Data di pubbl.: 2024
Pagine: 200
Prezzo: € 17,50
Giacomo Matteotti non schiacciato dietro la lapide del martire, ma un uomo politico innamorato della vita con le sue idee e la sua militanza.
Antonio Funiciello nel libro Tempesta. La vita (e non la morte) di Giacomo Matteotti racconta l’uomo vivo che i suoi compagni battezzarono il Tempesta.
L’autore racconta Matteotti e smantella il falso mito costruito su di lui. In queste pagine troveremo, l’uomo pragmatico il riformista, il politico lungimirante che ama le arti e la letteratura e soprattutto la persona che è capace di sorridere alla vita.
Matteotti in vita che lotta per alleviare le miserie degli ultimi con tutto il suo ideario socialista.
«Le storie di Matteotti che qui si raccontano, – scrive Funiciello nell’introduzione – storie di ardore e di lotta, saltellano avanti e indietro nella sua vita, cercando di tirare fuori una sequenza del suo DNA, una successione di eventi in ordine non necessariamente cronologico che, per la loro esemplarità, provino a ricostruire il senso di un’esistenza. Tra questi eventi non c’è la sua morte: l’attentato, il sequestro, il suo brutale omicidio. Nulla di ciò che potrebbe essere scoperto ancora sulle motivazioni del suo omicidio aggiungerebbe, qualcosa di interessante al suo pensiero politico e alla sua opera».
Matteotti raccontato oltre la memoria del martirio che ha finito per destoricizzare la sua vicenda politica. Così facendo il vero Matteotti è andato perduto.
In questo libro si leggerà di Giacomo Matteotti non come un mito da ammirare, ma di un uomo esemplare che con il riformismo e il socialismo ha dedicato la sua vita alla giustizia sociale.
Funiciello ricostruisce la formazione politica e giuridica di Matteotti, l’adesione da riformista alle idee del socialismo, il suo anticomunismo che nasce da quella proposta socialista che ha le sue radici nel pensiero liberaldemocratico.
Scrive Funiciello che prima di spiegare come l’anticomunismo diventi una componente essenziale del riformismo di Matteotti, è necessario precisare il rapporto che aveva con l’uso della violenza nella lotta politica. Perché una delle differenze fondamentali tra socialismo democratico e comunismo rivoluzionario è proprio la legittimità dell’utilizzo della violenza organizzata, che il primo nega e il secondo ammette.
Nel capitolo Matteotti l’anticomunista si legge: «Da par suo, Matteotti continua a guerreggiare contro Gramsci e compagni. Nel marzo del ’24, spiga che «il fascismo trova nel suo avversario, che gli somiglia, un naturale alleato. Se il Comunismo non ci fosse, il Fascismo lo inventerebbe, poiché esso è lo spettro di fronte al quale le classi medie e produttrici subiscono la violenza e la dittatura attuali. I due sistemi oligarchici si giustificano e si “tengono” a vicenda».
Funiciello ci mette davanti Giacomo Matteotti vivo con la sua fede socialista nel riformismo che è pensiero critico e prassi argomentativa che non fa sconti e inchioda gli avversari alle loro contraddizioni.
Per Matteotti il riformismo è una promessa da mantenere perché è impossibile da mantenere una volta per sempre.
Anche l’antifascismo per Matteotti è la reazione di un socialista riformista che vede annichilite, nel terrorismo fascista, e nel dispotismo mussoliniano, non solo la prospettiva socialista che gli è cara, ma anche la prassi liberaldemocratica e tutte le libertà costituzionali entro le quali ha accettato di collocarla.
Il libro di Antonio Funiciello è un documento prezioso perché racconta Giacomo Matteotti in vita e la sua lotta politica carica di idee e di passione.
«L’eredità di Matteotti, che cent’anni dopo il suo assassinio, vive oggi nella Costituzione repubblicana è quella del suo antifascismo legalitario a difesa della democrazia.
L’eredità perduta di Giacomo Matteotti è quella del suo socialismo riformista. Se la sua grande vittoria è l’affermazione dell’antifascismo costituzionale, la sua grande sconfitta è l’annichilimento della sua proposta politica».
A queste conclusioni giunge, con un po’ di amarezza e una dose massiccia di realismo, Funiciello alla fine del suo libro.
Matteotti non era un “pellegrino del nulla”, come scrisse Antonio Gramsci con disprezzo, ma un grande uomo che nella sua breve vita ha abbracciato l’idea socialista per un alto ideale di civiltà e di redenzione. Un grande italiano.