L’arte e la morte – Antonin Artaud

Titolo: L'arte e la morte
Data di pubbl.: 2023
Traduttore: Giorgia Bongiorno e Maia Giacobbe Borelli
Pagine: 80
Prezzo: € 14,00

Antonin Artaud con il suo Teatro della crudeltà ha inventato un nuovo modo di dedicarsi alle arti. Ancora oggi le sue idee hanno ancora un fascino straordinario.

Jacques Derrida ha scritto che il teatro della crudeltà non è una rappresentazione. È la vita stessa in ciò che ha di irrappresentabile. La vita è l’origine non rappresentabile della rappresentazione che fa scrivere a Artaud: «Ho detto “crudeltà” come avrei detto vita”».

Nato a Marsiglia il 4 settembre 1896, Artaud è stato tutto: poeta, attore, scrittore per il teatro, commediografo.

In tutte le sue dimensioni creative non si è mai risparmiato, sperimentando sempre l’estremo e l’inferno di ogni sua esperienza, artistica, letteraria e teatrale.

Non si può comprendere Antonin Artaud senza fare i conti con la sua vita difficile che ha conosciuto l’inferno del manicomio e la dipendenza dalle droghe.

Nelle possibilità estreme dell’esistere nascono la sua scrittura e il suo pensiero che non si piegheranno ai numerosi elettroshock a cui verrà sottoposto.

Artaud è stato un grande genio, di quelli assoluti inquieti e incontentabili che nelle sue opera interroga fino al sacrificio sanguigno la parola e scopre il suo valore fondante. Per Artaud la parola è la chiave di conoscenza assoluta che non bisogna mai tradire.

Il crudele e visionario Artaud è stato anche se per non molto tempo surrealista. E a testimonianza di questa sua momentanea infatuazione scrisse L’arte e la morte, una raccolta di scritti del 1929, in cui il poeta nero aderisce allo spirito profondo del sogno senza mai abbandonare l’occhio intellettuale del delirio.

Nei brevi testi di questo libro Artaud è altamente poetico e non dimentica mai il teatro.

Troviamo il fuoco della sua follia e tutte le sillabe nere della sua lingua incendiaria.

«La scrittura di Artaud, – scrive Maia Giacobbe Borelli nella prefazione –  con la sua potenza sonora ed emotiva, è un pozzo da cui risalgono fiotti di sangue o di latte, cascate cristalline o fango nero, liquido amniotico o di decomposizione, sperma o urina, proprio perché fa del sogno la sua la materia prima».

Leggere Artaud surrealista significa perdersi ancora una volta nel delirio di una scrittura urticante e farneticante: «Chi, nel cuore di certe angosce, in fondo ad alcuni sogni, non ha conosciuto la morte come un senso di rottura e meraviglia con cui nulla si può confondere nel mondo mentale? Bisogna aver conosciuto l’ascesa aspirante dell’angoscia, le cui onde vi vengono addosso e vi gonfiano come spinte da un insopportabile matrice».

L’arte e la morte, riproposto in una nuova traduzione da L’orma editore, è un piccolo gioiello di scrittura visionaria che non testimonia solo l’adesione di Artaud al movimento surrealista, ma è soprattutto il libro che mostra la singolarità geniale di un autore che, come scrive Roland Barthes, oltre l’eccesso scrive nella distruzione di un discorso.

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