Il segreto degli angeli è l’ottavo libro di Camilla Läckberg e, come i precedenti, si annuncia un grande successo. La scrittrice svedese è venuta al Salone Internazionale del Libro di Torino a presentare il suo ultimo lavoro e noi siamo riusciti a passare un po’ di tempo con lei per farle qualche domanda. Ecco cosa ci ha raccontato.
Hai già scritto sette libri e sei qui per presentare l’ottavo e ognuno è stato un grande successo. Dove trovi l’ispirazione per scrivere sempre libri così amati dal pubblico?
Quando ho iniziato a scrivere il mio primo libro mi sono ispirata molto a Elizabeth George, una scrittrice che io amo moltissimo: nei suoi romanzi lei da molta importanza alla vita dei suoi personaggi, insieme al fatto criminoso attorno cui ruota l’intera vicenda, quindi i lettori sono interessati a sapere cosa succederà nel capitolo successivo. Come lei, io volevo scrivere un giallo, ma in cui ci fosse anche una storia di una coppia che vive le proprie difficoltà quotidiane e in cui la gente possa riconoscersi. Credo sia questa la chiave del successo.
I tuoi personaggi cattivi non sono mai completamente malvagi, ma sono persone normali che, dopo aver subito traumi e brutte esperienze, arrivano a commettere degli omicidi. Come mai questa scelta?
Anche nella realtà è difficile trovare persone malvagie al cento per cento, ma, tornando indietro nel corso della loro vita, si trova sempre qualcosa che le ha costrette a cambiare e a compiere azioni cattive. Nella vita di tutti c’è sempre un momento in cui le cose stanno andando male e possono condizionare le nostre scelte successive. Ma se noi prendiamo due persone che hanno subito gli stessi traumi, non è detto che entrambe prendano una brutta strada, magari uno di loro invece andrà avanti con la sua vita e realizzerà qualcosa di buono. A me piace individuare il fattore scatenante che ha reso una persona cattiva e analizzarlo.
Parlaci un po’ dei personaggi principali, Erika e Patrick: è molto raro nei romanzi polizieschi vedere moglie e marito collaborare per risolvere le indagini. Come mai hai deciso di fare questa scelta particolare?
In realtà inizialmente volevo parlare solo di Erika ed è stato il personaggio che ho creato all’inizio. Ma, man mano che scrivevo, mi sono resa conto che non poteva stare da sola, era una donna bella, intelligente e ancora giovane, quindi ho introdotto il personaggio di Patrick, anche perché per lei, privata cittadina, sarebbe stato più difficile risolvere gli omicidi. Poi è apparso anche Martin, il compagno ideale di Patrick, che è giovane e carino; loro due assieme si completano e formano il personaggio ideale.
Parliamo di Anna: anche in questo libro la vediamo abbastanza in difficoltà, perché deve riprendersi dalla morte di suo figlio. C’è speranza nei prossimi libri che lei possa tornare a essere felice?
Sinceramente non lo so (ride)! Io so cosa succede libro dopo libro, le vicende dei miei personaggi si sviluppano mentre scrivo. Quindi non posso darvi nessuna anticipazione, anche se, ad essere sincera, sono curiosa anche io!
I tuoi romanzi partono da molto lontano, alcuni anche agli inizi del 900. Come mai hai sviluppato questo interesse per la storia e come si rapportano gli svedesi al confronto con gli avvenimenti della loro storia?
Io sono molto interessata alla storia, anche a livello personale: in Svezia ho partecipato a una trasmissione televisiva, Chi pensi di essere?, in cui siamo risaliti nel mio albero genealogico per addirittura 11 generazioni ed è stata un’esperienza fantastica. La Svezia, invece, non è mai stata un Paese che si è occupato della sua storia, però ultimamente sono state sollevate molte questioni sulla neutralità della Svezia durante la Seconda Guerra Mondiale; sembra, dalle testimonianze di molte persone che hanno deciso di parlarne, che non sia stata così neutrale come si pensava. Si stanno facendo anche molte scoperte storiche, quindi, dopo essere stata “cieca” per molto tempo, ora la Svezia sta cercando di aprire gli occhi.
Come hanno preso gli abitanti di Fjällbacka il fatto che nella loro piccola città ci siano stati così tanti omicidi in così poco tempo?
All’inizio ero spaventata dal fatto che gli abitanti potessero infastidirsi dal fatto che avessi reso così violenta la loro cittadina, ma in realtà, dopo il primo romanzo, ho scoperto che sono molto orgogliosi di far parte del mio successo letterario. Molto spesso, quando torno a Fjällbacka, mi chiedono di far ritrovare un cadavere nella loro veranda o di uccidere le loro suocere! Spesso mi chiedono se sia credibile il fatto che, in una città di mille abitanti, ci siano quasi due omicidi al mese; ovviamente non è credibile, ma, dopo aver fatto le dovuto proporzioni, ho capito che potrei scrivere almeno altri 500 libri tranquillamente! Poi comunque ci sono i turisti, magari qualche turista italiano o soprattutto i tedeschi… Quelli li uccido appena arrivano! (ride)