Autore: danilo di luca
Data di pubbl.: 2016
Casa Editrice: Piemme
Genere: Autobiografia
Pagine: 281
Prezzo: 17,50
Danilo Di Luca, ex corridore professionista dal 1999 al 2013 e vincitore di illustri competizioni ciclistiche come il Giro di Lombardia, l’Amstel Gold Race, la Freccia Vallone, la Liegi-Bastogne-Liegi e il Giro d’Italia racconta, nel suo primo libro autobiografico “Bestie da vittoria”, ciò che si cela dietro le quinte del mondo del ciclismo che ha vissuto e lo fa con una precisione e chiarezza, a volte, disarmanti. Il libro è una vera e propria denuncia chiara, cristallina a quel sistema che “governa” il ciclismo attuale e che spinge, consapevolmente o inconsapevolmente, gli atleti ad assumere sostanze dopanti di ogni tipologia al fine di vincere. In questo frullatore in cui si mescolano interessi economici, “poteri forti”, sostanze chimiche, atleti, squadre e mass media il vero perdente è uno solo: lo SPORT, quello vero e pulito!
Nel libro Danilo Di Luca ripercorre tutta la sua carriera ciclistica da quando, adolescente, cominciò a nutrire una passione sfrenata per il ciclismo e, soprattutto, per la vittoria, fino alla radiazione per doping. Seguendo la scia del tempo, Danilo descrive dettagliatamente tutte le emozioni che hanno accompagnato le sue gare, i rapporti conflittuali con allenatori, preparatori atletici e l’UCI (Unione Ciclisti Italiani), l’evoluzione/involuzione del suo matrimonio e le modalità con cui ha assunto doping regolarmente in tutti questi anni. Per l’autore il passaggio alla “cura” durante gli allenamenti e le gare è qualcosa di normale, una prassi imprescindibile a cui tutti i ciclisti professionisti, dai gregari ai capitani di squadra, devono ricorrere. Il doping diviene così un “fondamentale” di questo sport senza il quale si gareggerebbe ad armi impari.
Un libro che fa sicuramente riflettere: se la situazione è davvero questa , se tutti sanno, se tutti assumono sostanze illegali al fine di superare limiti che la natura ci ha imposto…che senso ha tifare o appassionarsi a questo sport?
“La gente non si rende conto che cos’è correre una tappa di 250 chilometri dopo venti giorni che sei in sella a una bici, la neve l’acqua il freddo il caldo la febbre la dissenteria il dolore la fatica. Quando sai che domani devi correre la stessa distanza e anche il giorno dopo e quello ancora, tutto quello che puoi ingerire lo ingerisci… Per un ciclista l’importante è vincere, non pensi mai ai ritiri, che ti possono beccare, che ti puoi ammalare, che puoi farti male. Esiste solo la vittoria. Quando i direttori sportivi dicono: ”Non so niente”, mentono. L’ambiente non ti obbliga a doparti, ti sollecita perché tutti hanno interesse che tu vinca, la squadra e gli sponsor hanno bisogno del campione, il campione crea un indotto che dà da mangiare a un sacco di famiglie. Ogni ciclista sa che tutti si dopano, eppure nessuno parla. La verità è che nessuno di noi pensa di sbagliare, facciamo tutto quello che un ciclista professionista deve fare. La verità è che tutti si dopano e che tutti lo rifarebbero, la verità per la società civile è inaccettabile. Come si fa a dire la verità e a essere credibile? Bisognerebbe accettare l’inaccettabile”.