo è l’aggettivo che i trentini si sentono rivolgere più di frequente, e ne soffrono. Capita spesso di sentire un esemplare di razza tridentina confessare tristemente: «Eh sì… Noi trentini siam chiusi…», e in quella mestizia si può leggere l’incapacità di capire il vero significato dell’atteggiamento e men che meno la possibilità di immaginarne uno diverso. Allo stesso tempo, però, c’è anche una punta di orgoglio: che ci importa di essere chiusi se siam trentini? Siam taciturni? Sembriamo scontrosi? Ci chiamano «orsi»? Che importa! Il fatto è che i trentini non sono molto loquaci con gli sconosciuti. Difficilmente rivolgono la parola o il saluto per primi. Son forse maleducati o semplicemente timidi? «Gho rispet» («Ho vergogna»), diranno. Non parlano, non dan confidenza… «Talian», «forés», «da’n zo» («da giù») oltre a «teròm» sono i termini usati per definire chi non fa parte della comunità da più generazioni, chi non parla il dialetto o semplicemente chi ha abitudini diverse. Sanno di vivere in un’isola felice in cui non esistono grossi problemi (quelli veri!) e anche i rappresentanti di ultima generazione mostrano poca comprensione e ancor meno benevolenza verso le difficoltà che affliggono l’Italia in generale e alcune regioni in particolare. Per loro gli italiani sono «gli altri». Italiani, in fin dei conti, non lo son mai stati, e nemmeno austriaci: son trentini e basta. Una guida che, con ironia e una punta di perfidia, mette a fuoco le caratteristiche salienti di questo popolo, prendendo spunto dalla sua storia, ma anche dalla politica, dal cibo (non mangiano solo mele!) e dall’immagine un po’ pubblicitaria che vuole dare di sé… Con un divertente (e irriverente) inserto fotografico!
“Trentini” di Umberto Cristiano. Dal 24 gennaio in libreria. Sonda editore.
SAGGI
Un’analisi impeccabile e reale in materia di massoneria, Chiesa cattolica , e sistema in cui viviamo. Una particolare attenzione è dedicata alla potente organizzazione magica fondata ufficialmente da A. E. Waite: L’Ordine della Rosa Rossa e della Croce d’Oro, responsabile dei delitti più importanti della storia giudiziaria italiana e internazionale, dai delitti del mostro di Firenze a quelli delle Bestie di Satana per passare da Erba, Cogne, Garlasco , Pantani , Rino Gaetano e tanti altri . Attraverso le pagine del libro si dipana una matassa intricata ma affascinante, che ci porta a conoscere una realtà che pare fantascientifica ai più, ma purtroppo molto più reale e concreta di quella, falsa, edulcorata e manipolatoria, che ci offrono i giornali, i libri, la Tv e la cultura ufficiale.
“Sistema Massonico e Ordine della Rosa Rossa” di Paolo Franceschetti. Dal 24 gennaio in libreria. Uno editore.
È una strage silenziosa! Almeno 6000 morti all’anno per lo smog nelle città, 3000 per il radon e altrettanti per l’amianto che ancora riveste migliaia di edifici. Sono le vittime dei killer dell’aria in Italia, cui si somma un numero imprecisato di decessi e malattie legate all’inquinamento indoor e all’ozono. L’inquinamento dell’aria ogni inverno è il tormentone di giornali e televisioni. Secondo i sondaggi, gli italiani lo ritengono la principale minaccia alla loro salute. E la politica si accapiglia sulle soluzioni. Ma quanti sanno veramente quali danni causa all’organismo? E cosa si può fare? Questo libro offre un’analisi ampia del problema, mettendo a confronto realtà italiane ed europee. Spiega le conseguenze per la salute dell’inquinamento, dalle allergie dei bambini agli infarti, offrendo anche consigli pratici per ridurre i rischi personali. E racconta quali misure efficaci sono state adottate per limitarne gli effetti. Dove, come e con quali costi. Perché non è vero che non si può far nulla, e il primo passo comincia sempre da noi.
“Aria da morire” di Pier Mannuccio Mannucci e Margherita Fronte. Dal 22 gennaio in libreria. Dalai editore.
Questo libro racconta un mondo, quello della solidarietà, di cui non si sa abbastanza. Tra sms che salvano, adozioni a distanza, partite del cuore, campagne televisive, azalee e arance benefiche, quanti milioni di euro raccolti arrivano a chi ha bisogno? La risposta che viene fuori dalle testimonianze di cooperanti italiani e internazionali e dai più recenti dati di bilancio (quando sono disponibili: in Italia non c’è l’obbligo di pubblicare un vero e proprio bilancio economico-finanziario) è che tra profit e non profit c’è ormai poca differenza. Migliaia di associazioni sono in lotta una contro l’altra per i fondi, quelle più grandi spendono milioni per promuoversi e farsi conoscere, intanto le più piccole sono schiacciate dalla concorrenza. Gli stipendi dei manager del settore non profit sono ormai uguali a quelli delle multinazionali (la buonuscita milionaria di Irene Khan, ex segretario generale di Amnesty International, è solo la punta dell’iceberg). Ma i soldi non sono che una parte della questione, c’è molto altro da sapere. Che fine fanno i vestiti che lasciamo ai poveri? Come funziona il sistema delle adozioni internazionali? E il commercio equo e solidale? La filantropia ha fatto cose importanti, ma è anche il simbolo del fallimento della politica. Gli esseri umani non dovrebbero dipendere dalla generosità di altri. Se poi questa generosità diventa un business è importante raccontarlo per impedire che qualcuno si arricchisca sulla buona fede dei donatori.
