Autrice di successo, nuovo gioiello della casa editrice Salani, Samantha Shannon è stata nello scorso mese di marzo al salone del libro di Bologna, evento dedicato alla narrativa Fantasy e alla produzione per Ragazzi. Gabriele Scandolaro l’ha intervistata per voi.
Partiamo da lei. Come e quando nasce la sua esperienza come scrittrice?
Fin da piccola ho desiderato fare la scrittrice. Già a tredici anni sognavo di scrivere un libro e sognavo di poterlo pubblicare, ma se devo essere sincera il mio sogno parte da molto, molto più in là. Già a nove anni scrivevo storie brevi e pensavo che era magnifico che esistessero molti libri in giro e che se esistevano tante storie qualcuno le aveva scritte e io avrei voluto essere come loro.
La “Stagione della Falce” si è rivelato un libro eccezionale. Quando è nata la storia di questo libro?
Non molto tempo fa. Ho svolto per un certo periodo un lavoro presso il quartiere Seventh Dials (dove è ambientata la storia ndr), vicino a Covent Garder. Uscendo per la pausa pranzo mi imbattevo sempre in un piccolo negozio che vendeva oggetti di esoterismo, pietre, sfere di cristallo, amuleti. Qualcosa in quel negozio mi ha attratta. Quando ho iniziato a immaginarmi l’idea di una società segreta di chiaroveggenti ho pensato di unirla a una precedente storia che avevo abbozzato, che parlava appunto di una razza di creature sovrannaturali che volevano governare il mondo. Il titolo poi è tratto da un episodio della serie “The Bones”, che mi aveva affascinato.
Mi ha subito colpito una cosa ovvero l’idea che i veggenti, quindi persone speciali dotate di poteri speciali, fossero delle vittime in questa storia. Perché questa scelta? Perché non trasformarli in cacciatori di demoni?
L’idea di trasformare i veggenti in vittime mi è nata fin da subito. Dopo aver pensato a una “società segreta” dei veggenti mi sono chiesta se esistessero altri libri che avessero già trattato dell’argomento o che avessero presentato un soggetto simile e, con mia grande sorpresa, non ne ho trovati. Inoltre mi affascinava l’idea di creare una classificazione dei veggenti e delle loro particolarità. Ho svolto molti studi e molte ricerche partendo dalle società primitive per poi arrivare all’epoca vittoriana e ai giorni nostri e così ho classificato i vari tipi di veggenti che sono emersi nel corso dei secoli nelle varie culture. Non ho pensato a ribaltare l’idea di chiaroveggenti come carnefici perché nell’immaginario comune, il veggente è qualcuno che impone un certo grado di paura. Ha poteri particolari, può mettersi in contatto con i morti e utilizzarli e questo crea in noi che non abbiamo poteri una certa soggezione. Dargli altro potere non avrebbe creato nulla di innovativo. Ho anche pensato che era molto intrigante se i Refraim si potessero cibare proprio di ciò che ci spaventa ovvero del potere dei veggenti.
Nel suo libro i veggenti sono costretti a vivere in un mondo oscuro, cupo, dominato da una società orwelliana, crudele. C’è una ragione per questo pessimismo sulla società futura?
No, nessun pessimismo. Qualsiasi libro di letteratura distopica tu legga ha come costante una società dominante dai connotati cupi e tetri. Io ho voluto scrivere un Fantasy distopico quindi qualsiasi tipo di previsione su quella che potrebbe essere una società del futuro non ha assolutamente senso. L’idea di fondo sulla quale ho voluto lavorare è stata mostrare come il passato influenzi il presente. Poi, certo, si possono trovare anche alcune tematiche attuali come la paura che molti oggi hanno dell’eccessivo controllo oppure la fobia per i complotti governativi, ma non era questo il mio scopo. Volevo solo mostrare come il passato ci influenza sempre e sia per noi impossibile leggere il presente se non conosciamo ciò che ci sta alle spalle.
C’è stato un personaggio in particolare che l’ ha “impegnata” nella sua costruzione?
Nessun personaggio ha richiesto più sforzi di quello che meritava. Certo ho lavorato molto più intensamente sui tre grandi protagonisti, Paige, il Decano e Jaxson, ma non ho tralasciato gli altri. Inoltre non ho voluto apposta sviluppare la relazione tra il Decano e Paige apposta, ho ritenuto opportuno lasciare che rimanesse così, in modo che potesse maturare col tempo.
Una curiosità: le due razze dei démoni, I Refraim e gli Emim, da dove vengono?
Entrambe le razze vengono dalla mitologia ebraica. Emim in ebraico significa appunto “I maledetti”. Entrambe le razze vengono descritte come dei giganti terribili… io mi sono concessa molte libertà. Ho deciso di trasformare gli Emim nell’incarnazione delle nostre paure più profonde, nell’idea del disgusto, dell’orrore e della decomposizione. Alla fine gli Emim non possono sopravvivere se non si nutrono proprio perché sono in continuo stato di decomposizione. Per i Refraim invece è diverso. Li ho visti più come delle creature semidivine dotate di immortalità.
Una domanda personale: come si è sentita quando le hanno comunicato che avrebbero pubblicato il suo libro? Quando ha sentito che il suo sogno era realtà, che era un’autrice e per giunta di successo?
Sinceramente? È stato scioccante. Felicemente scioccante, non credo di averlo realizzato nemmeno ora, anche perchè mai mi sarei aspettata di avere un’agente, figuriamoci una casa editrice. Sono sconvolta, sì felicemente sconvolta.
Quale consiglio si sentirebbe di dare ai giovani scrittori?
Non arrendetevi. È difficile lo so. Io stessa sono stata rifiutata tante volte, il mercato è molto duro, ma non mi sono mai arresa. Se avete un sogno portatelo avanti perché prima o poi, se viene coltivato, si realizzerà.
Quali libri l’hanno ispirata o influenzata nella scrittura di “La stagione della Falce”?
Di sicuro il testo I racconti dell’ancella di Margaret Atwood ma anche Arancia meccanica di Anthony Burgess. Il libro di Burgess mi ha colpito specie per la lingua. In “Arancia meccanica” lui ha creato un vero e proprio linguaggio alternativo, uno slang che ho tentato di riprodurre all’interno dell’ambiente della cosca e della città di Oxford. Inoltre consiglierei i libri delle sorelle Brönte.
C’è qualcuno a cui è particolarmente grata?
Sicuramente a mia madre, che mi è stata molto vicina e mi ha incoraggiato a scrivere. Ma non posso dimenticare i miei amici in università che mi sono rimasti accanto e mi hanno sostenuto e che hanno mantenuto il loro affetto nei miei confronti anche se io non volevo uscire perché troppo impegnata a leggere. Sono particolarmente grata anche alla mia agente che ha creduto in me e nel mio particolarissimo libro e alla mia editor che ne ha fatto qualcosa che non mi sarei mai aspettata.
Questa intervista è stata resa possibile anche grazie alla gentile collaborazione di Giuditta de Concini, interprete di grande bravura ed enorme talento.