My Indian Trip: intervista a Dario Pastore

Prima di lasciare il Salone, abbiamo avuto l’occasione di intervistare Dario Pastore, protagonista di un lungo quanto improvvisato viaggio in India, terra che gravita in un piano contrapposto fatto di degrado e misticismo, di polvere e riflessi aurei di ciò che resta degli antichi fasti.

Come sei entrato in collaborazione con Brigantia?

È una realtà palermitana e io sono di Palermo. È la prima casa editrice che si occupa di neo-paganesimo in Italia e, essendo io il rappresentante della Comunità Pagana di Palermo, tra noi è una stata una collaborazione spontanea. Brigantia è la prima casa editrice che non stravolge i messaggi di questa matrice spirituale-religiosa, rispettandone i dettami degli autori senza pensare per forza a banalizzare il testo per fini commerciali

Cosa ti ha spinto a questo viaggio?

Un giorno mi sono svegliato e mi sono detto “cosa devo raccontare ai miei figli?”. Ho studiato, mi sono laureato in Lettere, ho seguito quello che la nostra società impone come itinerario di vita, e volevo andare oltre standard fissati. Mi sono licenziato. Zaino in spalla, sono partito per Nuova Delhi con un biglietto aereo comprato all’ultimo, desiderando solo avventura, senza nemmeno conoscere l’inglese bene.

Raccontami del viaggio.

Ho trovato una realtà completamente diversa dalla nostra: un mondo povero fatto di gente povera che vive con poco, ma anche  una dignitosa povertà felice. Ho visitato tutto il nord, l’Himalaya e poi Auroville, il più grande villaggio eco-sostenibile al mondo, un piccolo angolo di paradiso, cosa paradossale in India, perchè è un Paese tutt’altro che sostenibile. Il mio viaggio è durato 42 giorni, sempre con lo zaino in spalla. Avevo già fatto un’esperienza andando a Santiago a piedi, quindi non era nuovo per me.

Perchè hai chiamato il libro proprio “the indian trip?”.

My indian trip è il nome del blog che ho aperto subito prima di partire che ho aggiornato via via lungo il mio viaggio col mio notebook.

Cosa ti porti dietro da questo viaggio?

Il blog non è più attivo, il libro ne è un’eredità e un’elaborazione di certe informazioni che sono metabolizzate in me strada facendo. Mi porto dietro la certezza che se cerchi la felicità è sempre lì alla portata di mano e, se hai il coraggio di prenderla, dai un senso alla vita. È il sogno di tutti di dire: “parto, mollo tutto e vado ad aprire un’attività all’estero”, ma poi non lo fa nessuno. Sono rientrato perchè è scaduto il visto, ma ho continuato a viaggiare in Europa. Ora lavoro, ma colgo sempre tutte le occasioni per prendere lo zaino e fare viaggi. Cin tengo a sottolineare una cosa: come diceva Chaplin “la vita è di chi osa”. Il mio viaggio è la risposta a una esigenza che sentivo. Penso che la gente sia troppo spaventata in generale. Forse oggi si aspetta che le cose arrivino e si vive da spettatori, e non da protagonisti della propria vita. È stato un viaggi low-cost, non è un problema di soldi. Bisogna solo avere coraggio.

Una parola per descrivere il tuo viaggio in India?

Sorprendente.

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