A tu per tu con… Nicolai Lilin

E’ un venerdì mattina e io mi reco nello spazio culturale Kolima Contemporary Culture, luogo in cui abbiamo appuntamento con Nicolai Lilin per un’intervista. C’è agitazione nell’aria, un po’ perché sto per incontrare l’autore di due libri che mi hanno scosso nel profondo e un po’ perché è la prima “missione” non cibernetica del nostro blog…e, come si sa: chi ben comincia è a metà dell’opera!

Ascensore, corridoio, stanza-ufficio-salottino; l’atmosfera diventa subito familiare, ci presentiamo, ci sediamo e via con l’intervista. In mezz’ora di tempo dobbiamo chiarirci (e chiarirvi) le idee: ergo, poche chiacchiere e tante domande… Che nessuno si faccia scoraggiare dalla lunghezza dell’intervista, vi assicuro che è molto interessante e il tempo è volato. L’intervista è stata volutamente trascritta senza reinterpretare le parole dell’autore. Come alcuni di voi già sapranno Nicolai Lilin è uno scrittore russo di origine siberiana, nato nel 1980 a Bender, in Transnistria. Per tutte le note biografiche del caso, vi invito a fare un giro sul suo sito ufficiale www.nicolaililin.com dove troverete oltre ai romanzi, anche i suoi articoli apparsi su diverse riviste, la rassegna stampa e tutti i progetti e gli eventi che lo vedranno come protagonista e ideatore.

Quali sono state le difficoltà maggiori nel trascrivere i tuoi pensieri in parole? Hai organizzato prima cosa scrivere o scrivevi di getto?

Beh in realtà non avevo problemi di scrittura a livello strutturale: uno, perché non sono un vero scrittore, per cui non mi facevo troppi problemi. Scrivevo semplicemente quello che avevo da dire, da raccontare, così come parlo. L’unico problema era il tempo; perché ho scritto il mio primo libro nel tempo di due mesi, facendo altre cose…preferivo scrivere di notte, quando avevo più possibilità di concentrarmi.

Una domanda proprio su Educazione Siberiana, sui valori portati avanti dalla società in cui sei cresciuto. Secondo me alcuni erano valori proprio di educazione in generale, di formazione. Vivendo in Italia, hai riscontrato anche tu questa corrispondenza?

Ma si, sono valori normalissimi, umani, e lo capisce chiunque legge questo libro. Perché gli umani dappertutto sono uguali. C’è il proverbio italiano “tutto il mondo è paese”. E’ vero… La società dove sono nato io aveva tante diverse particolarità; era una società di resistenti politici, quindi persone che colpivano atti illegali per motivi ideologici. Quindi erano diffamati, chiamati criminali dagli altri e in alcuni momenti sono anche stati costretti a comportarsi come tali. Però all’interno esistevano ovviamente le loro regole. Ad esempio, nella mia comunità non si facevano i crimini contro un individuo, non si rubava, non si scippava, non si spacciava la droga, non si gestiva la prostituzione. Tutti i crimini si compivano contro il potere; il che voleva dire che si uccidevano persone al servizio del potere: poliziotti, militari..sovietici. E dall’altra parte eseguivano rapine alle banche e dei furgoni portavalori perché nell’Unione Sovietica tutto questo era proprietà dello Stato, il privato non esisteva nell’Unione Sovietica. Tant’è vero che quando è crollata l’Unione Sovietica, la nostra comunità ha smesso di esistere. Non c’era più il nemico..era una forma di resistenza contro una classe politica e contro i movimenti che il comunismo ha fatto all’interno della Siberia; esistevano anche quando c’era lo Zar, però almeno nell’antichità avevano comunque diritto alla loro terra. Ogni tanto i russi arrivavano, si scontravano, ma lo Zar non aveva abbastanza potere né voglia né necessità di spostare questa gente dal loro paese. Con il comunismo è tutto cambiato, era un sistema totalitario molto forte che ha cercato di cambiare totalmente la composizione del paese: mandava quelli del sud al nord e viceversa, hanno cercato di distruggere la comunità contadina. Gli serviva creare una nuova società di lavoratori per le fabbriche, per riempire le aree metropolitane. Per far questo bisognava togliere la gente dalla terra con la forza perché nessun contadino la abbandonava. Una persona cresciuta nella sua terra, dopo generazione, ha una certa cultura. Alcune comunità accettavano, altre no. Noi non abbiamo mai accettato, quando il comunismo ha smesso di esistere, la nostra comunità si è autoeliminata.

