E’ da poco stato pubblicato da Feltrinelli “Atti osceni in luogo privato” di Marco Missiroli. Il romanzo narra in prima persona la storia di un dodicenne, Libero Marsell, che vive a Parigi, e ne segue il percorso di formazione intellettuale e sentimentale fino alla maturità. Senza mai cadere nella volgarità Missiroli racconta con grande sensibilità una storia di crescita e di realizzazione di sé attraverso la scoperta del sesso e dell’amore e suggerisce numerosi spunti di riflessione e di approfondimento. Fanno da sfondo al percorso esistenziale di Libero due città, Parigi e Milano, il luogo dell’adolescenza e dei desideri una, della maturità e della realizzazione di sé l’altra, e una serie di personaggi, ciascuno fortemente caratterizzato nella propria unicità, ciascuno importante nella crescita personale del protagonista. Oltre ai luoghi e alle persone a determinare la crescita di Libero sono i libri: ad ogni suo stato d’animo ed ad ogni fase della sua vita corrispondono una lettura. Abbiamo incontrato Marco Missiroli nella sede milanese della casa editrice Feltrinelli. Ecco che cosa ci ha raccontato a proposito del suo libro, in parte, ci ha rivelato, autobiografico.
Qual è la particolarità di questo libro rispetto ai precedenti?
E’ il primo libro che scrivo in prima persona. E’ in parte un libro autobiografico. Ho iniziato a lavorarci nel 2012. L’ho scritto in ventuno giorni e rivisto in due anni. L’ho scritto di nascosto. La prima stesura l’ho fatta leggere a mio padre, era più volgare rispetto a quella attuale. Non l’ho mai visto così in imbarazzo.
“Atti osceni in luogo privato” è il titolo originale del libro?
Sì, in realtà è nato prima il titolo del libro. Mi interessava indagare su cosa fosse realmente l’oscenità : in privato ciò che può essere osceno per qualcuno può non esserlo per qualcun altro. E’ questa incapacità di definirlo a spaventarci. Mi interessava il relativismo dell’oscenità.
Il libro è in parte ambientato in Francia, a Parigi. Come mai questa scelta inusuale in un mondo per lo più anglofono e anglomane?
La verità è che nonostante ami la letteratura anglosassone l’inglese lo parlo male. Ho maggiore dimestichezza con il francese. L’inglese mi crea tanti disagi.
Ha pensato a chi avrebbe letto il libro quando l’ha scritto, se un pubblico di lettori maschile o femminile?
E’ un libro maschile ma non maschilista credo. Libero è un personaggio fragile, forse per questo il libro piace molto alle donne: scoprono lati maschili che non conoscevano. Quando l’ho scritto non ho pensato a quali potessero essere i potenziali lettori. Ho pensato a mia madre che è convinta che il romanzo sia totalmente autobiografico, questo ha certamente influito sulla scelta del linguaggio. E poi volevo fosse soprattutto una liberazione per me.
Nel suo romanzo i libri hanno un ruolo importante. Ne cita molti. Hanno una funzione precisa nel percorso di crescita di Libero. Ce ne vuole parlare?
Non volevo avessero una funzione statica. I libri aiutano a crescere e crescono attraverso i lettori. Servono se ti aiutano in un determinato momento della vita. I libri di Libero funzionano perché servono alla sua resilienza. Li ho fatti filtrare dalle sue emozioni. “Il deserto dei Tartari” per esempio filtra la sua solitudine. Io l’ho letto per la prima volta al liceo e non mi è piaciuto poi l’ho riletto più tardi, nel momento in cui ne avevo più bisogno e mi ha fatto scoprire l’amore per la lettura. I libri che ho scelto sono già stati sventrati dalla coscienza popolare, io ho cercato di farli ringiovanire tramite Libero. Ho cercato di fare alla maniera di Salinger.
Il suo libro deve molto a Philip Roth e a Marguerite Duras.
E’ divisibile in due parti. La prima deve molto a Roth di cui condivido il coraggio: il mio è stato quello di aver scritto un libro sul sesso anche se poi io ho voluto sottolineare soprattutto il lato sentimentale dell’esperienza che racconto e poi ho voluto che la storia di Libero finisse con una donna, volevo che fosse felice. La seconda parte deve molto invece a “L’amante” della Duras nell’attivazione di un sentimento che non si sa se è davvero tale o se è puro sesso e poi a “Il senso di una fine” di Barnes che è un libro su come i sentimenti decadono a favore di altri sentimenti.
Oltre che di libri si parla di musica e di film che contano per Libero.
Non sono un esperto di musica in realtà. Ho dei gusti un po’ “antichi”. Cito Rino Gaetano, Edith Piaf. Ho scelto la colonna sonora giusta per la voglia di indignazione e di libertà di Libero. Libri e cinema contano più della musica per me.
Come si è evoluta la sua scrittura rispetto ai libri precedenti?
Prima inseguivo soprattutto un’idea di perfezionismo formale che ho raggiunto con “Il senso dell’elefante”. Con “Atti osceni in luogo privato” inizio un percorso di grande libertà. Non so dove mi porterà, per la prima volta scrivo in prima persona. Vorrei continuare su questa strada.