A poca distanza dall’uscita del libro Lo specchio del male della nuova casa editrice Tre60, ho avuto la fortuna di poter intervistare il suo autore Davide Simon Mazzoli. Uno scrittore che fin da piccolo ha avuto la capacità di avvicinarsi a diversi generi artistici, cimentandosi oltre che con la scrittura, famoso il libro del 2011 Radio-grafia di un dj che non piace. La mia vita dentro e fuori lo Zoo di 105, di cui è coautore con il cugino Marco Mazzoli, anche con il cinema e con il mondo ludico, dirigendo ad esempio la produzione artistica del «Fantasy Kingdom» di Gardaland. Ci troviamo quindi davanti ad un artista giovane, vario e completo, oltre che ad una gentile persona, che ha saputo realizzare un diverso e interessante libro.
Partiamo dalla prima peculiarità che colpisce leggendo il suo libro: l’aspetto visivo, la tipologia del suo scrivere fatto di variazioni di grandezza e posizione del testo. Personalmente mi ha in un primo momento spiazzato e stupito per poi, dopo un piccolo periodo di adattamento, trovarlo molto gradevole, rendendo la lettura un’esperienza più varia e completa. Come mai questa scelta? E’ forse dovuta alla sua passione per il cinema questa ricerca di coinvolgere anche visivamente il lettore?
Lo specchio del male è nato come sfogo. Odio le regole, soprattutto quando limitano in qualche modo la creatività dell’individuo. Con questo romanzo ho voluto togliere ogni freno; non l’ho scritto pensando al mercato o con il pensiero di dover trovare una qualche idea particolare, ma l’ho fatto in modo istintivo, lasciandomi guidare da ciò che in quei momenti stavo vivendo. Sì, sicuramente la mia passione per il cinema ha influito molto sullo stile di scrittura e soprattutto sull’aspetto visivo. Le particolarità grafiche che ho ideato sono elementi che, a mio parere, calano il lettore nell’incubo di Orazio De Curtis, coinvolgendolo in un’esperienza completa, facendolo divenire lui stesso protagonista.
Il protagonista Orazio De Curtis è molto ben caratterizzato: una porzione importante di libro infatti punte proprio su questo aspetto. A cosa è dovuta la scelta di un personaggio così estremo, così “caso umano”?
La risposta a questa domanda è forse la più complessa e assurda. Orazio De Curtis è nato senza che io ne avessi pienamente controllo: ricordo che fin da subito, già dopo le prime frasi del romanzo, ebbi la sensazione di raccontare i pensieri e la vita di un uomo reale, che esisteva anche al di fuori delle pagine del mio libro. Orazio era vivo e pronto a farmi entrare nella sua testa. Non ho mai dovuto tracciare uno schema che lo caratterizzasse o rileggere parti già scritte per mantenerne la coerenza verbale. I suoi pensieri erano come un fiume che, senza che io me ne accorgessi, già riempivano le pagine del romanzo affermando sempre più l’esistenza di quest’uomo.
Orazio è l’incarnazione disinibita dell’angolo più buio delle nostre menti ed è proprio questa caratteristica a renderlo estremo ma in fondo così reale.
Nel suo libro sembra voler sfruttare il protagonista per lanciare critiche e spunti di riflessione su diversi temi facenti parte della società moderna. E’ semplicemente un espediente per meglio descrivere il personaggio o c’è davvero di più?
C’è molto di più. Essendo nato come sfogo, questo romanzo vuole rappresentare lo spaccato di vita di un uomo che si scontra di continuo con le problematiche più comuni delle nostre vite. Pruriti che infastidiscono ognuno di noi e che spesso, nella frenesia delle nostre vite, siamo abituati (o più spesso obbligati) a subire abbassando la testa.
Nella sua vita si è dedicato a varie forme d’arte. Come mai questo spaziare? Ne ha una in particolare che preferisce o per cui si sente più portato?
Sono una persona che si annoia molto velocemente e l’idea di fare lo stesso lavoro per tutta la vita mi rende pazzo. Metto tutto me stesso in ogni mia creazione e, una volta terminata, sono sempre esausto e convinto che non riuscirò mai più a far meglio di ciò che ho appena concluso. Il cambiamento mi aiuta a superare questa mia paturnia: spaziare in varie forme d’arte mi fa dimenticare quello che sono e ciò che ho fatto. Le due forme d’arte che preferisco sono sicuramente il cinema e la scrittura; trovo che la figura del regista si avvicini molto a quella dello scrittore: entrambi, a loro modo, trascinano il pubblico nel loro abisso di immagini, parole e visioni. Certo, al regista serve una troupe, un cast e la fiducia di un produttore, mentre allo scrittore, per potersi esprimere, basta un buco nel quale rinchiudersi a scrivere.
Parliamo un po’ di futuro: ha progetti in cantiere o idee che le piacerebbe sviluppare?
In effetti sono già all’opera su vari progetti. Il prossimo mese uscirà il fantasy Le Terre Magiche di Midendhil – La missione dell’Ultimo Custode edito dalla giovane UR Editore. È un libro magico, scritto per il pubblico teen, e sarà il primo romanzo di una saga di otto volumi. Il prossimo ottobre, insieme a mio cugino Marco Mazzoli, pubblicherò invece il seguito di Radiografia di un Dj che non piace, questa volta con Mondadori. Sul versante giallo/thriller ho in mente due nuovi soggetti: uno in stile Lo specchio del male, mentre l’altro un po’ più di genere classico, ma con qualche nota piccante. Appena avrò tempo mi metterò subito all’opera, nella speranza di non finire come Orazio!
Cosa ne pensa di una testata come “Gli amanti dei libri”?
Ho scoperto il vostro sito qualche tempo fa, grazie alla segnalazione di un mio caro amico, e devo dire che l’ho trovato davvero molto interessante.
Complimenti per il suo libro e grazie per la disponibilità. Un’ultima richiesta: regali un saluto ai nostri lettori.
Saluto, abbraccio e ringrazio tutti i vostri lettori e come direbbe Orazio: “La tapparella scende. Si chiude il sipario. Signore e signori grazie per essere venuti. In tutti i sensi.”
Leggi anche la recensione di “Lo specchio del male” di Davide Simon Mazzoli
really an amazing article to read.http://www.agenciadempregos.com