“L’industria della carità” di Valentina Furlanetto. Dal 24 gennaio in libreria. Chiarelettere editore
In un Paese per vecchi spesso le donne si trovano a dover posticipare la decisione di avere un figlio di anno in anno, finché per il loro corpo non è troppo tardi. Ma i casi di infertilità o sterilità sono in aumento nei Paesi occidentali anche tra chi ha l’età migliore per concepire. Per tutte le coppie che hanno difficoltà a coronare il sogno di diventare genitori la scienza medica può venire in aiuto con le tecniche di procreazione medicalmente assistita, regolate dalla discussa Legge 40 del 2004. È un percorso lungo e senza certezze che mette in gioco il corpo e la mente di chi lo affronta. In questa lettera al suo bambino che grazie alla Pma è nato, l’autrice racconta le varie fasi del percorso che ha portato al suo concepimento: la presa di coscienza iniziale, le speranze, le lunghe attese, le paure di non farcela, il rapporto con il compagno, con i medici, con le amiche. Perché il cammino verso un figlio coinvolge tutti gli aspetti della vita. Questa è una storia con un lieto fine, una testimonianza sincera su un percorso che molti preferiscono tacere. Tratto da una storia vera.
“Lettera a un bambino che è nato” di Raffaella Clementi. Dal 23 gennaio in libreria. Imprimatur editore.
Olga, Luminìta, Addy, Natascia, Zaira, Maria, Galina, Camila, Eugenio… là dove il welfare non arriva, accanto agli anziani non più autosufficienti, è arrivato un esercito di persone provenienti da ogni parte del mondo. Si occupano di loro, e spesso abitano con i nostri padri e le nostre madri in una convivenza non semplice. Storie vere. Vicende dolorose, ma anche di riscatto, che ci raccontano la dignità di chi sta accanto ai nostri cari in momenti così difficili.
“Tutta colpa di mia madre. Non può abbottonarsi le camicette, né reggere un piatto in mano perché l’artrosi non glielo permette. Non può uscire da sola. Il suo passo è incerto. A pranzo deve fare molta attenzione a quello che mangia. Il suo carattere poi… Noi figli abbiamo capito che mamma Franca ha bisogno di supporto e diversi anni fa ci mobilitammo per cercarle una badante. Non abbiamo messo un avviso sul giornale e non si è formata la fila delle pretendenti fuori dalla porta di casa. Gli unici che stazionano fuori dal portone sono i gatti con cui mamma ha un rapporto altalenante; ogni giorno gli porta da mangiare, e questo è il momento delle coccole e delle tenerezze.”
“Badanti” di Elisabetta Podda. Dal 23 gennaio in libreria. Imprimatur editore.
Questo Dizionario internazionale di psicoterapia è il primo tentativo di sistematizzazione dell’ampia materia delle problematiche psicologiche. Frutto del lavoro di un team di oltre 360 esperti italiani e stranieri, l’opera raccoglie le diverse scuole di psicologia e psicoterapia, tracciandone il profilo storico e sottolineando i punti di forza delle varie terapie. Dotato di un approfondito apparato bibliografico, il Dizionario organizza inoltre le diverse posizioni dei più importanti filoni psicoterapeutici e approfondisce con precisione le parole chiave distinguendo le molteplici accezioni terminologiche. Le voci, raccolte in ordine alfabetico, sono precedute dalla presentazione degli otto paradigmi in cui si declina oggi la psicoterapia: Cognitivista, Comportamentale, Eclettico, Espressivo-corporeo, Interazionale-strategico, Psicodinamico, Sistemico-relazionale, Umanistico-esistenziale. Aggregando i vari modelli in funzione del paradigma da cui essi derivano, il Dizionario espone in maniera ordinata e articolata l’attuale geografia delle pratiche psicoterapeutiche, evidenziando l’unicità disciplinare ma al tempo stesso rivelando le diversità a livello sia teorico sia applicativo dei numerosi approcci studiati. Per la sua ricchezza e completezza, quest’opera unica nel suo genere in Europa si propone come uno strumento di studio e di approfondimento indispensabile, esauriente e dettagliato per il lettore esperto e ottimo testo di consultazione per chi desidera avvicinarsi per la prima volta e con una guida sicura al complesso mondo della psicoterapia.
“Dizionario internazionale di psicoterapia” a cura di Giorgio Nardone e Alessandro Salvini. Dal 24 gennaio in libreria. Garzanti editore.