La bellezza sconvolgente, destabilizzante della poesia si può portare alla radio?
Sì, per due motivi: innanzitutto se come ha affermato la poetessa Irene Santori, venerdì 13 maggio al Salone del libro di Torino, la radio è «spazio privilegiato per la poesia», perché, come il poeta e la sua creazione, è incompatibile col silenzio: infatti, il compito del poeta, la sua essenza è proprio «depredare dal silenzio» e prendere e dare una parola al mondo, così anche la radio è poesia poiché toglie l’immagine, cioè ciò che rende efficace la rappresentazione: in questo senso la radio diviene «dimensione veritativa del linguaggio poetico: poiché è in assenza di vista che si dà la visione». A questo punto, diventa fondamentale parlare del rapporto, già presente nella letteratura arcaica, tra cecità e oralità: come non ricordarsi di Omero, cantore cieco secondo l’etimologia, e degli aedi? La radio è quindi mezzo prepotentemente poetico, poiché è entità poetica.
Il secondo motivo lo ritroviamo nella ritrosia della poesia ad essere associata a una qualche forma di “spendibilità”: la poesia infatti non possiamo pensarla in termini di mercato. A questo proposito, Davide Rondoni, poeta e scrittore, non ha mai smesso di affermare che la poesia «non fa fatica a esistere o ad arrivare alla gente», poiché non esiste solo in quanto libri venduti, ma si misura in ascolti. Una poesia che non non vive secondo le regole di mercato, poiché, almeno per lei, «non c’è una legge di domanda-offerta».
Quindi, la radio, nel caso specifico Radio Rai 3 e il suo programma Fahrenheit, che veicola «libri e idee», sono tra i modi necessari per far incontrare la poesia in luoghi inaspettati.