
Data di pubbl.: 2023
Pagine: 129
Prezzo: € 15,00
Era il 9 ottobre 1963, ore 22, 39 quando milioni di metri cubi di roccia e terra precipitarono in pochi istanti nell’acqua. Un’onda immensa annientò in pochi minuti paesi interi, vite umane e tutto quello che trovò sul suo cammino.
Il disastro della diga del Vajont, a sessanta anni dalla catastrofe, è ancora una tragedia aperta nella nostra memoria collettiva.
Antonio G. Bortoluzzi (scrittore che da sempre racconta la montagna in cui è nato, come hanno fatto Sgorlon, Buzzati e Rigoni Stern) dedica un romanzo intero a un’ apocalisse ambientale difficile da dimenticare.
Il saldatore del Vajont questo è il titolo del libro, ha come protagonista un uomo di sessanta anni che racconta l’esperienza di una visita guidata alla centrale, alle condotte e alla diga.
Un uomo, che fa l’operaio, si trova dentro il cuore del disastro e ne attraversa il dolore incolmabile di una tragedia che ancora oggi scuote drammaticamente la memoria («Questi racconti, ricordati sessant’anni dopo, sembrano una narrazione omerica, fatta da più voci intrecciate, e ognuna porta un dramma, un episodio, ma dentro un unico sentire. La vita di chi ha vissuto il Vajont è costituita da un prima e un dopo»).
Seguiamo come una via crucis itinerante il viaggio del saldatore del Vaiont nel ventre della diga del disonore con il suo carico di morte. Antonio G. Bortoluzzi, con questo romanzo ricostruisce l’immane tragedia del Vajont, simbolo della modernità, tanto da diventare un canto omerico collettivo di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato nell’umanità del fare.
La storia del Vajont è una storia lunga, una storia che non è conclusa, una storia da ricordare tutti i santi giorni e la cui memoria non può essere dimenticata né rimossa.
Il protagonista durante la visita attraversa i tunnel, si avventura nelle gallerie, sospeso nel cuore della diga tra il passato della disastro e il presente della devastazione colpevole della cementificazione che ha distrutto ogni cosa, si trova a fare i conti con i segni che nella sua coscienza quella tragedia ha lasciato su di sé e su un’intera nazione.
«Il Vajont è un luogo ampio che ha visto cancellare i paesi, seppellire le appartenenze, spezzare i legami, e quindi ciò che resiste diventa ancora più importante, fondativo, nobile, perfino».
Quando il protagonista si trova davanti al silenzio del cimitero immenso in cui sono seppellite le vittime di quella catastrofe, si rende conto che ancora oggi il Vajont è qualcosa che riguarda il mondo in cui emergono tragedie che sono un faro potente, a gettare luce sulla solita vecchia storia fatta di interessi, opportunismi, furbizie, tecnica e politica spregiudicata: in alto c’è il potere e la povera gente in basso.
Bortoluzzi in questo romanzo toccante racconta la storia delle vittime e di una comunità distrutta dall’acqua e dall’ottusità della tecnica che ha creato un lago artificiale grandissimo a monte di una piccola diga.
Il Vajont è una tragedia italiana che ancora attende giustizia. Il Vajont, con la sua storia che non finisce mai, è di tutti con la sua eternità immobile che non si adagia sul cuore.