Autore: Enrico Ruggeri
Titolo: Non si può morire la notte di Natale
Editore: Baldini & Castoldi
Pagine: 159
Data di Pubblicazione: ottobre 2012
Prezzo: € 13.90
Giorgio Sala è un uomo apparentemente molto fortunato: attore di successo, amato dalle donne, due figli giovani, bravi ragazzi, ha denaro e talento artistico. Eppure…la notte di Natale decide di suicidarsi con un colpo di pistola alla tempia. Ma non muore, no, è in coma…ed incomincia a pensare a quanto accaduto: non è stato lui a spararsi, perché nonostante le insoddisfazioni non ha mai desiderato uccidersi. E’ stato qualcun altro a premere il grilletto: la consapevolezza del fatto che in casa ci fossero solo le persone che lo amano di più, genitori, figli, ex moglie e amici di lunga data, lo atterrisce e lo spinge a scavare nel suo passato e ad indagare su quanto successo.
Giorgio non è stato né un padre né un marito modello: assente, ha cercato di compensare le mancanze con regali ed attenzioni materiali; impegnato nella carriera di attore non si è risparmiato in viaggi, mettendo al centro sempre e solo la propria realizzazione personale. Non ha mai disdegnato le attenzioni delle altre donne e le amanti che lo cercavano, arrivando ad appostarsi sotto casa, hanno determinato la fine del suo matrimonio. Forse non è mai stato nemmeno il figlio che i suoi genitori si aspettavano fosse e sicuramente il rapporto con la famiglia di origine è stato difficile e problematico.
Vecchi rancori, silenzi mai spiegati, incomprensioni, odio addirittura: non manca nulla nel passato affettivo di Giorgio che si rende perfettamente conto che ciascuno dei partecipanti alla cena natalizia aveva un valido motivo per desiderare la sua morte. Ma chi ha premuto il grilletto?
A riposo forzato, costretto a dipendere dall’aiuto altrui, Giorgio, che non smette di desiderare “la solitudine vera, quella che ti permette di andare dove ti pare e fare ciò che ti viene in mente attimo dopo attimo” (p.36) scandagliata nel profondo la sua vita precedente facendo crollare la facciata d’ ipocrisia che la rivestiva: sarà quindi “la fine di tutto o l’inizio di qualcosa?” (p.19).
Un’indagine psicologica sui rapporti familiari di una famiglia borghese milanese. Egoismo, paura, rancore, amore falsificato: “non ho mai amato fino in fondo, troppo pericoloso” (p.51) afferma il protagonista, consapevole della barriera che ha frapposto fra sé e i familiari, fra sé e una felicità vera, profonda.
Un romanzo lucido, a tratti torbido, strutturato come un puzzle: un noir avvincente che indaga il lato oscuro dei personaggi le cui paure, ansie e rancori hanno depositato nel profondo dell’anima un immenso dolore.