Mi ha colpito l’importanza data alle donne, ai disabili ( i voluti da Dio) e agli anziani; cosa che forse qui si è un po’ persa…

Persa perché viviamo in un mondo basato molto sul consumismo, che si basa sull’individualismo. Da una parte è giusto perché questo è il progresso della società democratica moderna; ognuno di noi è libero di essere sé stesso. Il concetto è importante, perché prima eravamo tutti una massa grigia. In Unione Sovietica disegnavano sui manifesti le masse grigie, qua ogni persona ha la possibilità di essere sé stessa, però dall’altra parte, ci sono delle cose negative: la mancanza di attaccamento alla comunità, si perde il senso della comunità. Bisogna trovare una via di mezzo: essere individui, ma capaci di stare insieme. Mi ricordo che quando è arrivata nel nostro paese la playstation, era estate, e io mi son trovato un giorno al fiume, dove normalmente eravamo una quarantina di ragazzini, da solo. E non capivo cos’era successo, perché non c’era nessuno a giocare; e poi quando sono andato a casa di amici ho scoperto che erano davanti alla playstation che giocavano. Quindi ho sentito fisicamente questo distacco degli individui dalla comunità, che non volevano più condividere con la comunità. La stessa cosa vale per le persone particolari all’interno della comunità, ad esempio i disabili. Qua in Italia comunque gli viene dato abbastanza spazio, ci son delle cose che si potrebbero criticare. Da noi era normale trattarli in questo modo (come viene raccontato nel libro, ndr) perché erano persone deboli e poi c’era un antico modo di credere che Dio mandava sulla terra il suo spirito, inserito nelle persone che lo portavano in sostanza pura. Loro credevano che Dio, o Allah, era sulla terra e, le persone per poter portare questo spirito puro, sono costrette a rinnegare una parte di capacità umana, per questo sono disabili. Poi ci sono altri Paesi, altre comunità in Russia, in cui li trattavano male.

Nel libro dici che per essere tatuati c’è un percorso da fare: dagli arti esterni, mani e piedi, verso l’interno, petto e schiena; e quindi si riesce ad averli completi verso i 40/50 anni. Tu continui a tatuarti?

Io continuo a fare tatuaggi, ma non mi tatuo più io perché non conosco nessuno che mi può tatuare. Non è che bisogna trovare qualcuno che con la macchinetta o in altro modo ti esegue il tatuaggio fisicamente; da noi il tatuaggio è soprattutto la relazione tra la persona e il tatuatore. Come tra prete e la persona che confessa, come tra due fratelli. Quindi la persona si affida e racconta, si fa conoscere, si crea un’amicizia profonda; io conosco talmente bene queste persone che uso le mie capacità e conoscenze di questa tradizione, per raccontare la sua storia sulla sua pelle. E’ questo il bello, perché poi l’esecuzione può essere fatta anche col cacciavite e non si capisce bene, ma non ha importanza; l’estetica non ha importanza. L’importante è cosa rappresenta e che relazione umana c’è dietro. Questa è la tradizione siberiana che faccio. Per questo continuo a farlo con gli altri, invece io non conosco nessuno che lo può fare a me; conoscevo Igor, in Germania, ma è morto. Quindi sono fermo.

Conosci altre società in cui il tatuaggio ha più o meno lo stesso valore?

