A tu per tu con… Wulf Dorn

Wulf Dorn, celebre autore del nuovissimo best seller “Phobia” incontra i propri lettori a Milano. Gabriele Scandolaro, per gli Amanti dei Libri, lo ha intervistato per voi.

Signor Dorn, il suo romanzo parla della paura. Dove e come ha trovato l’ispirazione?

Due sono stati gli episodi che hanno contribuito alla nascita del mio romanzo. Il primo è stato un racconto fatto da un amico carissimo. Una sera tornò a casa con la moglie da una festa. Erano molto stanchi ed andarono entrambi a dormire molto presto. Si svegliarono il giorno seguente e trovarono la stanza completamente a soqquadro, i vestiti sparpagliati ovunque. Superata la paura iniziale, scesero al piano di sotto dove trovarono il medesimo caos e poterono constatare che molti loro effetti (televisore, elettrodomestici e molto altro) erano stati rubati. Quando me lo ha raccontato, ho subito pensato “chissà cosa sarebbe successo se si fossero svegliati!”. Il secondo episodio è avvenuto durante uno dei miei viaggi a Londra. Mi capitava spesso di prendere la metropolitana e viaggiando potevo vedere il clima di sospetto e paura che i passeggeri avevano. Tutti si guardano con circospezione, tutti si spiano, sono diffidenti. Poi se vedono una persona che ha tratti arabi si cerca di stargli lontana. Volevo ridare ai miei lettori questo clima di paura dell’ignoto.

“Phobia”. Perchè proprio questo titolo?

Io credo che ogni autore abbia una sua tematica particolare, una a cui è molto legato. La mia è appunto la paura. Credo che questo sia dovuto al fatto che io sono, in effetti, una persona paurosa.

Signor Dorn, Lei ha lavorato per vent’anni in psichiatria. Pensa che la sua esperienza abbia influito sulla stesura del romanzo?

Indubbiamente mi ha fornito molto materiale. Devo aggiungere che, in questi vent’anni, ho potuto constatare che Freud, su una cosa aveva assolutamente ragione: le paure che ti prendono quando sei piccolo non ti abbandonano MAI.

Lei ha un grande potere, quello di sorprendere il suo lettore. Per tutto il romanzo si odia lo psicopatico e si prova pena per Stephen, poi giunti alla fine ecco che la situazione si ribalta. Perchè questa scelta?

Confesso che la parola “Psicopatico” è una parola che mi crea non pochi problemi. Perchè oggi non si parla più di criminale o di colpevole. Non esiste più, nei libri, la parola”avversario”. Solo “psicopatico”. Io mi ero messo in testa di rompere con l’idea dello “psicopatico” e mostrare come dentro ognuno di noi si celi un potenziale violento. Basta poco per cambiare radicalmente. Non credo che le persone siano completamente buone o completamente malvagie, non siamo bianchi o neri. Aggiungo anche un piccolo particolare tecnico. Quando scrivo una storia, ho già un’idea di come dovrà proseguire, del suo andamento. Inoltre io mi affeziono sempre a tutti i miei personaggi e volevo mostrare come il bene possa celarsi dentro ognuno di noi.

Quando ha deciso di fare lo scrittore?

Ho sempre raccontato storie, fin da quando ero piccolo. Mia nonna giura che, a cinque anni, le promettevo di diventare un famoso autore. Ma dal sognarlo al diventarlo, cambia molto. Non mi sarei mai aspettato una cosa simile, quando ho pubblicato il mio primo romanzo ero pieno di paure, chissà se sarebbe piaciuto o se qualcuno lo avrebbe mai letto. Sono molto grato al destino per questa opportunità.

Una delle scene più toccanti è, nel finale, la consegna a Sara della testa di bambola bruciata, simbolo dell’innocenza perduta del bambino. La testa rappresenta anche il bambino mai nato?

Nel mio finale, volevo lasciare qualcosa di fisico al lettore, una sensazione forte. Ma anche a Sara. per questo ho scelto quella bambola che, paradossalmente, un bambino stringeva tra le mani. Rappresenta non solo la fine dell’infanzia, brutale per molti di noi, ma anche l’impossibilità di una vita di esistere. Nella copertina dell’edizione tedesca infatti abbiamo messo proprio l’immagine di una bambola dal viso sfigurato. Abbiamo chiesto a tutti se questa immagine piacesse e abbiamo avuto solo una voce contraria, quella di mia madre. Infatti quella bambola era uguale alla bambola che lei usava da bambina per giocare, la sua preferita. L’immagine la turbava e ancora oggi, il mio libro giace nella sua biblioteca rivolto verso il basso perchè non possa vedere quella foto.CUORE CATTIVOX1.indd

Altra figura assai interessante è quella del professor Otis. Cosa può dirci di lui?

Confesso un piccolo segreto. Nei miei libri amo mettere dei piccoli enigmi, dei giochi di parole. Otis è uno di questi. Il suo nome è un omaggio a Oscar Wilde. La famiglia che vive nel castello di Canterville infatti si chiama proprio “Otis”. Quanto alla figura del professore, era un omaggio a due carissime persone che sono venute a mancare proprio per raggiunti limiti di età.

Il suo libro vuole essere un messaggio particolare ai suoi lettori?

No. non ho voluto dare nessun messaggio e penso che ogni libro dia un messaggio diverso a chi lo legge. Io credo che se potessi dare un messaggio direi che non dobbiamo assolutamente farci dominare dalla paura, per quanto la società oggi vada in direzione opposta.

Un libro che vuole essere positivo dunque.

Assolutamente.

Oggi siamo abituati a pensare a scrittori di thriller Nord europei, ma nella classificazione non rientrano gli scrittori tedeschi. Lei cosa ne pensa?

Anche in Germania esiste questa classificazione. Io la trovo stupida. È come se si volesse prendere un gruppo di autori stilizzarli e inserirli in un grande cassetto che, quando lo apri, ti dice trovi questo, questo e quest’altro. Ognuno di noi scrive in modo diverso, ha un anima diversa. Io ho radici tedesche, documento europeo e cuore italiano. Non posso sentirmi stilizzato.

Lei apparteneva a un Club, il Club dei Poeti Grassi. Ci vuole raccontare qualcosa?

Anzitutto che quel Club non esiste più. E più che un club era un incontro di amici, tutti scrittori. Ci vedevamo una volta al mese e parlavamo di letteratura e dell’andamento del mercato editoriale. Inoltre vorrei specificare che nessuno di noi era grasso, ma grassi erano i piatti che ordinavamo durante le nostre riunioni. È stata una bella esperienza.

Progetti per il futuro?

Ho già in programma l’uscita di un nuovo romanzo, che vedrà la stampa questo autunno in Germania e sto finendo di lavorare ad un altro ma non le voglio anticipare altro.

Gabriele Scandolaro

Mi chiamo Gabriele e sono un lettore. Ho iniziato a leggere quando ero molto piccolo, complice una nonna molto speciale che invece delle classiche favole riempiva le mie giornate raccontandomi i capolavori teatrali di Shakespeare e di Manzoni. Erano talmente avvincenti le sue narrazioni che, appena mi è stato possibile, ho iniziato a leggere per conto mio. Ma terminato il mio primo libro ne ho iniziato subito un altro. Poi un altro. Da allora non riesco più a smettere di leggere. Quando non leggo o studio, lavoro come Educatore e suono il violino.

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