«Ho perso tutto, sono viva per miracolo, mi restano solo i vestiti che ho addosso, una maglietta e un pantalone»: così aveva dichiarato a “La Stampa” Veronica Pivetti, all’indomani dell’incendio che le aveva distrutto la casa. Questo episodio è la molla da cui parte la narrazione autobiografica contenuta nel suo ultimo libro, “Mai all’altezza”, pubblicato da Mondadori, incentrato sui piccoli drammi che in giovane età segnano la nostra esistenza.
Com’è nata l‘idea di questo libro?
Innanzitutto il mio intento non era quello di scrivere la mia storia. Non mi interessava mettere mano a una mia autobiografia, figuriamoci se il pubblico poi avrebbe voluto leggerla! L’ho scritto perché volevo raccontare esperienze comuni e secondo me significative, veicolandole attraverso il mio vissuto. Mi piaceva l’idea di raccontare dei disagi in cui tutti si possono identificare perché se anche non hanno avuto le stesse esperienze, certamente si sono trovati in situazioni analoghe nell’infanzia e nell’adolescenza. Sono circostanze che possono apparire sciocchezze, ma in realtà ti influenzano profondamente, ti portano a essere quello che sei e ti segnano profondamente il carattere.
Dicono che il dolore faccia crescere…ma non è una gran fregatura in realtà?
Non è tutto finto, non c’è solo della retorica in questa frase. Tutto fa crescere quindi anche le gioie, non dimentichiamocelo: l’importante è saperlo cogliere e trasformare in qualcosa di positivo.
Nel raccontare lei parte da un trauma non indifferente: la perdita di tutti i suoi averi e praticamente di tutto il suo passato a causa di un incendio che ha devastato la sua casa a Roma. Qual è la caratteristica del suo carattere che l’ha aiutata maggiormente in questa circostanza?
Sicuramente la capacità e il desiderio di guardare sempre avanti. Io sono una persona che non ama guardarsi indietro: mi capita certamente di ripensare agli avvenimenti accaduti, tutti abbiamo un passato e non ha nessun senso negarlo, ma non sono nostalgica. Il presente mi interessa pochissimo, invece mi interessa moltissimo il futuro. Quando sei costretto dalle circostanze non puoi non guardare avanti, per cui credo che questa voglia di domani mi abbia aiutato.
Quando l’ho letto mi è venuto spontaneo pensare: e se fosse successo a me, come avrei fatto?
Molti me lo dicono, ma in realtà credo che ce l’avrebbero fatta tutti, ne sono convinta. Quando ci si trova a dover affrontare situazioni drammatiche sono pochissime le persone che realmente cedono, anche perché cedere significa fermarsi. Come fai a fermarti? Una persona continua ad avere spinte vitali, per cui non si ferma. Per quanto riguarda me è stato inevitabile.
Dei personaggi che ha interpretato a quali è più affezionata?
Siccome cerco di fare solo le cose che mi piacciono e mi interessano mi è impossibile fare una classifica vera e propria. Innanzitutto c’è un solo ruolo che non ho amato per niente, ma per fortuna era una partecipazione molto piccola a un film che ho trovato brutto e non dirò quale. Non ci sono per niente affezionata, anzi sarebbe stato meglio che non l’avessi fatta, ma gli incidenti di percorso a volte ci sono. Lo considero un peccato veniale. Per il resto le cose che ho fatto le ho scelte e molto volute, oppure sono arrivate e le ho subito condivise per cui mi sembrerebbe di fare un’ingiustizia a nominarne solo qualcuna. Un percorso è fatto di molti passi: li riconosco e apprezzo tutti e mi hanno sicuramente dato ognuno qualcosa. Detto questo, ovviamente sono molto legata al personaggio della prof, perché è stato seguito con affetto continuo da parte del pubblico. Ho appena finito di girare la settima serie che andrà in onda a ottobre. Io e il personaggio ormai siamo una cosa sola! Ma l’esordio in TV con “Commesse” non è stato meno importante e per certi versi ancora più fantasmagorico, perché è stato una piccola rivoluzione nella televisione. Ho avuto davvero la fortuna di partecipare a progetti molto significativi.
Com’è il rapporto di Veronica Pivetti con i libri?
Sono una grande lettrice, tranne quando sono sul set perché facendo dieci o dodici ore di lavoro riesco al massimo a leggere tre pagine prima di dormire. Ne approfitto soprattutto nei viaggi e sono onnivora, anche se ho le mie preferenze: l’Ottocento francese e gli autori americani contemporanei. Mi piace molto scoprire sempre nuovi autori.