Da quando per passa-parola, come una corrente nel golfo di mammine-care, si era diffusa nel condo la favola del brutto anatroccolo ecco, Brutto anatroccolo brutto anatroccolo, schiamazzavano in coro i bimbi condominiali, felici soltanto di aver scoperto che nel gran teatro del mondo esistono i ruoli del bello e del brutto anatroccolo, del cane e della pallina e dai che lo inseguivano su e giù per le scale e nei corridoi, nei sotterranei e fuori nell’ampia-area-verde… ma che, vi domanderete ma chi inseguivano: la pallina, cioè un bambino come loro più o meno benché come loro non proprio, ovvero il brutto anatroccolo, e bah. Le mammine-care, ciascuna a sua modo, sono per natura predisposte a vedere una dotazione angelica nei propri bambini-cari, senza escludere per pregiudizio gli altrui con dei glapissanti, Che carino sensibile dolce e ben educato, ma, per moto contrario, una sorta di circolare condominiale, non scritta ma percepita per tale, concordava nel ritenere il bambino Demetrio, improvvisato brutto anatroccolo e unico figlio di Eva L*** la veterinaria dell’ottavo piano, scala C, nel ritenerlo un orrido mostro, oltre che per le orecchie a sventola, per le labbra da diva rifatta e la peluria diffusa sul volto, e per lo strabicante occhio destro, persino pel nome, che, dicevano tra loro, Fa un po’ patriarca di quei con la barba piena di briciole o vermetti di prosciutto, ossia a ben vedere anticamera dell’orco, o pus che matura nel foruncolo. Laonde da evitare.
Demetrio da subito, da prima della faccenda brutto anatroccolo, aveva il vizio di strisciare muro muro e i suoi pulloveri e camicie avevano le maniche, a destra e sinistra, segnate da tutto quello strascinarsi e strusciare, anche a scuola, gli occhi fissi a terra, le mani in tasca, le spalle tutt’uno con il collo; gli mancava giusto uno stagno per esercitarsi ad un futuro di cigno… ma quanto alla sua mammina-cara, la veterinaria Eva L*** dell’ottavo piano scala C, che domani potesse essere fiera di lui non era nemmeno un’ipotesi; mammina-cara fin dai suoi di lui primi vagiti aveva preso a guardare Demetrio come un erpetòlogo osserverebbe in trasparenza l’uovo di un cobra reale… ogni giorno si aspettava di rientrare in casa dal suo ingrato lavoro al macello comunale e di trovarselo ritto su una sedia le orecchie dilatate come il cappuccio di quel serpente, la lingua fuori dalle fauci spalancate e pronte all’attacco. La dottoressa Eva, a dispetto della triste occupazione, è una zoologa per vocazione e sentimenti; dacché il padre-caro di Demetrio se n’era andato mal sopportando l’idea di vedere crescere Demetrio, era rimasta per dovere scientifico e senza illusioni circa la propria capacità educativa: senza rimedio, Demetrio demoliva in casa tutto ciò che ancora non poteva devastare fuori; improvvisando senza furia e con metodo, prediligendo il parco giocattoli accumulato da 0 a 7 anni, ma ora con la storia del brutto anatroccolo i suoi bersagli avevano superato i confini del proprio a sfavore dell’altrui, tazze e bicchieri, qualche abito rimasto del babbino-caro – e in fondo lo si può capire – che a morsi aveva ridotti in pezzi minuti. L’attacco all’oggetto avveniva di sorpresa: mangiando i suoi corn flakes per esempio, non di rado ne ribaltava la tazza sul tavolo, lasciandosi osservare il latte che dilagava sul piano e per terra, sui pantaloni e le scarpe e meglio se mammina-cara avesse lasciato per caso la tovaglia pulita della sera anteriore.
Non aveva ancora sentito parlare del segno di Caino Demetrio e d’altronde della Bibbia non era prevista la lettura casalinga, ma egualmente egli si ritroverebbe senz’altro nel ritrattino che quel libro fa del più prossimo all’assassino per vocazione, benché senza fratelli da immolare. Con una innata propensione all’assalto immotivato, alla spinta giù dal marciapiede che definiscono ma non spiegano né giustificano un carattere difficile, sempre in guardia e pronto al calcio, Demetrio, il brutto anatroccolo aveva solo timore del numero, del gruppo, della banda ma da un pezzo ne aspirava al comando con tutto il suo cuore. Non sapeva ancora come fare a costituirsene una né i bambini del condo erano organizzati in camicie rosse e camicie verdi, o nere o brune da comandare un domani. Selvaggi moderati e individualisti, tutto sommato ubbidienti ai compiti in classe e in casa, senza un fortino e costituiti in sciame, in orda, solo per caso lo inseguivano e più per diletto che per istinto cacciatore mentre Demetrio scappava con l’innata prudenza e l’abilità nell’infrattarsi della serpe appunto, o delle palline sperdute. A quella fama, con molta probabilità per una sorta di consapevolezza che qualcosa non andasse in lui, si adeguava con risentimento e il risentimento lo nutriva e fortificava.
