Autore: Abdi Hawa, Robbins Sarah J.
Casa Editrice: Vallardi editore
Genere: Biografia
Pagine: 303
Prezzo: 14.90 €
«Madre» è ciò che per primo viene in mente pensando ad Hawa Abdi.
«Madre» come Madre Teresa di Calcutta nel suo dare tutta se stessa agli altri, «Madre» come la terra che provvede agli uomini che la abitano, «Madre» come quella che ci ha abbracciati da bambini e sostenuti anche quando siamo stati in grado di camminare da soli. Hawa Abdi è tutto questo per i suoi ‘figli’ e anche di più.
Nata a Mogadiscio nel 1947, perde la madre quando ha solo 12 anni e viene fatta sposare con un uomo che non ha mai visto, secondo l’uso somalo di combinare i matrimoni. Nonostante le difficili condizioni riesce a frequentare la scuola, dove emerge la sua intelligenza e la grande passione allo studio. Concluse le superiori, ottiene una borsa di studio per frequentare la facoltà di medicina in Unione Sovietica, dove si laurea e conosce il suo futuro marito, Aden.
Tornata in Somalia inizia la sua lunga pratica da medico ed è la prima donna somala a diventare ginecologa. Guidata dalla passione e dalla generosità verso gli altri, apre un piccolo ambulatorio presso la sua casa di campagna che ben presto diventa un piccolo centro di assistenza per le madri e le donne incinte. Quando nel 1991 scoppia la guerra civile, quello che era un piccolo ambulatorio medico diventa un centro di accoglienza per chi non ha più una casa dove andare, per i malati e i poveri, ingrandendosi fino a diventare il campo profughi più esteso della Somalia, con un proprio ospedale, campi e 90.000 persone. Nonostante la violenza dilagante, Mama Hawa – così la chiameranno tutti d’ora in avanti – non abbassa mai la testa e non smette un solo giorno di lavorare e ingegnarsi per salvare quante più vite possibili.
“Poi venne un reporter di “Los Angeles Times” mentre ci stavamo occupando dei bambini più denutriti, che avevamo sistemato tutti fuori, in una grande veranda, ognuno disteso su una coperta. Era tutto ciò che potevamo fare, dato che non avevamo letti, e quando pioveva le madri li proteggevano con il loro corpo. Quel giornalista rimase con me per due giorni, prendendo nota di tutto quello che facevo. Mi osservò mentre palpavo l’addome di un bambino afflitto da una terribile diarrea. Gli mostrai come verificare il grado di idratazione del bambino, premendogli un dito sulla pelle. «Perché restate qui?» mi domandò. «Le vede queste persone? Come faccio ad andarmene?» (pag.240)
È una storia incredibile, toccante e piena di speranza, che porta in primo piano la sofferenza e l’umanità di questa donna capace di dare, un passo alla volta, un segno tangibile della propria fiducia nell’uomo e nella vita. La forza di Hawa Abdi è acqua nel deserto, si radica nei cuori di chi la circonda e pian piano cambia le persone, dà loro la forza di affrontare l’avvenire incerto e la paura che attanaglia chi ogni giorno è costretto a lottare contro la morte.
In una terra in cui la violenza parla col suono dei Kalasnikov e in cui l’uomo è contro la donna, il fratello contro il fratello e il padre contro il figlio, questa testimonianza di umanità e solidarietà si solleva con il suono limpido della verità e della fiducia incrollabile nella propria terra e nella gente che vi abita.
Eletta, dalla rivista “Glamour”, donna dell’anno 2010 insieme alle sue due figlie Deqo e Amina, Mama Hawa ha potuto raccontare al mondo la sua storia e far sostenere il proprio progetto di solidarietà e di speranza. Ma nonostante la fama, che le permetterebbe di trovare rifugio e riposo lontano dall’inferno della Somalia, alla fine ritorna sempre a casa, nel proprio campo, dalla sua gente. Perché, come ama lei stessa dire «Per quanto si sia riusciti a ottenere denaro e successo, e per quanto sia complicata la situazione da cui ci si è allontanati, il posto più bello del mondo è sempre casa propria».