Sulla poesia – Giorgio Caproni

Titolo: Sulla poesia
Data di pubbl.: 2023
Pagine: 62
Prezzo: € 13,00

Nel 2016 le Edizioni Italo Svevo nella collana Biblioteca di letteratura inutile pubblicano Sulla poesia di Giorgio Caproni. Si tratta di un breve testo (la trascrizione di una conferenza che si è tenuta al Teatro Flaiano di Roma il 16 febbraio 1982 grazie a Pietro Tordi, che aveva la mania di registrare tutto, un attore che cattura sul suo registratore tutto ciò che riguarda la poesia.  Quel giorno ha avuto la fortuna di registrare la voce di uno dei più grandi poeti del Novecento e noni gliene siamo grati)).

Caproni espone la sua idea di poesia, si sofferma sul lavoro del poeta e soprattutto mette in evidenza della poesia l’importante funzione del sentire.

Sulla poesia torna in libreria in questi giorni.

Partendo dal fatto che non si può definire la poesia, Caproni sottolinea la differenza tra linguaggio poetico e il linguaggio di comunicazione.

Nel linguaggio di normale comunicazione, un linguaggio pratico, si sa che la parola non è che un segnale acustico o grafico di un codice convenuto.

Generare emozioni, capaci di tradursi in sentimenti e in idee, magari diversi da quelli del senso letterale, questa è la funzione della parola nel linguaggio poetico.

Per Caproni, in virtù di tutto questo, il poeta è un minatore, è poeta colui che riesce a calarsi più in fondo in quelle che Machado definiva las galerias del alma.

Caproni mette subito in chiaro le cose e dice che non è mai stata una sua ambizione definire che cos’è la poesia.

Quello che conta è riuscire attraverso la poesia a scoprire, cercando la sua, la verità degli altri, la verità di tutti, o, per essere modesti e più precisi, una verità, una delle tante verità possibili, che possa valere non tanto per se stessi, ma anche per tutti coloro che formano il nostro prossimo, del quale ognuno di noi non è che una delle tante cellule viventi.

Caproni è diretto nel condannare tutte le forme di narcisismo poetico e scrive   che l’esercizio della poesia rimane un puro narcisismo finché il poeta si ferma ai singoli fatti esterni della propria persona o biografia.

Quel narcisismo cessa di esistere non appena il poeta riesce a chiudersi e inabissarsi talmente in se stesso da scoprirvi e portare al giorno quei nodi di luce che non sono soltanto dell’io ma di tutta la tribù.

Bisogna allontanarsi dal solipsismo per fare poesia, per essere poeti bisogna essere coraggiosi e trovare il noi nella zona profondissima dell’io

In questo grande gesto Caproni vede la funzione sociale e civile della poesia.

Non si può definire che cosa sia la poesia, questo Caproni lo ribadisce più volte nella sua conversazione.

Il poeta non si deve porre mai questa domanda. Il suo compitò è un altro. Anzi, più che un compito è una vocazione: scavare come un minatore nelle gallerie dell’anima e non nascondersi mai dietro le parole e «dare una funzione significante anche alla più banale frase fatta», rivitalizzare anche il più logoro lessico quotidiano.

La poesia nella cosiddetta civiltà di massa è considerata un anacronismo. Caproni rilancia positivamente questo concetto e dice «perché no?» ma a patto, s’intende, di dar lo sgambetto alla troppo astratta nozione di civiltà di massa.

Ha un colore legittimo e non è un valore dispregiativo l’anacronismo legato alla poesia per Caproni: «… in perfetto e ardimentoso contrasto con tutto ciò che è labile, di deteriore e di detestabile ha il nostro tempo?».

In Sulla poesia Caproni ci illustra le sue idee di poeta in disarmonia con il proprio tempo e ci invita ad apprezzare l’attualità della parola poetica con l’armonia di tutti i sensi, soprattutto percependo il suo valore con l’umiltà di un sentire intenso.

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