Autore: Hilde Domin
Data di pubbl.: 2016
Casa Editrice: Del Vecchio editore
Genere: Poesia
Pagine: 461
Prezzo: 19 €
La poesia come intenso momento di libertà, ma anche come impegno civile attraverso cui si costruisce l’uomo nuovo del con-dolore. Ce lo ribadisce verso dopo verso Hilde Domin, poetessa tedesca, morta nel 2006 a 96 anni.
Ha vissuto gli anni difficili del XX secolo. Ha attraversato l’Italia, l’Inghilterra e Santo Domingo prima di far ritorno nella sua Germania negli anni cinquanta. Profuga, esiliata, donna in fuga e in cerca dell’umanità. La Domin si definisce in diversi modi e lo fa attraverso il linguaggio della poesia libera da ogni schema e da ogni regola. I suoi primi versi risalgono al 1951. Non erano previsti e soprattutto non aveva intenzione di pubblicarli. Sono stati dettati della necessità di liberarsi dal peso delle esperienze.
Oggi, a quasi dieci anni dalla sua morte, Del Vecchio editore ha deciso di riprendere la sua opera e di dividerla in volumi. Non siamo in presenza di un’antologia ma davanti a un progetto culturale di spessore, curato da Paola Del Zoppo che firma un’interessante nota introduttiva, che ci svela le tante forme assunte negli anni dalla scrittura della Domin.
Il coltello che ricorda è il terzo volume di questo imponente progetto iniziato nel 2011 e che la casa editrice Del Vecchio continua a promuovere. Il pensiero della poetessa tedesca si riassume nel termine con-dolore, diverso dalla compassione, perché descrive una solidarietà partecipata, che toglie l’uomo dal gregge dei muti-compassionevoli e lo invita a definire se stesso e ciò che lo circonda con parole nuove. Neologismi che non devono rimanere solo su un foglio ma che devono essere tradotti in azioni concrete.
A dar forma alla lirica della Domin è soprattutto il suo vissuto. Su tutte il suo pellegrinaggio nel mondo. Passare di nazione in nazione, in cerca di protezione. Lei, ebrea tedesca, si sente scacciata dalla Germania e poi dall’Italia. Anche a Santo Domingo troverà molti ostacoli. Ma chi fugge perennemente per necessità non perde solo se stesso ma anche la sua lingua e proprio i continui cambi di idiomi saranno le basi su cui la Domin fonderà il suo linguaggio poetico.
È l’esperienza personale della poetessa che dà vita al con-dolore.
Il con-dolore è la compartecipazione alla morte e alla sofferenza di Abele, ma è anche il processo attraverso cui viene riscattato Caino. Nulla di cristiano o di filantropico, semplicemente un diverso punto di osservazione dal quale l’uomo valuta le situazioni. Da questa vedetta acquisisce una nuova consapevolezza che lo invita a responsabilizzarsi, a negare, a contestare e a ricostruire. L’esiliato in fondo sente la necessità di cambiar pelle quando vede la sua patria ormai lontana, pertanto, deve partire da zero e darsi una nuova forma. Osserva un nuovo mondo, penetra in una nuova società, impara una nuova lingua. Si trasforma ma non dimentica chi era.
Questo è quanto troverete all’interno de Il coltello che ricorda, una raccolta creata proprio per coloro che si avvicinano alla Domin per la prima volta. Come me d’altronde che pur non conoscendo nulla di questa poetessa ha partecipato alle sue emozioni, scandagliando con-dolore e concreto stupore parole che si sono impresse nella mente.
Buona lettura.