Autore: Horiot Hugo
Casa Editrice: Piemme editore
Genere: Autobiografia, Racconto
Traduttore: Maria Moresco
Pagine: 163
Prezzo: 14,90
Della sindrome autistica si è detto e scritto molto e a riguardo tutt’oggi è molto accesa la diatriba fra psicoanalisi tradizionale e approcci educativi innovativi.
“La mia voce arriva dalle stelle” non è uno dei tanti libri sull’argomento o la storia romanzata di una persona autistica, ma una eccezionale e straordinaria testimonianza di chi questa sindrome l’ha vissuta e ne è guarito. L’autore, Hugo Horiot, oggi trentenne ed affermato attore e regista, ci ha regalato il racconto forte e commovente di un’esistenza particolare e difficile, aprendoci le porte al suo mondo interiore. Hugo da piccolo è chiamato Julien, rispetto agli altri bambini grida troppo, non vuole parlare, masticare, defecare. E’attratto dalle ruote e da tutto quello che gira perché il movimento circolare lo fa sentire bene, gli piacciono i rumori che salgono dalle tubature perché lo mettono in contatto con il cuore della Terra. E’ lì che Julien vuole andare, o meglio tornare, perché il ventre della Terra non rappresenta altro che il ventre della mamma. E’ questa la sorprendente confessione che Hugo fa al mondo ed a sua madre. Françoise Lefèvre, l’amatissima mamma di Julien e a sua volta affermata scrittrice, è la persona più vicina a questo bambino bizzarro ed enigmatico. Il suo istinto le dice che il dogma imperante e i metodi applicati nei centri specializzati non cureranno il male di suo figlio, e, con pazienza, resistenza, tolleranza sceglie di seguire la sua intuizione educativa per avvicinarsi a lui.
Il racconto della storia di Hugo è al contempo racconto della coraggiosa avventura vissuta da madre e figlio e commoventi sono le pagine che Françoise Lefèvre dedica al figlio nella postfazione del libro, consegnandogli la sua risposta d’amore in un dialogo finalmente compiuto.
Hugo ha vinto, in una sfida straziante e quasi impossibile con se stesso ha “ucciso” metaforicamente Julien ed è entrato nel mondo. La svolta alle scuole medie quando concorre addirittura come rappresentante di classe e poi alle superiori quando avviene l’incontro fatale con il teatro. “Io sogno quando dormo e sogno quando sono sveglio” (pag.75). “Quando sogno, vedo un’immagine, blocco questa immagine ed entro nel mio sogno” (pag. 75) ci dice Julien, ma ora è Hugo a creare le sue immagini: fa l’attore, il regista, lo scrittore. Oltre la rabbia, la diffidenza, il distacco con i quali ha guardato dalla sua prigione il mondo, ora può liberare la sua voce e consegnarci, nel suo stile asciutto e diretto, un messaggio che è quasi un pugno nello stomaco: “A tutti quelli che hanno cercato di murarmi vivo per sempre nel mio silenzio di morte.
A tutti quelli che hanno voluto rinchiudermi nelle loro prigioni di vetro e nelle loro stanze imbottite.
A tutti quelli che hanno voluto assassinarmi e sacrificare mia madre sull’altare dell’ignoranza e dell’oscurantismo. […]
Io dico NO.
No, io non sono stato troppo amato da mia madre.
Sono stato amato.
E ho amato di rimando.”