
Autore: Samuel Beckett
Casa Editrice: Einaudi
Genere: Teatro
Traduttore: Carlo Fruttero
Pagine: 115
Prezzo: 12 euro
Due vagabondi , Estragon e Vladimir, aspettano , invano, sotto un albero, in una strada di campagna, un certo Godot, senza sapere chi sia veramente. Il nome è emblematico: God, in inglese Dio, dot, punto, se non puntino. L’atmosfera è reale, ma atemporale, dove spazio e tempo non hanno tuttavia più ragione d’essere. Il dove, il come e il quando rimangono domande sospese nel limbo dell’esistenza di ogni essere umano di ogni epoca. In un contesto asfittico, in cui anche le parole non sono più contestualizzabili, altri personaggi entrano in scena: Pozzo , brillante e istrionico, Lucky, suo schiavo, e un ragazzo. Quest’ultimo comunica che Godot non potrà arrivare il giorno stesso ma il giorno seguente. L’indomani, la scena si ripete con le stesse modalità, nello stesso luogo, con gli stessi personaggi. Di Godot nemmeno l’ombra. Pozzo diventa cieco, Lucky muto e non si ricorda più di aver incontrato Estragon e Vladimir il giorno prima. I due vagabondi pensano anche al suicidio, azione che richiederebbe coraggio. Passer le temps, passare il tempo, in italiano, è la frase ripetuta più volte nel corso della pièce poiché tradurlo con trascorrere implicherebbe una finalità dell’azione. Solo la natura sembra andare controcorrente. Qualche foglia spunta sull’albero….Una nuova vita? Speranza?
E’ il dramma dell’attesa, tutti noi viviamo nella speranza di un evento che possa cambiare la nostra esistenza. L’incontro con Dio, God, non è sempre così evidente e spesso è vanificato. Dot è il punto, Dio come origine, Dio come traguardo, Dio come punto fermo della nostra esistenza , Dio come puntino insignificante…. Non sempre lo si incontra. Godot, il protagonista, non c’è, lo si attende , ma non arriva mai. E’ il dramma dell’incomunicabilità dell’uomo contemporaneo, al di là di ogni connotazione sociale, in cui il significante perde il significato perché sradicato dal contesto. Il mescolamento di registri, formali e informali (citazioni teologiche e turpiloquio), le pause, i silenzi dell’opera rivoluzionano il teatro contemporaneo, in una triste storicità, a differenza degli altri esponenti del teatro dell’Assurdo, che ha caratterizzato il Secondo Dopoguerra, intrisi di atmosfere surreali e inverosimili.
Titolo originale: En attendant Godot
Data di composizione: ottobre 1948, 29 gennaio 1949
Prima presentazione: Parigi, Théâtre de Babylone, 5 gennaio 1953
Prima edizione: Édition de Minuit, 1952
Ultima edizione italiana: Einaudi, 2005