Pagine: 147
Prezzo: € 12,00
Luciano Bianciardi ha attraversato il mondo culturale italiano del secondo Novecento con rabbia, intelligenza, onestà intellettuale. Tre caratteristiche che hanno fatto di lui uno scrittore libero che non è mai sceso a compromessi con il mondo editoriale che lo ha accolto e poi lo ha respinto.
Di Luciano Bianciardi si può dire che ha attraversato il potere culturale senza mai esserne sedotto.
La sua Trilogia della rabbia ancora oggi rappresenta l’atto d’accusa alla nevrosi quotidiana del mondo editoriale schiacciato dai suoi stessi giochi di potere e dalle compromissioni con scelte che nulla hanno a che fare con la letteratura e la cultura.
Il lavoro culturale, L’integrazione e La vita agra, i tre romanzi che compongono il mosaico di Bianciardi, oggi più di ieri fotografano la decadenza del mondo editoriale, troppo occupato a giocare con il clientelismo del marketing e del marchettificio.
Dai tempi di Bianciardi la situazione è peggiorata, eppure di molto.
A Bianciardi e al suo legame con lo sport Sandro de Nobile dedica un libro molto particolare dal titolo Il più grande centromediano mai esistito.
«Si può dire – scrive de Nobile – che tutta la produzione letteraria di Luciano Bianciardi ruoti attorno ai poli della disillusione e della nostalgia; entrambi i nodi, però, hanno in comune riferimento a un presunto io autobiografico, che non si mai se ed eventualmente quanto rispondente alla realtà biografica dell’autore, il quale gioca continuamente con il se stesso personaggio, all’interno di quel moto che Carlo Varotti ha definito automitologizzazione».
Con lo sport Bianciardi nella sua opera ha un rapporto intenso. Lo sport come proiezione del desiderio mai sopito, lo sport come espressione di quell’io che alcuni studiosi hanno definito “opaco”, lo sport come utopia ludica da affiancare all’erotismo.
De Nobile, passando in rassegna il corpus bianciardiano, spiega benissimo la passione dello scrittore maremmano con lo sport che si concretizzò in modo particolare nella sua collaborazione ( curando una rubrica settimanale di botta e risposta con le lettere dei lettori) con Il Guerin sportivo, diretto da Gianni Brera. Anche in questo contesto Bianciardi si conferma irregolare, antiretorico e provocatorio, come solo gli uomini liberi sanno essere.
Inoltre l’autore scrive che l’interesse per il calcio di Biancardi è anche il modo per tenere vivo quel filo immortale che lo lega al padre.
De Nobile ne Il più grande centromediano mai esistito esplora il Bianciardi uomo, il Bianciardi intellettuale, il Bianciardi cronista, il Bianciardi scrittore e tutti convivono nelle pagine dedicate allo sport.
Pagine che lo stesso Bianciardi non considerò mai secondarie. Scrivere di sport per Bianciardi è il pretesto per parlare di altro e anche qui troviamo sempre lo scrittore corrosivo con la sua rabbia pungente capace sempre di aprire il fuoco e appiccare incendi, l’intellettuale controcorrente con il gusto della provocazione che non rinunciando mai al suo lavoro intellettuale sceglie sempre il richiamo della coscienza, lasciando ai posteri un’autentica lezione morale: non barattare mai la propria arte con il mercimonio, non svendere mai la dignità, non tradire la scrittura e la vita, che poi sono la stessa cosa, per farsi addomesticare da un sistema che vuole solo comparse e non menti pensanti.
Bianciardi letterato e Bianciardi giornalista attraverso le splendide pagine sportive è sempre lo stesso scrittore arrabbiato, sincero e diretto che non smetteremo mai di apprezzare.