È recentemente uscito nelle librerie “Esercizi preparatori alla melodia del mondo“, edito da Baldini & Castoldi. L’autore e giornalista Maurizio Crosetti, pur avendo già pubblicato diversi libri riguardanti il mondo dello sport si cimenta qui con il suo primo romanzo. Incontriamo l’autore per un brunch presso la casa editrice, in modo di poter parlare un po’ con lui della storia che ci racconta e dei personaggi che la animano. Con la musica di un pianoforte in sottofondo, iniziamo l’intervista:
Buongiorno Maurizio. Nell’arco della tua carriera sia di giornalista sia di scrittore hai finora raccontato le imprese di grandi campioni del mondo dello sport. In questo romanzo ti sei cimentato si nell’invenzione di una storia, che anche se parte da uno spunto reale, cioè l’immagine del pianista di strada che suona davanti al Bataclan l’indomani degli attacchi di Parigi, è nei personaggi una storia che nasce dalla tua fantasia. La domanda è: tu che sei giornalista, quali cambiamenti hai dovuto apportare al tuo modo di scrivere, per affrontare una sfida del genere? Per me è stata soprattutto una questione di cambiamento di passo: se un giornalista scrive un romanzo deve riuscire a trasformarsi da velocista a maratoneta: deve trasformarsi in un narratore. E devo dire che io stesso ancora non mi riesco a definire pienamente come tale. La differenza è insita nei diversi termini di tempo e nei diversi gesti della scrittura. La differenza, il bello, è proprio questo cambio di passo. Misurarsi su un passo diverso mi fa sentire debuttante, e la cosa è anche bella, mi piace. Mi fa pensare che non esista una età anagrafica per debuttare, in nessun campo. Non finché abbiamo la voglia di misurarci con cose nuove. Questo libro non è la biografia del pianista, né un libro giornalistico. Non dico questo perché io voglia segnare una distanza, ma è un dato di fatto. Il libro infatti è un’opera di fantasia che parte da un’immagine, dalla curiosità di una storia: però non volevo scrivere un libro che fosse biografico, o di resoconto. Mi sono voluto immaginare un “mio” pianista che voleva fare quella cosa. Quando ho deciso di imbarcarmi in questa avventura avevo paura di cadere in un “vizio di forma”, cioè che il mio mestiere rientrasse nel libro. Non volevo fare quello che tutti si aspettavano da me. Proprio per questo nella prima stesura non c’era nemmeno il capitolo in cui lei è al Bataclan. Non volevo diventare di nuovo un centometrista. Storie come quella del Bataclan nel mio lavoro ne ho raccontate molte. La storia vera nel mio libro si ferma a quella fotografia. Il resto è storia dentro la storia.
La seconda questione che ti pongo riguarda il concetto di esercizio. Ci si può “esercitare” ad affrontare la vita? Beh la protagonista femminile è come se stesse facendo esercizi preparatori al nulla; per dirla con le sue parole, lei lavora come una pulce, di quelle ammaestrate, che si vedono nelle fiere. Quindi le sembra che sia un esercizio inutile, e questo la porterà a smettere di suonare. Sarà però l’amore che lei ritrova ad essere portatore di autenticità. L’amore riattribuisce un senso a tutto quell’esercitarsi, perché alla fine nessun esercizio è preparatorio al nulla. Nella mia storia, Lui – il pianista – comincia con meno talento di lei, e inizia a suonare perché attraverso la musica cerca di avvicinarsi a lei. Poi però mentre lei viene stritolata da tutto questo e scappa, lui continua nei suoi esercizi. e trova un suo modo di essere bravo, unico.
Le citazioni musicali sono parte integrante del libro: tu hai mai suonato? che rapporto hai con la musica? Ti dirò che in partenza avevo paura di scrivere qualche bestialità; io non ho mai suonato uno strumento, non sono mai stato musicista. Con la musica ho un buon rapporto, mi piace molto, e un minimo di cultura musicale ce l’ho, ma non sono un esperto. Per scrivere il libro mi sono affidato ad un amico concertista, che mi ha raccontato cose partendo dalle quali ho cercato di immaginarmi che tipo di musica potesse suonare il mio pianista, quale potesse sentire come sua, e quali brani volesse decidere di suonare nelle varie piazze che tocca nel viaggio di cui racconto
Quale è stata la molla che partendo da quella foto ti ha fatto venir voglia di scrivere un libro? Il libro non nasce il giorno dopo gli attentati di Parigi, ma successivamente. Alla fine del 2015 Michele Dalai, amico e giornalista radiofonico, nell’ambito di una trasmissione mi chiese di scegliere un personaggio secondo me emblematico del 2015: dopo averci pensato un po’, mi è venuta in mente la foto del pianista che suona davanti al Bataclan. Noi non sapevamo chi fosse, ma abbiamo sentito che aveva una storia da raccontare.
Per scrivere il libro hai conosciuto il musicista reale? No, lui non lo ho mai incontrato! Temevo che saperne di più su di lui mi avrebbe condizionato nella creatura del mio personaggio, di quello che io volevo che fosse. Certo, alcuni filmati li ho visti, e li ho “incubati”, come quello di lui che arriva davanti al locale, e si prepara a suonare. Ma andare oltre avrebbe per me significato rischiare di riavvicinarmi al mio mestiere da giornalista, e non era quello che volevo per questo romanzo.