Il ragazzo detective – Roger Rosenblatt

Titolo: Il ragazzo detective
Autore: Roger Rosenblatt
Data di pubbl.: 2018
Casa Editrice: Nutrimenti
Genere: memoir, non-fiction
Traduttore: Nicola Manuppelli
Pagine: 196
Prezzo: € 17,00

Roger Rosenblatt è una firma prestigiosa del giornalismo americano. Il ragazzo detective, tradotto da Nicola Manuppelli per la casa editrice Nutrimenti, è una storia d’amore tra un uomo e la sua città, New York City. Ed è anche una guida per turisti consapevoli, un baedeker d’autore. Allo stesso tempo, è un memoir costruito sui ricordi, un’esplorazione geografica che nasce da una passeggiata, una delle tante, per le strade di Manhattan. Aneddoto richiama aneddoto, il presente solletica il passato. Rosenblatt si muove lungo le direttrici di spazio e di tempo. Ogni frammento di NYC riflette e riporta a galla eventi lontani, nascosti dietro la curva dell’infanzia, oppure suggestioni sedimentate durante i viaggi all’estero, esperienze in zone di guerra motivate da ragioni professionali, o ancora pensieri della prima età adulta, dell’uomo impegnato a raccontare l’America, e il mondo, sulle pagine del New Republic e del Washington Post. Scrittura e attività investigativa sono due facce della stessa medaglia, in entrambi i casi c’è una verità da ricercare, una matassa da sciogliere, una maschera da levare al protagonista della vicenda… “ma quando ci pensate, un detective costruisce il caso su fatti concreti, balistica e impronte, tipi di armi, testimoni oculari… Lo scrittore, d’altra parte, costruisce il suo caso dal nulla. Prima inventa i crimini, poi inventa le soluzioni”. Il testo di Rosenblatt è anche una dissertazione sul rapporto complesso tra vita e finzione.

Nelle parole di Rosenblatt riscontriamo il graffio ironico, da ebreo laico newyorkese, associato a uno stile fresco, affine alla lingua parlata, una trama verbale a tratti sincopata, dalle venature quasi jazzistiche, con punte di lirismo. Il ragazzo detective si compone di molteplici, brevi stanze, spesso allacciate l’una all’altra, altrove indipendenti per contenuto e forma, in ognuna delle quali Rosenblatt spende riflessioni, appellandosi direttamente alla sensibilità dei lettori, chiamandoli in causa, spingendoli ad uscire dalla passività e, fuor di metafora, dalle case, dalla gabbia dell’isolamento, a farsi protagonisti di analoghe esperienze di cartografia sociale. L’autore presenta argomenti, per citare Pessoa, di gusto popolare, estratti dal cuore con la generosità di chi ama raccontare il proprio mondo e, interrogandosi, intende regalare agli altri qualcosa di sé, senza alcuna presunzione narcisistica. La nostalgia, in queste divagazioni sospese tra sogno e realtà, è una sottile crosta di ghiaccio a rischio di rottura. Eppure, il vento narrativo spinge il racconto, instancabilmente, oltre le secche di ogni possibile rimorso.

Guarda tu stesso. Di tanto in tanto, durante le mie peregrinazioni, passerò davanti a qualcuno che sembrerà al tempo stesso familiare ed estraneo, come se il suo viso fosse una mistura di tratti che suggeriscono subito delle categorie di una fisionomia e la sua inimitabile peculiarità. Una persona simile potrebbe essere salutata come un amico perduto da tempo che non si è mai incontrato, ma non esiste un nome, un’etichetta identificativa, per qualcuno del genere. Salutarlo non servirebbe a nulla, a meno che lui non abbia raggiunto le mie stesse conclusioni. Gli porgerei un caldo saluto, solo per essere respinto, guardato dall’alto in basso. Siamo così vicini a essere tutt’altro che estranei l’uno all’altro. Eppure non così vicini da assecondare questo pensiero.”