No la stessa no. Conosco bene il tatuaggio latino (messicano) perché ne ho conosciuti molti, soprattutto di società criminali. Ma il discorso della nostra comunità è che non è proprio criminale. Loro criminali sono diventati dopo. Il concetto di crimine nasce nel momento in cui uno Stato dice ‘io sono lo Stato e tu sei fuori dalle mie regole’; ma queste persone, da noi, esistevano prima dell’arrivo del cristianesimo in Russia, prima dell’unione della Russia; sono loro che posso dire allo Stato: ‘sei tu il criminale! Venuto da me a rubarmi la terra, perché prima vivevo come uomo libero, poi tu sei arrivato, hai fatto la frontiera. Spari ai miei animali e ai miei figli se la attraversano e poi mi chiami pure criminale perché non voglio rispettare le tue cazzo di regole..e i passaporti e queste cose’. I mongoli della Mongolia, di cui ho tanti amici, non hanno il passaporto, ma non gli serve, non viaggiano, non fanno niente, migrano all’interno della loro terra. Fanno una vita diversa da quella che fa la maggior parte del mondo e quindi non hanno bisogno del sistema, e spesso anche loro vengono chiamati criminali. Il concetto di criminale nasce con lo Stato, che può essere uno stato giusto, come il nostro italiano, una democrazia. Però qui la criminalità è diversa, sono degli stronzi, che a volte sono in contatto col nostro governo, sono mafiosi e fanno crimini contro di noi per guadagnare soldi, non hanno un movente ideologico, gli interssano solo i soldi. Questa gente andrebbe eliminata, perché chi commette crimini contro il proprio popolo avendo come movente i soldi non cambierà mai idea. Come con Hitler, o costretti al suicidio o eliminati, perché vogliono solo il potere. Qua in occidente hanno iniziato a tatuarsi; negli anni ’60 dicevano ‘ah si è tatuato in carcere, è un criminale..’ Ho conosciuto persone con tatuaggi napoletani, ma a livello di asilo, non hanno un significato profondo. A parte che son pieni di disegni dispregiativi, cose che nella mia tradizioni non si sarebbero mai potute disegnare: corpi nudi di donna, frasi con offese a Dio…e poi banali. Adesso anche in Russia è pieno di questi tatuaggi. All’inizio del secolo, quando i comunisti hanno avvicinato al loro giro i criminali più “moderni”, hanno creato caste, come la più grande, Seme Nero, creata dal kgb. Questi sfruttano i loro tatuaggi, hanno una grande tradizione di cui parlano tutti, i giornalisti americani vanno e li filmano nelle carceri, ma in realtà dietro non c’è nessun significato, lo usano come una divisa militare coi gradi e le medagliette. Il tatuaggio siberiano, invece, è come un alfabeto e i segni insieme formano proprio delle frasi, portano dei messaggi. Ma a me non interessa ricevere messaggi da persone che non hanno né etica né morale e infatti non portano nessun messaggio. Questi violentano, sono contro gli altri… Bisogna essere uomini, peni di passioni, conoscere le regole di Dio e della società umana, seguire delle vie di mezzo, in questo modo si arriva a capire diverse culture. Poi ora mi vedi in maglietta perché son qua con amici, ma in pubblico non mi faccio neanche fotografare le braccia. Solo se serve per il film o così, non serve mettersi in mostra come fanno alcuni spingendo sul tatuaggio per impressionare ‘siamo brutti e cattivi e vi spaventiamo’. Questa è una parte intima di una persona.

Da cosa nasce lo spazio culturale Kolima?

Avevo parecchie esperienze nel mondo dell’arte e della cultura italiane, ho fatto parte dell’associazione culturale LIBRE di Torino (www.libreidee.org), molto grande. Abbiamo organizzato un sacco di eventi molto interessanti, per i giovani anche, concerti, eventi sportivi e poi è diventato il mio ambito lavorativo. E quando ho cominciato a scrivere, ho girato l’Europa, il mondo e ho presentato il mio libro e ho scoperto diverse situazioni culturali e come vengono gestite nei diversi Paesi. La cosa che mi è piaciuta di molti paesi avanzati e che mi sembrava mancasse in Italia, sono spazi di aggregazione vera. Non i circoli Arci o così, di destra o sinistra in cui entri solo se hai certe idee politiche, ma circoli dove possono unirsi i giovani. Son stato molto colpito da un circolo che ho visto in Norvegia; era un festival di letteratura gestito da giovani, tutti ragazzi sotto i 18 anni, incredibile! Il governo gli dava il denaro e una parte di soldi la ottenevano da sponsor privati. E’ interessante quando i giovani imparano a 16/17 anni ad andare negli uffici, a bussare alle porte, a scrivere documenti, chiedere denaro, a preparare progetti. Ho visto ragazzi che a 18 anni sono pronti, sono dirigenti, sanno già come si muove il mondo. Qua in Italia, i nostri 18enni, oltre a spacciare cocaina a Napoli, oltre a fare cazzate in Sicilia, lavorare dai loro genitori e allevare maiali in Piemonte, non sanno fare. Si ammazzano in macchina, fanno casino, sono contro tutto, sono individualisti, consumatori come nessuno in Europa. Consumiamo in modo vergognoso noi. E ho capito che ci manca proprio questo, un campo in cui i giovani possono provare diverse cose. Un ragazzo piemontese giustamente lavora e aiuta i genitori ad allevare maiali, ma non vuol dire che questo debba diventare per forza il suo futuro, ha diritto di provare altro. Magari gli piace lavorare in teatro, magari diventa uno dei più grandi registi teatrali del mondo, un secondo Fellini o un secondo Michelangelo. Il problema principale in Italia è che ci sono troppe lobby dei vecchi; in Italia è tutto gestito dai vecchi, anche la cultura, l’arte, il cinema, la tv…e un giovane, anche se bravo e creativo, non entra…

