Cristina Cassar Scalia vive e lavora come medico-chirurgo a Catania. Il suo primo romanzo, La seconda estate, edito da Sperling & Kupfer, è stato insignito del Premio Internazionale Capalbio Opera Prima ed è anche stato tradotto in lingua francese. Il suo secondo romanzo, Per Le stanze dello scirocco, ha per protagonista Vittoria, una ragazza giovane e determinata, e la sua terra natale, la Sicilia.
Vittoria è il nome della protagonista, un nome emblematico. Si può dire che il suo nome è specchio del modo in cui affronta la vita, con energia e determinazione quasi testarda? Alla fine della vicenda, la sua è davvero una ‘vittoria’?
Sicuramente è un personaggio che poteva avere solo un nome forte, che in qualche modo la caratterizzasse. Alla fine della vicenda, la sua possiamo dire che sia una vittoria in più campi, poiché lei vince contro determinati pregiudizi e convenzioni che ci sono nella società in quel momento, ma vince anche contro la sua caparbietà, il suo orgoglio, quel suo essere inflessibile e un po’ integralista nelle proprie opinioni.
La ragazza si trova a dover affrontare un contrasto complicato fra la propria indole e la libertà di pensiero con cui è cresciuta e l’amore per Diego, che le fa mettere in discussione se stessa e ciò che prova. Crede sia un confronto che ogni ragazza vive ancora oggi?
Credo di sì, forse oggi sotto alcuni punti di vista un po’ meno: allora una ragazza così determinata, con delle idee così ben delineate era un po’ rara oggi invece no. Vittoria si trova davanti alla persona di Diego, che è assolutamente antitetica rispetto a tutto quello che lei ha sempre pensato, è quello che lei ha sempre cercato di evitare e di rifuggire nella sua vita, fino ad allora; finché, davanti ad un sentimento vero, non si rende conto che non vale più la pena rifuggirlo per perseguire i propri ideali.
Nel libro si dipinge una Sicilia fatta di sole, paesaggi, ma anche di barriere non solo fisiche. Il tutto ambientato in pieno ’68. Cosa l’ha spinta a fondere un periodo storico così ricco con una città altrettanto ricca?
La scelta del ’68 è stata dettata dal fatto che è stata l’ultima epoca in cui la Sicilia era ancora distante dall’Italia sotto tanti punti di vista, soprattutto sotto aspetti come la mentalità conservatrice: quando nelle città del Nord i costumi stavano cambiando, invece nei paesi della Sicilia il vento del cambiamento non aveva neanche aveva sfiorato la porta di ingresso. Per questo Vittoria da Roma arriva in Sicilia in un momento particolarmente caratteristico. La Sicilia già di per se è una terra complicata, enigmatica, che vive di molte ambiguità nel suo essere solare così nell’immediato e nel celare nella propria anima cos’ tanti segreti e ombre. Così io ho descritto Palermo e così è poi di fatto la Sicilia di quel periodo e in parte anche di oggi.
Colpisce molto il rapporto viscerale che ha Vittoria con la famiglia. Quanto crede siano importanti i valori familiari, l’amore, il sostegno, il bisogno di protettività, nella società moderna?
Io trovo siano tuttora importantissimi! Ho voluto creare questa figura di padre che in quel momento storico era veramente rara in Sicilia, difficile da trovare, ma forse lo è a tutt’oggi ancora di più. Per lei il padre è una roccia sicura sulla quale sa che potrà sempre aggrapparsi in qualunque momento. La società, allora, ma oggi ancor di più, tende a sgretolare tutte le certezze dei giovani ed avere dei familiari che ti danno sicurezza, ti confortano e ti fanno capire che avrai sempre protezione contro tutto credo sia molto importante.
Il titolo “Le stanze dello Scirocco” colpisce per il suo suono evocativo. Cosa voleva comunicare scegliendolo?
Lo Scirocco è il vento Siciliano per antonomasia, già la parola Scirocco riporta alla Sicilia, che è protagonista del libro allo stesso livello di Vittoria e degli altri protagonisti. Le stanze dello scirocco, inoltre, sono degli ambienti che hanno un notevole fascino per me: sono degli ipogei molto particolari che esistono soprattutto nella Sicilia occidentale, erano le stanze in cui le famiglie si rifugiavano per resistere al grande caldo portato dallo Scirocco e in quelle stanze il tempo pareva fermarsi, tutto prendeva un’altra dimensione. Hanno un fascino molto particolare e sono degli ambienti nei quali la protagonista vive dei momenti molto importanti sia personali che professionali; per questo motivo fanno un po’ da filo conduttore del romanzo e da qui è nato il titolo.