Il giornalista e scrittore sfodera la sua passione per l’indagine, mirando ai piccoli fatti, alle minuzie, ai frammenti, estraendone, goccia a goccia, il tempo sepolto. Ne emerge un caleidoscopio multicolore, una girandola di volti, sguardi, azioni, espressioni e immagini, un mix di non-fiction e di prosa impressionistica, di passione per il documento e di resa romanzesca. Il centro del suo cosmo urbano è Gramercy Park, il parco cittadino situato alla fine di Lexington Avenue, luogo di elezione dell’autore, nei cui paraggi nacque egli stesso, nel 1940, e dove ricevette la sua formazione, il suo imprinting di investigatore urbano. Un luogo strano, un parco recintato e riservato ai soli residenti, dietro pagamento di una somma che dà diritto al possesso della chiave di accesso: una storia nella storia.

L’autore, che è anche docente universitario e drammaturgo, coniuga i ricordi con la sua cultura, capillare e multidisciplinare, fino a rendere il racconto di NYC una vera mappa interattiva dotata di anima letteraria. L’idea tecnologica di ‘realtà aumentata’, di fronte a simili declinazioni di saggezza applicata al territorio, arretra e impallidisce. Il lettore non può che apprezzare la competenza analitica, ai limiti del maniacale, di Rosenblatt nel campo cinematografico, e, perché no, prendere nota di film meno celebri, pellicole, soprattutto, risalenti agli anni d’oro del genere noir, o classici del giallo. Il ragazzo detective alimenta la curiosità verso opere cult dimenticate. Lunghissima è, anche, la lista di scrittori e poeti citati, immaginati, riportati in vita, rappresentati nella cornice di uno scorcio alberato, nella luce di una stanza, sotto la volta di una mansarda, senza contare i personaggi dello spettacolo e dell’universo sportivo americano, non sempre noti, di primo acchito, al lettore medio europeo. Perno stilistico de Il ragazzo detective è il flusso narrativo, dal respiro joyciano. Rosenblatt è erede e interprete americano della tradizione del vagabondaggio intellettuale, la postura esistenziale del flâneur, risalente a Charles Baudelaire e nobilitata, poi, da Walter Benjamin. Un uomo come una città, una passeggiata invernale come spunto pratico per tessere l’infinito mosaico umano e culturale della Grande Mela. Rosenblatt ci offre un metodo di lavoro, da replicare, almeno idealmente, ovunque siamo.

Lo dirò di nuovo. La vostra vita non riguarda voi. O per dirla in modo più efficace, riguarda il voi dentro di voi che è comune a tutti. La vostra vita riguarda tutti…” Sono consigli dati dall’autore ai suoi studenti, alle prese con la redazione di memoir personali. Valgono anche per noi. Raccontare la città, in sintesi, equivale a raccontare gli altri, l’esterno, il pubblico, in altre parole equivale a stendere l’intricata rete delle relazioni umane, a partire da sé, non limitandosi a sé. Simili modelli di pellegrinaggio civile, di rendicontazione dei segni di una civiltà, assumono il ruolo di risposte cognitive ed emotive possibili, auspicabili, allo schiacciamento di prospettiva imposto dal digitale. Qualcuno, forse il potere, ci considererà dei ribelli romantici, dei fuori legge, ma non importa. Come dice Rosenblatt, non esiste detective che non ceda, almeno una volta, al fascino del crimine.

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Salentino nato "per errore" a Como (anche per ammissione di chi lo conosce), si laurea in Filosofia a Milano, con una tesi sul concetto di guerra umanitaria. Vive a Bari con Mariluna. Adora il Mediterraneo, ama Lecce, Parigi e Roma. Sue passioni, a parte la buona tavola, sono la letteratura, il cinema, il teatro e la musica. Un tempo, troppo lontano, anche la politica. Suo obiettivo è difendere, e diffondere, la pratica della buona lettura. Recensisce i libri meritevoli di essere considerati tali, quelli che diventano Letteratura, con la L maiuscola, e che gli lasciano un segno. Alessandro scrive con regolarità su Zona di Disagio, il blog del poeta e critico Nicola Vacca, collabora con la rivista Satisfiction, anima il blog di economia e di politica Capethicalism, e scrive di serie TV su Stanze di Cinema.

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