Sulla copertina del romanzo nell’edizione TEA v’è scritto “Uno dei grandi romanzi del XX secolo. Un capolavoro della narrativa di anticipazione.” Credo sia vero. La storia di Charlie Gordon è un’esemplare viaggio nella vita di un ragazzo che dalle tenebre sale alla luce e che nelle quali, in breve tempo, è costretto a tornare; nell’ovattato gelo del buio, un buio fatto di compassione e crudeltà che pendono forma dall’ignoranza e dalla mancanza di amore delle persone che fanno parte della vita del ragazzo, il mondo diventa la caricatura di sé stesso. Prima tra tutte la madre che, schiava dell’ignoranza e delle arcaiche convinzioni che l’avvelenano cede alle difficoltà che Charlie comporta: dietro alla scusa di proteggere la seconda figlia Norma, Rose, costringe il marito Matt ad allontanare per sempre il povero Charlie dalla loro casa. Dentro questo romanzo c’è un profondo spunto di riflessione sull’amore vero, quell’amore disinteressato che per la sua natura, è in grado di offrire immense gioie a chi sa accettarlo senza riserve. In un momento in cui la frenesia e l’accentramento emotivo portano a un’inevitabile implosione dei sentimenti e delle nevrosi personali, Fiori per Algernon di Daniel Keyes può fermare il tempo anche se per pochi attimi; forse quel tanto che basta a far germogliare in noi l’ipotesi di nuove prospettive di visione. E’ un romanzo nato da un racconto che nel 1960 ha vinto il Premio Hugo e che poi, nella sua estensione integrale di romanzo appunto, vince il Premio Nebula. Ne sono stati fatti diversi adattamenti teatrali, radiofonici, televisivi e persino un musical a testimonianza della potenza emotiva e intellettuale che racchiude nel cuore. Charlie, che nella sua semplicità a tratti ridicola e bizzarra vive un’esistenza intrappolata in sé stesso, diventa un genio, uno scienziato luminoso che grazie alle capacità acquisite in seguito all’operazione cercata e voluta in primo luogo dal dottor Strauss e dal professor Nemur stronca le basi teoriche di quella metodologia clinica che l’ha portato a essere ciò che è diventato. Questo gli causerà dolore, gli assoggetterà la cattiveria e la diffidenza dei suoi simili. Credeva che diventare intelligente gli avrebbe garantito più amici e più amicizia e invece è costretto a fare i conti con una realtà ben diversa, fatta della concretezza di un mondo che sta solo iniziando a conoscere. Il suo declino è inevitabile, i suoi studi lo dimostrano ma quel breve viaggio nella luce della coscienza che gli ha permesso di rendersi conto in primo luogo proprio di sé stesso ha lasciato i suoi frutti: «Ecco pe rké me ne vado di cuì per sempre ala squola dela Klinica Warren». Non è un romanzo facile da affrontare se gli si permette di entrarci dentro; può ferire il cuore. Ma se avete la possibilità, leggetelo. Vi renderà più ricchi. Mi dispiace Charlie Gordon, spero sarai felice. Grazie di tutto!
Fiori per Algernon – Daniel Keyes
21 Febbraio 2018