A tu per tu con… Erri De Luca

Erri de Luca ha presentato da poco a Milano, presso la casa editrice Feltrinelli dove lo abbiamo incontrato, il suo ultimo libro Storia di Irene, dal 25 settembre in tutte le librerie.

In questo nuovo libro troviamo raccolti tre racconti sul cui sfondo domina la presenza del mare. Si potrebbe dire che è soprattutto lui il protagonista?

Sì. Io sono un uomo del Mediterraneo. Sono cresciuto su un’isola per tre mesi all’anno e per gli altri nove a terra, rattrappito all’ombra delle mancanze. Devo dunque al mare un enorme affetto e la mia più completa gratitudine e onoro questa gratitudine scrivendo storie.

Lei si definisce in queste pagine uno “svaligiatore di storie”. Afferma di non inventare nulla, ma di limitarsi a raccogliere e raccontare.

Quando un uomo è abituato alla solitudine e al silenzio, le storie arrivano. Se uno ha molto tempo, e sta molto con se stesso, è predisposto a ricevere. Il senso che per primo e di più si acuisce in me è l’udito: con l’ascolto il resto arriva. Di solito le storie le ricevo o dalla memoria o dal vento e le scrivo a mano, spesso in posizioni scomode.

Nelle sue pagine si legge infatti “Con la mia vita ammaccata ascolto la tua prodigiosa: s’incontrano al confine tra la terra e il mare.” E’ così che sono arrivate Irene e la sua storia?

E’ arrivata mentre ero su una piccola isola della Grecia, la scorsa estate, in una spiaggetta appartata. E’ una storia scritta a metri zero sul livello del mare. Io ero in ascolto ed è arrivata, come una sorta di apparizione portata dal vento. In Grecia il vento è fortissimo, è il Meltemi che inforca l’Egeo ad altissima velocità, fa sturare il naso e strizzare gli occhi ed esige ascolto. Quando c’è quel vento bisogna stare zitti. E così Irene è venuta in questo modo. E’ una bambina che è stata salvata dai delfini durante un naufragio e di cui hai imparato il linguaggio. Viene sospinta su un’isola e qui cresce orfana e vive di giorno ma di notte si ricongiunge con la sua famiglia di undici delfini. Sulla terra è in esilio; è una sordomuta per gli abitanti dell’isola che non la sanno intendere attraverso le onde sonore dei delfini. Ora, a quattordici anni, è incinta e racconta la sua storia e mostra il suo nuoto segreto a una sorta di me stesso che incontra in un punto di confine fra la terra e il mare.

Se chi racconta ha la possibilità di “affrancarsi dagli incubi”, il gesto di raccogliere storie sembra avere un valore immenso sia per chi scrive sia per chi legge.

Siamo fatti così da sempre. La nostra specie umana ha bisogno di storie, è quasi un fatto fisico, fin dall’antichità quando si raccontava con la voce e anche con tutto il corpo, con le danze intorno al fuoco per intrattenimento ma anche per trasformare. I libri sono incontri: o avvengono o non avvengono. Non si possono subire o forzare. Quello con il libro è un rapporto solitario, diretto, a due. Ed è un incontro che, almeno per me, quando avviene, genera una trasformazione.

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