L’ElzeMìro – Pirróne l’inventore

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Domenico Remps (1620-1699) – Lo scarabattolo – trompe-l’œil, Fi, Opificio pietre dure

Prodotti della Pirróne sa., il primo succhiello-recupera-saponette, 1957, e il suo gemello a batteria, de luxe pronunciato delüss, scintillano insieme in uno scarabattolo barocchetto mentre dall’osservatorio d’una immensa vetrata, Pirróne padreª guarda sornione il lago agitato; una cannuletta alle porte delle sue narici alimenterebbe i suoi polmoni di ossigeno se, come vedremo, non si trattasse di ingannevole astuzia. Dopo una giovinezza in corsa contro inattuabili brevetti di stereofonia e irresolubili quisquilie geometriche, nell’attuale Pirróne padre, stingendo si sovrappongono l’avventuroso guascone di sempre con il ricco inventore di introvabili ritrovati, uno per tutti il succhiello, l’orfano di madre e il vedovo recente. Ai due figli, soci senza importanza, che adesso con pavido risentimento gli si rendono d’abitudine inutili intorno rimproverandogli di fabbricare il nulla profittando della fede, del mercato, nell’ineluttabilità dell’aggeggio, dell’accessorio, del caduco, il Pirróne padre, che nonostante la brama di arricchire per campare, ha coltivato e privilegiato lo studio metodico per sapere senza fare, con maldisposto sarcasmo sta replicando, Pensieri virginali infagottano il vostro materiale grigio mie donzellette… il raggiro al credulo non è materia d’etica ma d’antropologia… senza trucco e senz’inganno l’umanità si sarebbe già estinta ma voi siete filistei umanitari e bigotti… Ride e si stuba il Pirróne padre; da una scatoletta di cartone goffrato, dove le conserva sparagnìno, piglia tra tante una mezza sigaretta, l’accende, tira; Del resto sono il sottomarino che emerge da sotto il pack al babbiùme… gabbando s’impara mie giudiziose apìne… ho deciso di aprire un vespaio… un ebdomadàrio… titolo Il giornaletto delle falsità con sotto in grassetto l’invenzione è meglio della realtà… leggeranno a sciami le vespine credendo all’incredibile… ed ora marsch ite e demoltiplicatevi… Al congedo drastico da quel parlatorio familiare, Pirróne padre aggiunse, Mio padre vedovo e inetto baciapile mi rinchiuse per vendetta in un collegio ma lì ho appreso la trinità del sopravvivere frode inganno e cabala… solo avessi voluto strisciare sarei divenuto papa. Un rumor di passi prelude all’arrivo della governante di villa Pirróne, il padre getta la cicca già spenta, si riattacca all’ossigeno, scivola nella sua poltrona, finge il beneficio dell’aria; non che stia male dunque, che la dismisura lo abbia insabbiato, sta benissimo, ma gioca a simulare debolezze umane che non ha per ingannare e suscitarli, i buoni sentimenti. Oh la mamma, gli recitano compunti gli occhi e morbida la voce. Amorosa, sorridente e ignara di tutto, la donna gli sistema i cuscini.

ª nessuna parentela con il padre Pirrone del Tomasi di Lampedusa

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Alberto Bruni Tedeschi – Diagramma circolare –

https://www.youtube.com/watch?v=EGg_Fb2u7CY&t=5014s

Dino Risi – I mostri – https://www.youtube.com/watch?v=4k3S5_uhfq4

Heinrich Böll – Foto di gruppo con signora – Einaudi

Thomas Mann – Le confessioni del cavaliere d’industria Felix Krull – Mondadori

BA 10

Pasquale D'Ascola

Pasquale Edgardo Giuseppe D'Ascola, già insegnante al Conservatorio di Milàno della materia teatrale che in sé pare segnali l’impermanente, alla sorda anagrafe lombarda ei fu, piccino, come di stringhe e cravatta in carcere, privato dell’apostrofo (e non di rado lo chiamano accento); col tempo di questa privazione egli ha fatto radice e desinenza della propria forzata quanto desiderata eteronimìa; avere troppe origini per adattarsi a una sola è un dato, un vezzo non si escluda un male, si assomiglia a chi alla fine, più che a Racine a un Déraciné, sradicato; l’aggettivo è dolente ma non abbastanza da impedire il ritrovarsi del soggetto a suo Bell’agio proprio ‘tra monti sorgenti dall’acque ed elevate al cielo cime ineguali’, là dove non nacque Venere ma Ei fu Manzoni. Macari a motivo di ciò o, alla Cioran, con la tentazione di esistere, egli scrive; per dirla alla lombarda l’è chel lì.

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