Questa mattina mi sono svegliata pensando che tra pochi giorni compio 41 anni. Quindi, voi capirete, non mi sono svegliata bene. E se avessi avuto un po’ di amor proprio non sarei andata dritta dritta davanti allo specchio. Ma, si sa, volersi bene è una delle cose più difficili da conquistare nella vita. Io ci sto ancora provando.E lo so, come lo sapete anche voi, che tutto dipende dall’immagine che noi vediamo riflessa in quel maledetto specchio. Il modo in cui noi decidiamo di vederci, cambia la percezione che gli altri hanno di noi. Se ti vedi bella, il mondo farà altrettanto. Ma quella mattina, io ero lontana anni luce da tutto ciò, e non solo quella mattina, purtroppo. In fondo, se andate a cercare la parola “bellezza” su Wikipedia, che per me ormai è diventato il Sacro Graal, potete leggere: “è una qualità delle cose percepite che suscitano sensazioni piacevoli che attribuiamo a concetti, oggetti, animali o persone nell’universo osservato…”E ancora: “Bellezza e gusto dell’osservatore sembrano termini inscindibili, in quanto concepire una bellezza indipendente da un qualche osservatore che stia lì per goderla, equivale a pensare ad un dipinto bellissimo dimenticato in una cassaforte da decenni”.
Sorvolando sulla questione della bellezza oggettiva e soggettiva o sul concetto di canone estetico, di cui ne abbiamo piene le scatole, quello che salta subito agli occhi è che un oggetto, un’opera d’arte, una persona per essere definita bella deve rispondere a certi requisiti che l’osservatore riconosce. Su questo sarete d’accordo tutti, o no?
In questo contesto, come si colloca la bellezza interiore? O meglio, come facciamo a riconoscerci belle davanti allo specchio, come per esempio io questa mattina, se la bellezza non la vedo?
Mi spiego meglio. Se è interiore vuol dire che sta dentro, e probabilmente bisogna scavare, come per il dipinto nella cassaforte.Allora perché qualcuno dovrebbe desiderare ciò che non può vedere?
Ci avete mai fatto caso che le favole che ci raccontavano da bambine non iniziavano mai con: c’era una volta una bambina un po’ bruttina ma tanto buona e bella dentro? Cenerentola è bionda, occhi azzurri e anche se indossa uno straccio e vive in una soffitta infestata di simpatici topolini con cui ama conversare rimane pur sempre una gran bella ragazza. Ma è anche bella dentro? Diciamo che al principe non interessa scoprirlo e anche noi non lo sapremo mai. La questione, però, riguarda prevalentemente le donne. Per l’uomo, invece, vale tutt’altro discorso. Questo perché noi donne riusciamo sempre a trovarla la bellezza interiore nell’uomo di cui ci innamoriamo, piuttosto scardiniamo la cassaforte. Ha la pancia? È un tenerone. Ha il capello brizzolato? È affascinante. Ha cinquant’anni? È maturo. L’uomo brutto è “un tipo”, per la donna non c’è scampo: se è brutta è brutta e basta. Ha la pancia? È una cicciona. Ha i capelli sale e pepe? È vecchia. Se poi ha superato i quaranta, come sta succedendo a me, deve sottoporsi ad estenuanti ore in palestra o sul lettino del chirurgo per cercare di somigliare alla protagonista di Hight School Musical, che peraltro ha sedici anni. Io però non ci penso proprio, mi viene il fiatone al solo pensiero. Divento brachicardica solo se faccio le scale di casa… La donna deve plasmarsi, gonfiarsi o sgonfiarsi (a seconda delle esigenze) per raggiungere la forma perfetta. Ecco perché Cenerentola è bella ed ecco perché ne La Bella e la Bestia è la ragazza che si innamora dell’uomo trasformato in mostro da un incantesimo, non il contrario.
Eccomi a fare tutte queste considerazioni davanti allo specchio, il vero nemico di noi donne.
E a un passo da giro di boa, traggo le mie conclusioni. La storia della bellezza interiore è una grande truffa. Io stessa ero convinta di essere bella dentro e che prima o poi qualcuno se ne sarebbe accorto. Ora dovevo arrendermi all’evidenza.
In fondo anche il brutto anatroccolo alla fine diventa cigno, mica rimane anatroccolo!
Chiara Moscardelli, romana, quarant’anni, vive a Milano. Il suo romanzo d’esordio, Volevo essere una gatta morta (Einaudi Stile Libero, 2011), ha ottenuto un grande successo di pubblico ed è oggetto di un tenace culto, soprattutto tra i lettori della rete. Nel 2013 ha pubblicato, sempre per Einaudi Stile Libero, La vita non è un film (ma a volte ci somiglia).