Abbiamo intervistato lo scrittore norvegese Jostein Gaarder in occasione della presentazione alla fiera del Libro di Torino del suo ultimo libro “Il mondo di Anna”. In questo libro l’autore attraverso la sua protagonista, una giovane norvegese che sta per compiere sedici anni, lancia un severo monito contro l’incontrollato uso delle risorse mostrando come potrà essere il nostro mondo fra settant’anni.
In questo suo ultimo Anna con il suo entusiasmo giovanile cerca di aprirci gli occhi sui danni che noi uomini stiamo producendo sul nostro pianeta, vuole forse comunicarci che noi adulti siamo talmente abituati al nostro stile di vita che facciamo fatica a cambiarlo?
Noi adulti siamo talmente abituati alla nostra vita che non riusciamo neppure ad immaginarne una diversa da quella a cui siamo abituati. Ho scelto come protagonista del mio libro una ragazzina, perché solo una voce fresca può sfidarci a cambiare. Anna, con la sua visione disincantata ed ancora amante della flora e della fauna che la circonda, può farci capire che se ora la situazione per il nostro pianeta è precaria, continuando a bruciare nell’atmosfera carbone e petrolio, condanneremo la Terra ad una lenta e dolorosa fine.
Un tema portante di questo suo libro è l’avidità che che caratterizza questa nostra società, possibile che l’uomo sia solamente capace a discutere, attraverso conferenze e congressi, ma mai attuare vere politiche efficaci?
Gli uomini sono molto abili a dialogare, ma mancano sia di fantasia che di energia dinamica. Le donne, secondo me, hanno un fuoco creatore che le porta sia ad avere maggiore compassione per il creato che, nel contempo ad agire per conservarlo. Se dipendesse da me darei ad un comitato di donne il budget per la difesa del clima, sono giunto a questa conclusione perché ho visto spesso donne, di ogni latitudine, battersi per impiantare alberi, costruire pozzi in zone aride e edificare celle solari in previsione di una diminuzione delle solite risorse pericolose.
L’idea di un collegamento onirico tra il nostro mondo ed un ipotetico futuro è stato usato forse per avvisare, con immagini concrete, quale potrebbe essere il nostro destino se non dovessimo cambiare rotta?
La visione di un mondo futuro in cui molte città sono sotterrate dalla sabbia e molte specie sono ormai estinte non è un futuro scritto, ma solamente una mia previsione. Quello che ho scritto può essere smentito perché tutto dipende, per fortuna, ancora dal nostro agire. Prima di pubblicare questo romanzo ho parlato con un climatologo il quale mi ha confermato che senza una presenza di coscienza globale siamo destinati a gravi cambiamenti che riguarderanno tutto l’ecosistema.
Un aspetto rilevante che ho notato nel suo romanzo è l’ignoranza dell’uomo comune rispetto alle problematiche ambientali ed al tema dello sfruttamento delle risorse, per questo motivo ha, saggiamente, inserito notizie tratte tra da saggi e studi riguardanti tematiche ecologistiche?
A mio avviso l’ignoranza non è più giustificabile, anzi c’è perfino troppa informazione sui giornali, nelle riviste, come sul web. Nel mio libro tutti gli articoli che Anna trova sono, per ironia, brani che ho reperito in giornali specialistici oppure saggi che ho scritto nella mia attività di saggista e commentatore. La sfida che attua Anna è scuotere l’uomo dalla sua pigrizia, la nostra protagonista incita tutti ad agire perché vede il pessimismo globale come una forma di vigliaccheria.
Nelle sue pagine pagine c’è una forte spinta alla lettura dei classici, crede che la lettura possa portarci ad una maggiore riflessione sul mondo in cui viviamo?
Il tema della lettura è fondamentale. Credo occorra allenare le persone alla bellezza del libro come sistema per avere una mentalità sempre più aperta. La cultura non deve essere un mero fattore di erudizione, ma un bagaglio che portiamo nella nostra vita e che ci può aiutare nel compiere le nostre azioni. Un aneddoto che ricordo con piacere riguarda il rapporto fra grandi magnati e la lettura. In America il giornale economico Financial Times condusse un indagine dal titolo “il libro che ho sul mio comodino”, al termine di questa ricerca il dato che emerse era che pochissimi manager ed amministratori delegati trovavano il tempo per leggere e quando lo facevano si limitavano a libri poco impegnativi.