
Autore: Mimma Faliero
Data di pubbl.: 2016
Casa Editrice: Eretica edizioni
Genere: Poesia
Pagine: 97
Prezzo: 13 €
Datemi la corda/quella intrisa del sudore delle lacrime/ché io possa impiccare i vuoti/e chiodi/e quattro assi di legno/ché io possa crocifiggere il giorno/e dar fiamme alle tenebre.
Comincio da questi versi per raccontare Non chiedetemi l’ora di Mimma Faliero. La poesia non è parte della realtà, ma va considerata come un punto di contatto tra due estremi invisibili: l’intuizione e la ragione. Nel mezzo si muovono i versi, che sgorgano improvvisi dall’anima dell’uomo-poeta. Parole che vengono trascritte dall’autore con la precisione di un amanuense e la foga di un condannato a morte, che vuole lasciare ai posteri la sua ultima impressione. Immagino così Mimma Faliero, piegata su un foglio di carta a ricostruire il flusso delle sue intuizioni, mentre la ragionevolezza l’abbandona.
Le poesie dell’autrice pugliese si insinuano tra le contraddizioni. La Faliero non cerca verità, ma dubbi con cui dialogare, perplessità con cui fare i conti. Nei suoi versi ci sono obiezioni e lapalissiane conclusioni, ma mai cadono nella tentazione di acciuffare una soluzione definitiva. Infatti, se ciò avvenisse, non ci sarebbe più bisogno di scrivere, di ricercare… di vivere.
Oltre la deriva/detriti di sogni/e strie nere di un dolore senza più approdo./Resterà ancora un ultimo fiato/per gridare alle nuvole?
Ecco il crepuscolo della ragione. La Faliero lo descrive così. Chi non ha più la forza di guardare il cielo, non può raddrizzare ciò che è stato curvato sulla terra. Solo tra le nuvole si può cercare un’alternativa, un’intuizione. Proprio fissando un mantello color cobalto trapuntato di stelle o macchiato dai nembi, che si manifestano le risposte. Dopotutto, il cielo riflette la nostra anima; la terra invece la seppellisce.
Ma per la Faliero la parola è muta fin quando non le viene data la giusta vibrazione. Il compito del poeta è quello di elevarla al di sopra del comune sentire e del suo abituale uso. Quando questo avviene, il miracolo si compie soprattutto nel cuore del lettore, il quale avrà la possibilità di relazionarsi con un nuovo concetto.
Ho bisogno di parole nuove/che sappiano vestire d’inchiostro/l’azzardo del vero e del giusto./Non ha un alibi il silenzio/e il tacere è l’istanza d’appello al crimine.
La verità non è un affare umano, piuttosto è un affanno. La Faliero lo sa bene, ma non si arrende. D’altronde, non le interessa dissipare tutti i dubbi. Anzi, ne ha bisogno, perché sa che la meraviglia della vita, la necessità della ricerca e il senso dell’esistenza si ritrovano nello stupore, nello spaesamento e nel tormento. Se fossimo venuti sulla terra pieni di consapevolezza e senza errori, che senso avrebbe il nostro pellegrinaggio?
Dovremmo imparare a/correggere/ciò che sembra giusto/riscattandoci nell’errore./Siamo le braccia di un mare che/si ritira/il margine sfibrato di un angolo/smusso./È del dubbio il passo degli anni…
Termino con questi versi il mio racconto dedicato alla poesia di Mimma Faliero. Un viaggio introspettivo tra termini dal sapore agrodolce. A firmare un’incisiva prefazione, il vincitore del premio Camaiore 2016, Nicola Vacca, che con parole attente descrive un’opera meritevole. Non rimarrete impassibili davanti alla forza dei componimenti dell’autrice pugliese, perché sfidano la realtà guardandola in faccia, ricercando nel cielo dell’intuizione le parole per descriverla.