
Autore: Romagnolo Raffaella
Casa Editrice: Frassinelli editore
Genere: Romanzo
Pagine: 170
Prezzo: euro 15
L’ultima fatica di Raffaella Romagnolo, La figlia sbagliata, è un romanzo che parla di famiglia, come il precedente La masnà. Una storia questa che tocca tematiche dolorose, in un libro che lascia nel lettore un senso di profonda tristezza, tracciando un’intera vita familiare neppure troppo romanzata. E’ la vita di una donna che in ogni riga straborda di fallimento, quando ormai in là con gli anni raggiunge la piena consapevolezza del non aver visto realizzato nessun desiderio giovanile.
La vicenda si svolge in una cucina qualunque di un sabato sera qualunque e spazia tra passato e presente con ripetuti flashback che sembrano attuali come avvenissero oggi. Il viaggio della protagonista, Ines Banchero, moglie da quarant’anni e madre di due figli ormai adulti affrancati, si compie dentro l’inferno domestico. L’altra metà della coppia è Pietro Polizzi, camionista in pensione. Di fatto la vita di questi coniugi è segnata da una serie di situazioni problematiche. Quel sabato sera mentre Ines rigoverna la cucina e lava i piatti della cena con l’orecchio attento ad uno show televisivo, Pietro è colpito da un infarto fulminante che lo uccide. Ines, pur accorgendosi, non chiede aiuto né avverte nessuno. Follia pura? No. La donna riprende i brandelli della sua vita e analizza tutte le occasioni mancate, riportando a galla soprattutto i rimpianti. E’ l’inizio di una tragedia, una delle tante che avvengono tra le mura domestiche e che esplodono quando si raggiunge il culmine di una vita di sofferenza e di dolore sopiti.
Il viaggio che ha inizio è nella quotidianità di una famiglia che agli altri appare normale e che per tanti anni ha tenuto nascosto a tutti, essi stessi in primis, tanti rancori. Passato e presente si intrecciano e per quattro giorni la donna, in un atteggiamento al confine con la follia, rivive il suo ieri: il talento da disegnatrice mai messo in pratica e che diventa la sua ossessione; il talento mai riconosciuto dell’amatissimo figlio Vittorio, giovane campione di nuoto, e quello della caparbia figlia Riccarda, la figlia sbagliata, ora attrice di successo. Proprio il talento assume un ruolo fondamentale nel romanzo, originando un malessere esistenziale che travolge chi non lo fa fruttare. Per Ines, che non comprende le scelte fatte d’impulso, i talenti vanno conservati ma per essi non si deve rischiare né correre dietro alle proprie passioni: ciò significherebbe rinunciare ad una vita sicura. Ed in questa logica la famiglia Polizzi aveva fatto una serie di scelte ragionevoli, comportanti sì le rinunce, ma volte comunque ad un futuro migliore. Purtroppo, così facendo, i talenti sono stati lasciati da parte.
Passano i minuti e le ore. Ines riordina la casa, guarda la tivù e di tanto in tanto anche Pietro che però lascia lì, su quella sedia, quasi non fosse successo nulla. “Se tra una passata e l’altra si fermasse a guardare in volto Pietro Polizzi, cosa che Ines fa di rado, si accorgerebbe dell’incipiente pallore e di una lieve impressione di secchezza della pelle, causata dal blocco del flusso sanguigno” (pag.7). Continua a pensare e a rimuginare, per quattro giorni accanto al suo Pietro, freddo nel rigor mortis. L’autrice ha saputo raccontare con maestria un’intera vita familiare fatta di rinunce. Si è destreggiata in un intreccio complesso e coinvolgente e riesce anche a farci amare Ines, pur piena di imperfezioni e stranezze. Così il lettore de La figlia sbagliata si approccia ad una vicenda drammaticamente triste, ma incredibilmente umana e non può che commiserare questa donna che dal bilancio di una vita si ritrova a mani vuote.