Eh si, è quello che cerchiamo di fare nel nostro paesino…. 

Si ma è giusto, i giovani devono fare una rivolta in Italia. Adesso qui abbiamo un problema generazionale: perché la generazione degli anni ’70 si è staccata dai vecchi, non ascoltavano i vecchi, facevano tutto loro, han fatto la rivoluzione e poi un sacco di cazzate, anche il terrorismo, son stati sfruttati da tutti, hanno danneggiato la situazione politica, ma sia a destra che a sinistra. Alla fine questi figli sono nati già senza la cultura del contatto coi vecchi, perché questi figli si erano staccati dai genitori e quindi abbiamo avuto generazioni che hanno iniziato a fare tutto loro, ‘siamo i migliori, i più intelligenti’ e i vecchi han detto ‘bene, siete migliori?! Allora fate voi e noi continuiamo a far le nostre cose’. Per questo adesso in Italia, anche se sei bravo, non entri da nessuna parte; ti serve sempre un qualche appoggio, anche in università..

…siamo il paese della raccomandazione…

Si ma quella funziona dappertutto. Da una parte è giusta, perché se lavoro bene e seriamente e dedico la mia vita a qualcosa e mi arriva una persona sconosciuta è ovvio che mi preoccupo di sapere chi è, perché..per cui se un mio amico mi chiama e mi dice ‘ guarda c’è una persona veramente capace’ e me la raccomanda in questo modo, allora va bene. Quando, invece, è un imbecille che non ha studiato e non è capace, prende un posto che altre 30 persone meritano perché hanno studiato e si sono sbattute, e l’imbecille gli frega il posto perché suo papà è un Ministro o qualcun altro.. beh questi son tutti mafiosi; dovrebbero stare in carcere per cambiare la loro mentalità. Guarda, gli bastano 5 anni, con i criminali più seri, le prendono, cominciano a parlare e capiscono che la vita non è semplice e la smettono coi pensieri speculativi. Per cui questo spazio nasce innanzitutto come spazio che crea una piattaforma per i giovani. Ma non solo, dico giovani, ma non pensare che sia solo per quindicenni, anche persone di 50 anni possono venire. Vengono persone che vogliono impegnarsi nella musica, nella letteratura, teatro, arte…qua si unisce tutto e hanno la possibilità di farlo. Adesso siamo partiti con la prima mostra, legata alla mia attività, perché come prima mostra abbiamo dato una spinta legata al mio nome; anche perché nel mio piccolo è l’unica cosa che posso fare. Mi sono agganciato a 5 diversi artisti; son persone che magari non esporrebbero mai, ma adesso sono qua a Milano, magari avranno un catalogo, gireranno l’Europa perché questa mostra promette bene. Questo è il loro primo passo e io sono contento. All’interno della mostra ci saranno concerti, letture, presentazioni di libri, rappresentazioni teatrali..c’è la vita culturale…con persone che non fanno parte di lobby, sono amici, basta…

Se qualcuno ti dovesse chiedere ‘che mestiere fai?’, tu cosa diresti? Tatuatore, scrittore, artista…..

