Autore: Ken Follett
Titolo: L’inverno nel mondo
Editore: Mondadori
N. pagine: 970
Anno di pubblicazione: 2012
Prezzo: 25,00 euro
Pochi libri, al giorno d’oggi, riescono a generare intorno a sé quell’aura di spasmodica attesa, di eccitazione e soggezione, di novità e consuetudine, che rappresenta in definitiva il sale della letteratura popolare. Avere una buona storia, saperla raccontare: in questo riesce, immancabilmente, a cadenze regolari, con ogni suo nuovo libro, lo scrittore gallese Ken Follett, entrato ormai di diritto nel novero dei grandi romanzieri del Novecento.
Ha intercettato i gusti del pubblico, facendoli diventare i propri e a poco a poco sfumando il confine tra gli uni e gli altri; ha creato piccoli gioielli narrativi, in sé conclusi eppure tutti sottilmente collegati dal filo rosso della Storia; ha voluto e saputo rimettersi in gioco, dopo il giustificato successo de “I pilastri della terra”, vero masterpiece che vale una carriera.
Con la “Century Trilogy” si è imbarcato nell’ambizioso progetto di dar voce romanzesca al “secolo breve” di Hobsbawn, una storia complicata, che ancora Storia non è, vissuta in parte anche in prima persona. Il primo capitolo della trilogia, “La caduta dei giganti”, brillava per ritmo narrativo –come molti dei romanzi di Follett– e creava un universo di personaggi forse prevedibili (il gallese che lavora in miniera, il londinese impegnato politicamente, il tedesco alla Bismarck) ma decisamente pop, che in poche pagine rapivano il lettore con storie “vere”, vivide, sullo sfondo delle grandi vicende internazionali.
Prendendo in mano “L’inverno del mondo”, invece, si fa un po’ di fatica in più a “entrare” nel testo. I meccanismi narrativi appaiono, inizialmente, bloccati, scontati, e molti personaggi sembrano essere giustificati da un collegamento col primo libro, più che giustificarlo. Alcuni, in effetti, non hanno pressoché nessuno spessore, sono banali e banalizzati rispetto ai protagonisti del capitolo precedente, ancora forti e preponderanti nelle pagine di questo secondo romanzo della saga.
C’è, però, uno scarto, netto, dopo le prime duecento pagine: si comincia a familiarizzare con il nuovo intreccio, la Storia diventa protagonista attiva della trama, tutto converge a formare un’opera ancora una volta coerente, piena, avvolgente e avvincente. “Ti prende”, per dirla in soldoni, ti attanaglia: soffri con Carla e rimpiangi il futuro che le è stato negato, cresci in fretta con Zoja e Volodja, ti appassioni ai principi ferrei di Lloyd.
Quando infine chiudi il libro, rendendoti conto di aver divorato mille pagine in pochi fugaci istanti, hai sulle labbra quel sapore di dejà-vu che ormai ti è noto, ti è caro. E ricomincia l’attesa spasmodica del prossimo libro, della prossima storia.