Emanuele Trevi, intervistato in occasione del Salone del Libro di Torino, è critico letterario, scrittore, giornalista di cultura e conduttore radiofonico. Il suo ultimo libro è “Qualcosa di scritto”, Ponte alle Grazie ed. la storia quasi vera di un incontro impossibile con Pier Paolo Pasolini.
Perché ha scelto di parlare di Pasolini?
Ho scelto di parlare di Pasolini perché era un uomo assolutamente inusuale nel panorama della cultura italiana, dotato di un’autenticità che è un suo carattere particolare e peculiare che ha una forza dirompente rispetto a quello che è un mondo di buone maniere che è quello della letteratura italiana, ma non solo, anche di quella francese, americana… Pasolini era un uomo che non nascondeva il proprio desiderio. In questo senso lo rendeva vero.
Lei è scrittore, giornalista, conduce programmi radiofonici; c’è un fil rouge tra queste professioni?
Va fatto tutto nella stessa maniera, credo molto in questo. Non credo nelle cose fatte con la mano sinistra, credo che bisogna sforzarsi di far assomigliare i mondi ai quali si partecipa.
Quindi lei è “affezionato” alla realtà, al vero?
Eh si, però è proprio il carattere delle cose che devono arrivare ad assomigliarsi. Io non penso che un articolo che scrivo sia meno importante di un libro; è più corto, più rapido ma non meno importante.
Una domanda sulla Grecia, siccome se ne parla nel libro. E’ stata la culla della democrazia ma attualmente ci sono problemi, difficoltà nel costituire il nuovo governo. Mi vuol dire qualcosa della Grecia?
Vede, questo mondo produce figure di imbecilli, politici manager, economisti che parassitano la struttura della realtà. Noi dovremmo liberarci di una decina di figure professionali che non servono a nulla. La Grecia è proprio un caso di mancanza di futuro artificiale, dovuto a semplici giochi economici senza nessun significato reale. E’ come un mondo non creato da nessuno. Le conseguenze economiche della crisi finanziaria sono insite nella crisi finanziaria stessa, ciò è un gioco assurdo che dovrebbe essere semplicemente abolito, cacciato dall’umanità. Il mio parere è che l’umanità si libererebbe proprio incendiando Wall Street. Non devono esistere le borse, allora esisterebbe un’economia reale, scambio produttivo di merci, di servizi.
Vuole dirci qualcosa sul libro “Qualcosa di scritto” (Ponte alle Grazie ed.)? Perché leggerlo?
Penso che sia abbastanza divertente, è la storia di un ragazzo che fa un apprendistato, le storie di apprendistato sono anche buffe, comiche, per cui, sì, un motivo può essere questo.