Autore: Francesco Dezio
Data di pubbl.: 2017
Casa Editrice: TerraRossa edizioni
Genere: Narrativa
Pagine: 174
Prezzo: 13 €
Recuperare dall’oblio testi che hanno tracciato un’epoca. Un’operazione davvero interessante e coraggiosa, messa in campo dalla TerraRossa edizioni. Per questo motivo, appena appresa la notizia della ripubblicazione del romanzo Nicola Rubino è entrato in fabbrica di Francesco Dezio, ho pensato di dedicare un’attenzione particolare a questa casa editrice. Infatti, il libro dello scrittore pugliese è apparso per la prima volta nel 2004, ha trovato la via del successo, ma è subito scomparso. Oggi, torna a noi, “rimaneggiato – come ci spiega l’autore – solo per adattarlo ai tempi”.
Ma ce n’era bisogno? Non del tutto, perché quanto raccontato da Dezio, ossia, “quel percorso che trasformerà un ragazzo di trent’anni da stagista in operaio a tempo determinato, e da idealista in ingranaggio del sistema”, è una prassi ancora attuale, entrata a far parte del costume italiano. Nella nostra nazione, a qualsiasi latitudine, la flessibilità è sinonimo di precarietà. Una precarietà che ha messo ormai radici nei cuori di grandi e piccini.
Con una scrittura moderna, liberata da ogni vincolo stilistico, capace di catturare la rabbia e la delusione di una generazione disillusa e, inconsapevolmente, vittima delle proprie frustrazioni consumistiche, Dezio ci racconta del collasso del sistema capitalistico, ormai giunto al suo ultimo stadio.
Ma qual è l’ultimo stadio del capitalismo-globale? Aver reso il lavoro a tempo indeterminato un privilegio e, il benessere, unica fonte di felicità. In questo modo, la precarietà alimenta in ogni individuo l’incubo della povertà. Povertà che non è reale o insormontabile, ma che si tramuta nell’impossibilità di acquistare, in maniera compulsiva, il superfluo: la felicità-mercificata.
Ebbene, Nicola Rubino è un eroe romantico, che ancora spera nel merito e nella solidarietà. Ma la classe operaia è morta, forse, la sua lotta contro il sistema è solo una leggenda. Anche Marx è un alienato. Non solo è diventato un’icona dai contorni nostalgici, ma è anche stato inghiottito dall’inconscio collettivo della nuova società consumistica. Il socialismo scientifico, insomma, non solo è un miraggio, ma ha perso anche la dignità di scienza; pertanto, è solo una ripetizione di riti e parole. Ed è proprio il protagonista a descriverci tutto questo, lavorando in questa fabbrica-gabbia, dove l’individuo subisce un processo di disumanizzazione.
Lo stile di Dezio è ironico e grottesco. Nelle sue parole ritroviamo Céline, Bukowski e accenni del miglior Houellebecq. L’amoralità e l’individualismo alimentano una lotta senza quartiere proprio tra gli operai, chiamati a distruggersi in nome di un contratto a tempo indeterminato: il passaporto verso la felicità mercificata.
Inoltre, in più occasioni, Dezio fa entrare nel romanzo i Nine Inch Nails, un gruppo che adoro e le cui canzoni hanno fatto da sottofondo alla lettura del romanzo. Ma questo è solo un dettaglio. Infatti, questo libro va letto, in primo luogo, perché è stato salvato da un ingiusto oblio; secondariamente, perché attuale e ben scritto.
E lunga vita a TerraRossa edizioni.