Accadde una volta che, messo un congruo distacco tra sé e i suoi inseguitori, fu agile e determinato nel volgersi e piantarsi in attesa della masnada in arrivo, per attenderla a piè fermo, i pugni pronti all’attacco. Dopo di che successe l’inaspettato. La prima ondata di bambini incontrò un bel un-due-tre di ganci, diretti e montanti – Demetrio aveva studiato le posizioni della boxe prima di scardinare l’enciclopedia donde le aveva tratte –. La seconda ondata dispersa dopo un significativo numero di nasi sanguinanti, di occhi neri, di morsi e di graffi, alt alt alt che si ritirò come fa l’acqua risucchiata dallo scarico nel lavandino e con un mormorio feroce, Brutto anatroccolo brutto anatroccolo, gorgogliante nei gargarozzi. L’episodio fu d’esempio.
Con la crescita Demetrio perse molto del brutto anatroccolo e nonostante il suo occhietto destro che diceva merda all’altro, conquistò fissa in volto l’espressione della chiglia di un rompighiaccio: parve chiaro che guardava il mondo intorno a lui come fosse una banchisa da superare spezzandola e fendendola fino ad arrivare da qualche parte, un po’ come Gengis Khan e altri scintillanti condottieri, e per lo più celebrati assassini, guardarono ai campi altrui rigogliosi di messi come ottime distese per ecatombe e poi avanti così. Sicché, sbattere contro il muro il gatto del pensionato Galvàno del primo piano o storpiare il cane della signora Cucùrbiti al quinto, senza che né l’uno né l’altra avessero potuto provare chi era stato l’autore del delitto, ecco che fu la chiave dei primi successi di Demetrio in politica estera: la fece franca in quelle e in altre numerose occasioni. Bucato il guscio dei suoi18 anni Demetrio fece il salto di qualità e dal teppismo passò alla malavita e dalla malavita alla politica che ne è la prosecuzione con altri mezzi e uomini e dalla politica alla guerra che è l’imprudenza e l’impudenza del potere ma tant’è. Demetrio da taglieggiatore del proprio condominio in cui nessuno osava ribellarsi scagliò uomini e mezzi contro il più prossimo tra i condomini della zona: vi incontrò resistenza all’idea del pizzo ma in una notte il palazzo esplose dalle fondamenta: le vittime furono quante si possono immaginare. I pompieri sedarono le fiamme, la polizia si mise a indagare ma Demetrio risultò estraneo al fatto così che tempo dopo stabilì il proprio dominio su un altro e un altro e un altro palazzo ancora; guadagnava forti cifre e nessuno osava contestargli quella capacità e potere di ricatto: pagare o saltare in aria. In breve tutta quella zona residenziale, orgoglio della progettualità comunale, fu dichiarata senza dichiarazioni regno di Demetrio. Inutile spiegare qui come il brutto anatroccolo con la tradizionale tecnica dell’intimidazione e nonostante la violenza diretta ottenne il consenso di chi da cane passò a giocare il ruolo di pallina: cioè tutti i condòmini di tutti i condomìni: vassalli, valvassori e valvassini. Demetrio aveva un nome non da orco ora, ma per quanto abusivo – fatto non raro nei regnanti – quasi tutti i sottomessi concordarono nel dire che aveva un nome da re. Dunque che per tale lo accettarono.
Per parte sua dominava il terreno dall’alto del più alto dei palazzi, da un superattico tutto vetro e alluminio, dal quale poteva vedere sorgere e tramontare il sole sui suoi possedimenti. Per prudenza aveva ottenuto dal comune stesso e messo in opera tutto intorno ai 200 ettari dei condomini, una recinzione altissima, un muro di ferro e filo spinato, le porte custodite dalla milizia personale di cui Demetrio era il comandante in capo: potevano varcare quelle porte solo gli abitanti censiti, entrarne nessuno. Dall’alto del suo nido Demetrio accarezzava altre idee di grandezza e nessuno pareva indovinarle. Successe però che Eva, la mammina-cara ormai quasi canuta, l’unica che poteva avvicinarsi impunemente cioè senza essere fulminata da dieci scariche di mitragliatrice al portone dabbasso, Eva un bel pomeriggio salì inaspettata all’attico di Demetrio. Era primavera e nell’attico quasi tutte le finestre erano spalancate per dare sfogo alle brezze di quell’altezza. Demetrio osservava come sempre il sole al proprio declino. Eva andò incontro al figlio, lo salutò come si saluta un vincitore, sedette in una enorme poltrona e per la prima volta in vita sua con parole dolci, incerta se quella mossa lo avrebbe incantato o no, prese a contargli la favola del brutto anatroccolo che lui alla fine non aveva mai ascoltato. Eva raccontava, Demetrio non si scostava da dov’era appoggiato al parapetto di una delle finestre. Alla fine del racconto osservando le rade lacrime del figlio, Vedi tu sei il mio brutto anatroccolo che da tale si è trasformato in re di un regno da sé stesso creato, gli sussurrò Eva e capì che Demetrio le volesse andare incontro a braccia aperte senza sapere come si fa; lei colse veloce l’intenzione, l’attimo, rapida si levò e gli mosse incontro, poi veemente lo abbracciò; lui, un po’ sorpreso la strinse, lei lo strinse con più forza e senza fermarsi lo spinse precipitosamente a sbattere contro il parapetto della finestra. Così avvinghiati, bascularono contro il fulcro della ringhiera di alluminio, volsero entrambi le teste in giù e precipitarono nel vuoto. Pochi giorni dopo il comune ordinò l’abbattimento della cintura di ferro intorno ai condomini, la polizia ebbe il coraggio di annientare la milizia di Demetrio e i bambini, Brutto anatroccolo brutto anatroccolo, ripresero a giocare a cane e pallina.
In apertura Nieces di Zoey Frank