Una carrellata di presentazioni di libri di autori francofoni in tutta Italia caratterizza il Festival de la Fiction Française organizzato dall’Ambasciata di Francia in Italia e dall’Institut Français. La rassegna letteraria, iniziata il 23 gennaio, coinvolge ventiquattro scrittori terminando il 1 marzo. Julien Donadille, responsabile per il libro e le biblioteche dell’Institut e impegnato nella promozione dell’editoria francese in Italia, ci racconta genesi e programma del festival che vuole far conoscere ai lettori italiani l’eccellenza della letteratura francese contemporanea così come giovani autori che hanno scritto romanzi sperimentali.
Quanto è vasta e coesa la comunità francese in Italia?
Ci sono circa 15.000 persone iscritte al consolato di Francia a Roma, quindi per tutto il centro-italia. Tuttavia questo è solo un dato indicativo in quanto ci sono molte persone che non sono iscritte, fra le quali per esempio molti di coloro che hanno la doppia nazionalità e gli studenti Erasmus che rimangono solo per un anno o sei mesi. Ciononostante, considerando questa cifra, possiamo valutare tra 50.000 e 100.000 i francesi che vivono in Italia. È una cifra importante, non tanto però se la paragoniamo a quella dei francesi nel Regno Unito per esempio (circa 400.000 solo a Londra). All’interno di questa comunità, ci sono realtà molto diverse, tra lo studente di cui parlavo e che passa solo sei mesi in Italia, e le persone con doppia nazionalità che, vivendo in Italia da sempre, conservano solo un legame sentimentale e familiare con la Francia. Forse è questo l’aspetto più significativo della comunità francese in Italia: questo numero importante di doppie nazionalità è il segno della prossimità tra i due popoli.
Quando e come è nata l’idea di organizzare il Festival de la Fiction Francaise?
All’inizio, il Festival è nato all’Institut français di Milano nel 2010: innanzitutto, l’idea era quella di animare e far vivere l’allora “Centro culturale francese” di Milano, invitando in Italia gli autori della letteratura francese contemporanea. Poi, per sfruttare al meglio la presenza degli autori in Italia, si è deciso di estendere il Festival ai centri culturali di Roma e Napoli. Adesso lo spirito del Festival è un po’ cambiato: in effetti, abbiamo deciso di uscire dai soli Instituts français per lavorare in partenariato con tutta la catena del libro italiano (case editrice, librai, bibliotecari) ed essere presenti sull’intero territorio italiano, in 14 città dal nord al sud della penisola, fino in Sicilia. Abbiamo anche scelto di lavorare più strettamente con gli editori italiani, invitando autori che hanno un’attualità immediata in Italia, essendo pubblicati nei sei mesi che precedono il festival. Così garantiamo al nostro pubblico italiano un accesso diretto, in italiano, alle opere degli autori presenti.
Come avviene la scelta dei testi e degli eventi da mettere in programma?
Ci sono diversi livelli di scelta. Prima di tutto, verso il mese di Maggio dell’anno precedente, chiediamo agli editori italiani di narrativa chi sono gli autori che hanno intenzione di pubblicare nei mesi successivi. A partire da questi progetti di pubblicazione (che sono generalmente intorno a 50), facciamo una scelta completamente soggettiva (non si potrebbe fare altrimenti, trattandosi di letteratura) condivisa da un comitato letterario composto dai direttori degli Instituts français e delle Alliances françaises e da me. Ovviamente, proviamo a raggiungere un equilibrio tra uomini e donne, scrittori popolari e scrittori più letterari, scrittori francesi e scrittori stranieri di lingua francese. Poi la scelta dei luoghi si decide, oltre alle nostre sedi francesi, in collaborazione con i nostri partner: gli editori, le librerie Feltrinelli e le biblioteche di Roma.
Quale è il tema che domina l’edizione 2014?
Per i motivi che ho appena indicato, non c’è veramente un tema principale, in quanto non è cosi che concepiamo il programma. Tuttavia, ci sono sempre delle tematiche che emergono, e che ci illuminano sullo stato della letteratura francese contemporanea, ma sopratutto sulla visione che l’Italia ha di questa letteratura. L’anno scorso avevamo cosi puntato sul Mediterraneo e sulla scrittura intima. Quest’anno direi che siamo su delle tematiche più strettamente letterarie, con una nouvelle vague di scrittori francesi giovani (molti hanno meno di 40 anni), includendo più donne (8, contro 4 dell’anno scorso), scrittori che rinnovano il paesaggio della scrittura francese con romanzi molto creativi, a volte anche sperimentali. Questi autori hanno ricevuto premi prestigiosi in Francia sia recentemente sia da qualche anno (Goncourt, Renaudot, Médicis, Fémina, Grand prix de l’Académie française).
Quali sono le caratteristiche della cultura francese che si vuole far emergere dalla manifestazione e quali i pregiudizi (se ci sono) da scalzare?
Oltre l’aspetto nuovo e sperimentale che ho appena evocato, e che comunque costituisce una dimensione paradossalmente “tradizionale” della letteratura francese, almeno dalla fine del ‘800, l’elemento che vogliamo sempre mostrare, anche quest’anno, è che la letteratura francese non si limita a questa dimensione sperimentale. A volte, in effetti, il contemporaneo francese è percepito in un modo formale ed elitario, mentre può essere anche molto narrativo (invito i lettori a leggere, per esempio, tra i nostri autori; Didier Decoin, Marc Dugain, Christian Garcin, Pierre Lemaitre), ludico (in questo caso e in modi diversi, per esempio Vassilis Alexakis, Pierric Bailly, Julia Deck, Bernard Quiriny, Jean-Philippe Toussaint). C’è anche un’eccellenza francese riconosciuta nell’ambito della letteratura per ragazzi, che sarà rappresentata quest’anno da Marie Desplechin, Blex Bolex e Yves Grevet.
Qual è un testo classico della letteratura francese che lei ama e perché, se possibile saperlo?
Trattandosi di un festival di letteratura contemporanea, sceglierò un classico, però abbastanza recente: penso alla Riva delle Sirti, di Julien Gracq, pubblicato in Francia in 1951, e in Italia, da Mondadori, l’anno successivo (è stato ripubblicato da Guida nel 1990). Abbiamo celebrato nel 2013 il centenario dell’autore, che è scomparso nel 2007. Si parlava giustamente di Julien Gracq, anche prima della sua morte, come “dell’ultimo dei classici”. Lui non ha mai avuto molto successo in Italia, anche perché si tratta di un autore molto difficile da tradurre, essendo la sua opera fondata sulla lingua. Di Riva delle Sirti, si potrebbe dire che è una sorta di incrocio impossibile tra Proust, per la cura portata alla lingua, con periodi molto lunghi e rotture di sintassi, Tolkien, in rapporto all’invenzione, al mito e al tempo lungo e Dino Buzzati per la storia stessa, che è più o meno la stessa del Deserto dei Tartari. Si tratta di un personaggio, Aldo, mandato in una fortezza sulla riva di un mare oltre il quale si trova l’avversario storico del principato a cui lui appartiene. Si vive in una pace armata da secoli, nella quale si sta sempre aspettando un risveglio della bellicosità tra questi due popoli tanto diversi. Il romanzo, molto onirico, è la storia di quest’attesa. È ambientato in un mondo inventato, che deve molto, però, al fascino di Venezia ed è, in definitiva, molto italiano.