A tu per tu con… Guido Sgardoli e Anna Vivarelli

Al Salone Internazionale del Libro di Torino abbiamo incontrato Guido Sgardoli e Anna Vivarelli, scrittori per bambini e protagonisti della nuova collana di racconti del terrore del Battello a Vapore (Piemme) “Il castello della paura”. Li abbiamo intervistati per sapere qualcosa di più sui loro racconti “La mano di Thuluch” e “Un gioco pericoloso”, ma anche per sapere com’è scrivere racconti del terrore per bambini.

Quali sono le differenze tra scrivere un racconto del terrore per bambini e uno per adulti?

V: chiaramente è diverso, noi siamo scrittori per bambini e questo comporta problemi differenti. Il problema per me è stato che un romanzo per bambini deve per forza di cose essere più breve e semplice rispetto a un libro per adulti. Dobbiamo riuscire a trasmettere lo stesso sentimento d’inquietudine tipica dei racconti dell’orrore, ma mantenendo la trama semplice, senza perdersi in troppe descrizioni che rischierebbero di far perdere l’attenzione dei bambini.

Come si fa ad essere sicuri di aver scritto un ottimo racconto del terrore senza però, per questo, traumatizzare i bambini?

S: secondo me il segreto è la capacità di miscelare bene i diversi elementi; credo che sia una tecnica istintiva, che deriva soprattutto dalla nostra personalità da lettore piuttosto che da quella di scrittore. È tutta una questione di equilibrio, preparare una scena spaventosa accanto ad una scena leggera, oppure utilizzare un bluff, spiazzando il lettore facendogli credere che avverrà qualcosa che alla fine non succede, per poi sorprenderlo una volta che si è rilassato. È un gioco di equilibri, ma non ci sono regole precise, è una cosa innata che senti da lettore e scrittore; credo che molto dipenda anche dal tuo bagaglio culturale: alle medie ho letto tutti i racconti di Edgar Allan Poe e molti altri classici, come Stephen King, dai quali puoi sicuramente imparare.

Quindi voi vi siete ispirati molto agli autori classici del terrore?

V: sì, ma con tutte le attenuanti del caso. Si può sicuramente trarre ispirazione da loro per quanto riguarda la costruzione di sensazioni, di ambientazioni inquietanti e che generano quella sensazione di disagio che rimanda a qualcosa di sporco e disgustoso che striscia nell’ombra. In “La bambina che amava Tom Gordon” di Stephen King c’è una scena in cui la bambina scappa nel bosco nella quale non c’è sangue, ma è una scena che trasmette una grande sensazione di paura e angoscia. Sono quelle le scene che possiamo copiare, mentre una cosa da evitare assolutamente è il delitto vero, la presenza del sangue e di qualcosa riconducibile alla realtà.

Quindi c’è una contrapposizione netta tra questi racconti e i film horror contemporanei, nei quali si vedono solo sangue e violenza?

V: esatto, quello nei nostri libri è più un discorso qualitativo. Quello che si può comprendere da questi libri è che l’ansia e il castello della paural’inquietudine non vanno di pari passo con la presenza di sangue e violenza.

S: bisogna anche aggiungere che, scrivendo per ragazzi, bisogna evitare di raccontare paure indirizzate alla loro quotidianità. Non possiamo parlare di persone comuni che all’improvviso deviano dal loro percorso diventando creature malvagie. Bisogna trovare materiale, come fantasmi, case stregate e una mano, come nel mio caso, che sia terra terra, ma palesemente letterario, in modo da non traumatizzare i bambini.

Cosa possono imparare i bambini dall’esperienza letteraria dei vostri personaggi, a parte gli ovvi “non entrare in una casa che si dice sia stregata o in una rimessa abbandonata”?

V: da Mathieu, il mio personaggio, credo si possa imparare che anche il ragazzino che sembra diverso, magari quello che più viene sbeffeggiato dagli altri alla fine ha sempre delle risorse per uscire dai suoi guai e spesso si tratta di risorse soprattutto mentali. Quindi è importante ricordare che uno degli ingredienti migliori per sconfiggere la paura è l’uso del cervello.

S: la mia idea era quella di comunicare che anche i ragazzini che sembrano più spavaldi e coraggiosi alla fine hanno paura, ma che non c’è nulla di male nell’ammetterlo e nel condividerlo con gli altri, che poi è il modo migliore per liberarsi dalle proprie paure.

Volete lasciare un messaggio a tutti gli Amanti dei libri?

S: voglio esortare tutti i lettori a godersi appieno le storie e i viaggi che secondo me sono aspetti che spesso coincidono. I libri sono spesso viaggi, attraverso ambienti ed emozioni che non conosciamo ancora o un ritorno a sensazioni ed esperienze che non fa male ricordare. Per cui voglio augurare a tutti i lettori che le vostre storie e i vostri viaggi coincidano.

V: io vorrei esortare tutte le persone a darsi una chance con la lettura. Non esistono libri buoni o cattivi da leggere, bisogna solo darsi un’occasione per leggere, perché chissà che così non si riesca a trovare quel determinato libro che vi trasformerà in lettori appassionati. Datevi una chance, non sapete quando il “vostro” libro vi troverà!

Sara Papetti

Anna Vivarelli, scrittrice per bambini, ha dichiarato durante una mia intervista: «Nella vita bisogna darsi una chance, non sai mai quando arriverà il libro che ti farà amare la lettura». Per me è stato così: avevo sei anni e accompagnavo mia mamma, una divoratrice di libri, in biblioteca. Ho accettato su suo consiglio “Gastone ha paura dell’acqua” della serie del “Battello a vapore” e da allora non ho mai smesso di leggere e cercare nuovi generi, nuove ispirazioni. Da appassionata di crime, solo legata ai gialli, soprattutto quelli di Camilla Lackberg, ma non rifiuto mai nessun libro, soprattutto se posso leggerlo in compagnia di un buon dolce.

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