Un po’ come Leonardo Da Vinci, che era famoso per essere un pittore geniale e tanto altro, ma si presentava come costruttore d’armi. Io sono più o meno così, faccio un po’ di tutto; non sono un vero scrittore perché non ho mai studiato per diventarlo e non ho mai avuto questa ambizione. Ho scritto due libri e continuo a scrivere, mi son trovato ad essere scrittore; ma così tu pensi che sto tutto il giorno a scrivere..no! Faccio tatuaggi, disegni, lavoro con diversi musicisti, scrivo testi di canzoni, faccio cose legate alla mia attività precedente. Ho fatto il militare quindi ho gestito i corsi di difesa, insegno l’educazione militare ai giovani, che secondo me manca. L’educazione militare, di questi tempi, è molto importante, è come un movimento che unisce. Voi immaginate un’unica categoria di persone che al Nord non fanno parte della Lega sono gli Alpini. Perché gli Alpini, quando hanno fatto il militare, erano tutti insieme, hanno imparato il cameratismo, condividevano con ragazzi di Trapani, di Roma, della Puglia, e quindi hanno rispetto e lo sanno che l’unione fa la forza. Invece chi vuole dividere gioca sull’ignoranza delle persone e sulla mancanza di momenti che ci uniscono. Noi siamo un Paese molto compromesso, dobbiamo per forza creare qualcosa che unisce; e da parte mia, io ho creato questi corsi paramilitari dove insegno ai giovani, attraverso la fatica, il pericolo, il contatto diretto con la natura, la sopravvivenza..che poi si dice corsi paramilitari e sparo, ma in realtà insegno ad andare nei boschi, a camminare in montagna, anche a sparare, a conoscere le armi, ma soprattutto cameratismo, stare insieme, rispettarsi l’un l’altro, condividere valori che poi son gli stessi valori per tutti. Al di fuori di preferenza politica, destra o sinistra; io dico ‘se volete star fuori 5 ore con me, dovete dimenticare tutto. Siete umani fatti di carne e ossa, punto e basta. Rispetto, fratellanza, onore, patria, questi sono i nostri valori.’ Faccio questo… Poi sto costruendo un coltello per il film, una serie di coltelli sul film che sta uscendo, sul mio primo libro. Lo farà Salvatores con Universal Pictures e Cattleya e quindi stiamo preparando una serie di lavori, oggetti che non si trovano più, quindi vanno per forza ricostruiti. Anche queste icone, si trovano difficilmente… Facciamo un sacco di cose..Mi occupo anche un po’ di geopolitica, faccio consulenza a diverse strutture, perché ho fatto parte dell’antiterrorismo in Russia, nella guerra in Cecenia..ho visto 5 conflitti, son stato nei servizi privati. Faccio consulenze alla polizia e ai carabinieri.

Tutto in una persona sola…sembra che hai vissuto più vite...

Eh è così..tu immagina, io sono nato in un Paese che non era mio, perché ci insegnavano che non era nostro, non era la mia patria. Ho vissuto tutta la mia vita come nomade, ho vissuto tutto girando. E girando, fai cose in un anno come se fossero quindici vivendo nello stesso posto. Adesso sono legato all’Italia, è diventata la mia patria quando mi sono comprato la casa. E’ nato un sentimento forte di rispetto verso questa terra. La costituzione italiana è una cosa bellissima! Noi in Italia abbiamo cose di cui neanche ci rendiamo conto.

Secondo le indiscrezioni, il terzo libro uscirà a ottobre. Nel frattempo consiglio vivamente di fare un giro alla mostra “Il tatuaggio siberiano | Ritorno alle origini” nello spazio Kolima Contemporary Culture, via Piranesi, 10, Milano. (dal centro: M2 fino a Piola, poi la 90 fino a Porta Vittoria; oppure passante S1 fino a Porta Vittoria). Troverete ad aspettarvi numerose storie raccontate da simboli e immagini, alcune sculture e quattro grandi icone pronte a vegliare su di voi. Per qualsiasi informazione andate sul sito www.kolima.it. E buttate sempre un occhio ai trailer dei film in uscita, perché da un momento all’altro potrebbe spuntare Salvatores con Educazione Siberiana. Sul nostro sito, sono presenti le recensioni dei due romanzi di Nicolai Lilin.

Ringraziamo ancora Nicolai e ringraziamo voi lettori che ci seguite sempre e diventate sempre più numerosi… per questo: stay tuned on www.gliamantideilibri.it.

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