Inge Feltrinelli ha conquistato il pubblico del Premio Chiara con l’energia e l’entusiasmo dei suoi 84 anni, dedicati in gran parte all’attività editoriale “ereditata” dal marito Giangiacomo Feltrinelli scomparso in circostanze tragiche nel1972.
Abbiamo scoperto gli scatti che fanno parte del suo libro “Conquistare il mondo con le fotografie” edito da Steidl con prefazione di Natalia Aspesi e oggetto di una mostra a Villa Recalcati. Un viaggio in un’epoca favolosa, quella degli anni ’50, Inge ha immortalato nelle sue immagini.
Come è nata l’idea di questo libro?
E’ stato un regalo di mio figlio Carlo, che ha riportato alla luce un periodo molto importante della mia vita.
Che cosa è importante per scattare una buona fotografia?
Come diceva Cartier Bresson la cosa più importante è cogliere il momento decisivo. Non è necessario che una fotografia sia tecnicamente ben riuscita, l’importante è cogliere l’attimo, l’istante denso di comunicazione e sentimento.
Negli anni successivi le è mai mancato qualcosa di quel periodo?
Non mi è mancato niente perché ho lasciato tutto per occuparmi di editoria come partner di Giangiacomo Feltrinelli. Non sarebbe stato possibile conciliare le due cose: una vita intensa di fotoreporter disturba l’intensità di autori e libri e per me è più importante quest’ultima. Le fotografie non mi interessano più da tempo, ma questo libro è stato un modo per raccogliere momenti a cui sono affezionata come il reportage su Hemingway. Mi ha reso famosa e ha anticipato la mia futura professione!
Il Premio Chiara è l’unico importante premio italiano rivolto agli autori di racconti, un genere non molto apprezzato dal mercato italiano…
Malauguratamente in Italia non è semplice vendere libri di racconti, sono una tradizione anglosassone che qui ha sempre fatto fatica a esprimersi.
In generale comunque il mercato letterario italiano versa in gravi difficoltà. Cosa serve oggi per dare nuovo stimolo?
Il primo aspetto importante da considerare è che non ci sono tanti talenti, purtroppo! Poi sicuramente ci vuole un’educazione letteraria a scuola molto diversa da quella che è stata impostata sinora. I programmi ministeriali propongono libri spesso noiosi, sempre uguali da anni e la gente, una volta lasciata la scuola non legge più neanche un libro.
Qual è l’impegno in questo senso del vostro gruppo editoriale?
Nelle nostre 110 librerie ci lavorano tanti giovani e facciamo più di 3000 eventi l’anno. Siamo quasi un “ministero della cultura”, in quanto il nostro è un vero e proprio piano organico di promozione dei libri e non riceviamo alcuna sovvenzione.
Che ruolo possono avere le manifestazioni come il Festival del Racconto?
Il Premio ha una lunga storia ormai ed è molto importante per la città di Varese avere promotori come Bambi Lazzati, che divulgano con passione la cultura e la tradizione di una provincia. Ci vogliono persone che si impegnano in quest’opera di conoscenza e diffusione.
Che messaggio vuole dare ai nostri lettori “Amanti dei libri”?
A loro dico di entrare in libreria e toccare, annusare ancora i libri cartacei. Una libreria è piena di sorprese, di stimoli e difficilmente quando si entra per comprare qualcosa si esce acquistando solo quello che si era pensato.Un tascabile costa meno di una pizza quindi il problema non è solo economico… la cultura va riscoperta!