Gli ultimi ragazzi del secolo – Alessandro Bertante

Titolo: Gli ultimi ragazzi del secolo
Autore: Bertante Alessandro
Data di pubbl.: 2016
Casa Editrice: Giunti Editore
Genere: Romanzo
Pagine: 224
Prezzo: 16,00

Gli ultimi ragazzi del secolo di Alessandro Bertante è un romanzo crudo e potente in cui le vicende narrate s’intrecciano e si fondano con la Storia. Estate 1996: Alessandro e Davide partono da Milano in macchina per andare in Croazia. Lì incontrano Edin, un giovane ragazzo senza un braccio, che li invita a proseguire: “In questo posto non servite a niente. Questa è una vacanza al mare, in un luogo turistico qualsiasi, ne avrete già fatte tante. Andate a Sarajevo, e guardate quello che è successo durante questi anni feroci, guardate quello che ci è rimasto dopo la guerra civile. […] Noi dobbiamo rialzarci e abbiamo bisogno dei vostri occhi. In questo posto non servite a niente” (p. 13). È su questo viaggio e con questi presupposti, guardare e guardarsi, che si innescano i ricordi di Alessandro, a partire dalla precedente vacanza fatta con la famiglia nel 1981, sempre a Sarajevo. Questo è lo spunto per rievocare alla mente una mini-era, quella degli anni Ottanta, e una metropoli, Milano. E proprio come per la convalescenza di Sarajevo, ferita e distrutta dalle bombe, Bertante racconta di un’Italia, appena sopravvissuta agli anni di piombo, anestetizzata e “truccata” dalle tv commerciali, dalla pubblicità dei prodotti di massa, dal benessere ovattato e autoreferenziale della borghesia imprenditoriale, dalle droghe, dall’AIDS e da una classe dirigenziale ipocrita e sazia, quella post Sessantotto, che ha condannato all’oblio le generazioni successive. Un paese, il nostro, che ha improvvisamente voltato la faccia alla strategia della tensione, alle bombe e agli attentati delle Brigate Rosse per spegnersi, a mo’ d’interruttore, in un sonno indotto e sognare a occhi aperti un futuro migliore: “trascinata dal nuovo flusso energetico, la realtà si mostrava sempre enfatizzata, dando forma a un’idea estetica del futuro incrinata sulla via dell’eccesso e della bizzarria; eravamo finalmente un paese moderno, senza complessi d’inferiorità, avevamo finito di vergognarci, noi italiani mangiaspaghetti mafiosi buoni a nulla eravamo la quinta economia del mondo, sempre in crescita, sempre in movimento; ognuno poteva reclamare il proprio ruolo, accendere la propria fiaccola per infiammare il cielo. Vivevamo dentro all’istante da cogliere, il nostro presente luminoso proiettato verso un angolo cieco” (p. 66). L’avventuroso viaggio di Bertante ha una doppia anima, letterale e metaforica, nella quale la memoria gioca un ruolo importante se non confusa con la mitopoiesi e le mistificazioni di chi è deputato a perpetrarne l’estetica a discapito della sostanza. La spensierata bolla di euforia che ha contraddistinto gli anni ’80, infatti, non è stato altro che il periodo di incubazione dei mali di cui tuttora siamo affetti: interesse, corruzione, individualismo, egoismo. La Storia insegna che tutto torna, la guerra come la pace, e che i cicli finiscono perché dalle loro rovine ne nascano di nuovi. Dobbiamo solo crederci ed essere pronti.

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