L’ElzeMìro – Algoritmi sul tema dell’anguilla

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Algoritmo, gran bella parola,

e dir non si sa la fine che avrà;

un calcolo, un bandolo; la spola

corre ed arriva là dove vorrà…

Nell’età delle sciocche certezze giovanili, per un anguilla intendiamo, tra valli d’acqua salata né di té né di mé, appunto sguazzava un’anguilla, per nulla curiosa di ieri, domani o di se finché, s’imbatté in un girino. Al vedere l’anguilla, la sua negra scucchia, il corpo di serpe mancata, il fare degli occhi da stupida, minacciosi perciò, il girino si sentì divorato; ebbe però il guizzo di guizzare indietro e lanciò un grido soffocato; gli strilli dei girini sono a loro misura e gridare, a pelo d’acqua o sotto, non è comune quanto nel deserto; Oh mari a me, implorava fuggendo, Un drago; e fuggendo sparì. L’anguilla fu tanto sorpresa da quel chiamarla drago che lasciò lì di inseguire a papparsi il girino, si fermò anzi a specchiarsi nella propria fantasia, la interrogò, si vide immensa e minacciosa, s’ammirò e si rispose, Un drago per l’appunto, un drago come solo i cinesi sanno immaginarne. Incurante dei pericoli che anche un quieto padùle può rivelare più che nascondere, l’anguilla si esercitava tra le canne a soffiare fiamme come ogni drago sa, senza successo ma fiduciosa che la costanza l’avrebbe premiata. Distratta così, finì di lenti e lónfi ambipèdi nella trappola, si stupì, s’indignò di tanto sfrontato ardimento. Aggrovigliata tra altre anguille, sargassi viventi nel condominio scomodo di un’affollata vasca, non perse il tempo per osservarle, non draghi, non mostri le sue sorelle lì intorno; Checché, si disse l’anguilla, Fatta non fui al viver d’una vasca; e di cozzo dando col muso nel vetro, vide riflessa d’appresso alla sua, una corolla di nere facce e sghignazzi, un drago invero, che la osservavano da dietro. Io, io sono un drago, strillò, frustando con la coda l’acqua per scacciarle, soffiando forte assai, convinta si capisce, che di sue fiamme l’ira fosse l’ora. Ma si sfinì, sfiatò, morì.  Allora, Ben le sta, schioccò con la propria una coda di parole serpentine la più anziana e imponente tra le anguille e, sfilando tra loro con ducale sussiego disse, Povera sciocca non sapeva, che io, io sono un drago; io 

… Se al forno oppure in tegame che cosa n’è stato 

della povera sciocca che perse il suo fiato?

E dell’altra la grande della vasca duchessa 

che cosa ne fu, fu fritta, impanata oppur lessa?

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Lev TolstojIl primo gradinoManca Editore

Margherita Hack Perché  sono vegetariana Edizioni dell’Altana

Pedro Domingos – L’algoritmo definitivo – Boringhieri

Peter Greenaway – Il cuoco, l’amante, sua moglie, il ladroBlue ray https://www.amazon.it/Cuoco-Ladro-Sua-Moglie-L’Amante/dp/B0082RHNL2

Umberto Veronesi – La scelta vegetarianaGiunti

Pasquale D'Ascola

P. E. G. D’Ascola Ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: Le rovine di Violetta, Idillio d’amore tra pastori, riscrittura quet’ultima della Beggar’s opera di John Gay, Auto sacramental e Il Circo delle fanciulle. Suoi due volumi di racconti, Bambino Arturo e I 25 racconti della signorina Conti, e i romanzi Cecchelin e Cyrano e Assedio ed Esilio, editato anche in spagnolo da Orizzonte atlantico. Sue anche due recenti sillogi liriche Funerali atipici e Ostensioni. Da molti anni scrive nella sezione L’ElzeMìro-Spazi di questa rivista  sezione nella quale da ultimo è apparsa la raccolta Dopomezzanotte ed è in corso di comparizione oggi, Mille+Infinito

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