Titolo: Mamma Miriam
Autore: Masal Pas Bagdadi
Casa editrice: Bompiani
Genere: diario narrativo intimo
Anno di pubblicazione: 2013
Numero di pagine: 177
Prezzo di copertina: E. 9
“Nel kibbutz, quando ero piccola, ho sofferto molto per l’assenza dei miei genitori, mi sentivo diversa dagli altri bambini che godevano della sicurezza affettiva dei loro cari, fino all’adolescenza ho avuto molti complessi per la mia provenienza arabo-orientale anche se ho cercato in tutti i modi di non darlo a vedere”.
Ci sono vite straordinarie che portano con loro la forza dell’esempio. Nel mondo globalizzato, che impone a tutti un’individualità dai contorni poco netti, storie del genere hanno un valore pedagogico. A queste caratteristiche risponde Mamma Miriam della scrittrice ebraica, nata in Siria a Damasco, Masal Pas Bagdadi. Meglio conosciuta in Italia per la sua attività di psicoterapeuta e in qualità di fondatrice del Centro giochi di Masal, Bagdadi opera con i bambini. Questo libro va considerato come un viaggio narrativo intimo, in cui la scrittrice ha appuntato i momenti salienti dei convegni cui ha preso parte.
Al centro dell’opera l’autrice pone la figura di sua madre Miriam, lo sfondo è tanto la Siria, da cui Masal fuggì da bambina a causa delle persecuzioni etniche, quanto il kibbutz, una sorta di comune nata in Israele in cui vige l’egualitarismo e la condivisione della proprietà. Il libro è un viaggio in un mondo per molti sconosciuto. La famiglia, incarnata nella figura di mamma Miriam, donna autorevole ma dolce, e il kibbutz, luogo in cui la coscienza dell’autrice si forma, compongono questo libro dalle tante atmosfere, in cui l’individuo può penetrare con molta facilità.
La scrittura, semplice e senza fronzoli, aiuta il lettore “occidentale” a comprendere aspetti lontani dalla sua cultura, ma collocabili anche nel suo modo di vivere. Soprattutto per i lettori del Sud Italia sarà facile cogliere nella famiglia di Masal e nell’egualitarismo del kibbutz, certe consuetudine proprie delle famiglie contadine del Mezzogiorno.
Di primo acchito il libro potrà sembrare poco originale. L’idea di fondo, però, viene abilmente sviluppata ed emerge in tutta la sua forza pagina dopo pagina. Masal, infatti, dà ai suoi ricordi una nuova luce. Li riscatta dalla dimensione negativa attribuendo la capacità di aver contribuito ad edificare un carattere aperto e sensibile. Che questo processo sia avvenuto Masal lo dimostra quando parla della sua attività di psicoterapeuta o del rapporto con i suoi lettori. Certamente questa “conversione” viene intuita ma mai esplicitata dall’autrice nè vi è stato nelle sue intenzioni alcun intento di scrivere un’opera auto-celebrativa.
Bagdadi, insomma, fa della scrittura uno strumento terapeutico e si lascia leggere con semplicità e ammirazione.