8 marzo 2013. Possibile che si debba ancora parlare di parità tra i sessi?
Ma non l’abbiamo già rivendicata, ottenuta, archiviata tra le cose fatte?
Sembra veramente irrealistico – e anche un po’
sconfortante – constatare che più facciamo, più parliamo, più ci sembra di
ottenere risultati sul piano dei diritti e del riconoscimento delle
ingiustizie di cui le donne sono vittime per il solo fatto di essere donne,
più la parità diventa evanescente, una specie di irraggiungibile chimera
che si allontana, lasciando sì qualche traccia, ma mai diventando
sostanziosa realtà.
Uno degli obiettivi di questo Millennio individuati per l’umanità dalle
Nazioni Unite è proprio il raggiungimento della parità e delle pari
opportunità tra uomo e donna. Bene, ma un millennio è lungo! E dal mio punto
di vista, dover aspettare ancora un altro millennio è troppo.
Nel mio libro “Sognando parità” per Ponte alle Grazie mi sono chiesta
proprio questo: quanto dobbiamo aspettare per essere pari agli uomini, per
essere valutate come gli uomini, per essere giudicate in base al nostro
merito e non al nostro sesso? Sono una demografa sociale perciò non mi è
stato difficile arrivare ad una risposta. Un millennio per l’Italia è
troppo, in fondo siamo una nazione evoluta e con una legislazione ben
fondata su principi di uguaglianza, ma certamente
500-600 anni sono un lasso di tempo altamente probabile, vista la lentezza
con cui si procede sulla strada della parità effettiva: in casa, nel mondo
del lavoro, nelle carriere, nella politica.
I politici, i manager, gli accademici, chiunque abbia un peso nella vita
sociale del paese invita le donne ad essere pazienti, perché: “le cose si
aggiusteranno naturalmente, date le crescenti professionalità e capacità
dimostrate dal genere femminile“. Che le donne siano più preparate e più
brave degli uomini è un dato oggettivo, basta guardare un po’ di
statistiche, che riporto anche nel libro che ho citato. Dire alle donne di
aspettare anche solo un altro secolo per arrivare alla parità diventa una
presa in giro perché essere pazienti tanto a lungo, vuol dire perdere
tempo.
In realtà più passa il tempo, più la parità diventa vecchia, un argomento da
vetero-femministe sempre scontente. Questo è vero soprattutto tra le ragazze
che ancora non hanno dovuto confrontarsi con i problemi del lavoro, della
famiglia, della vita adulta, ancora fortemente impregnati da stereotipi di
genere. Le donne giovani ritengono che la parità sia una conquista già
ottenuta, mentre invece è un tema attualissimo e un campo di battaglia
aperto. Ecco perché è importante riportare sempre e costantemente, anche
attraverso libri e saggi, l’attenzione di tutti sulla necessità di
uguaglianza reale e di pari opportunità per tutti.
Qualche dato per misurare le disuguaglianze che colpiscono le donne in
italia. Poco più del 40 per cento di donne italiane riesce a trovare un
lavoro (e la situazione va peggiorando); una donna su due non lavora, se ha
un figlio; due donne su tre non lavorano, se hanno due figli. Siamo sempre
pagate meno di un uomo. Ottocentomila donne hanno subito il licenziamento
tramite la pratica della dimissioni firmate in bianco al momento della
assunzione. In politica le donne sono una minoranza nel Parlamento e nelle
amministrazioni locali. La prima causa di morte tra le donne italiane di età
tra i 16 e 44 anni è l’omicidio da parte del coniuge o ex-coniuge o
ex-fidanzato. Un quadro deprimente della situazione delle donne italiane.
Eppure ci dicono di pazientare.
8 marzo 2013. Mi aspetto ancora mimose, ancora promesse. Mentre scrivo non
so ancora come andranno le elezioni politiche di fine febbraio, perciò posso
permettermi di sognare. Sogno un Parlamento in cui le donne raggiungano la
cosiddetta massa critica di almeno il 30 per cento che consentirebbe di
modificare in modo significativo la legislatura a favore della parità. Sogno
un paese in cui non sia permesso a nessuno, nemmeno a un politico di
rilievo, di rivolgere battute imbarazzanti e offensive ad una donna per far
“ridere” il pubblico, per rendersi simpatico. Sogno una società in cui si
valorizzi il patrimonio di cultura, professionalità e capacità di una
persona indipendentemente dal suo sesso. Sogno una società che abbia il
coraggio di imporre nelle amministrazioni, nelle banche, negli enti, in ogni
circolo grande o piccolo di potere e responsabilità, quote di genere per
raggiungere l’obiettivo importante e vantaggioso del cambiamento di una
classe dirigente che certo non sta dando buona prova di sé e che è
caratterizzata in modo quasi esclusivo dalla presenza di soli uomini.
Un cambiamento come quello prospettato sarebbe vantaggioso per le donne,
certo, ma sarebbe vantaggioso per tutti, poiché la parità porterebbe ad un
aumento significativo di un terzo del PIL, come dimostro nel libro “Sognando
parità”. La parità non è dunque un lusso di paesi che se lo possono
permettere, ma uno strumento fondamentale per la crescita, il benessere e la
competitività di un paese. E in periodi come questo dovrebbe essere al primo
posto nell’agenda politica nazionale. “Sognando parità” ci fa capire dove
siamo arrivati nel campo dell’uguaglianza di genere, riporta l’attenzione su
un tema importante, ma un po’ troppo marginalizzato nell’attuale dibattito
economico-politico, e soprattutto vuole essere un punto di partenza per
arrivare davvero alla parità. Per tutti.
Rossella Palomba, demografa sociale, è esperta di problemi di genere e di lavoro femminile. Autrice di numerosi articoli, libri e rapporti sulle politiche sociali e le problematiche femminili, è stata anche ambasciatrice europea per le pari opportunità nella scienza.
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