ROMANZI
Due donne, due generazioni diverse. Un passato inciso nel cuore e sottopelle come un tatuaggio incancellabile, fatto di crudi sentimenti inconfessabili. I muri di silenzio e di fraintendimenti che costruiamo intorno a noi ci separano dagli altri. Lena cresce in una famiglia segnata dalla malattia, dall’equivoco segreto della madre e dal tenero, ma da lei crudelmente misconosciuto, amore del padre; una sofferenza che alla bambina appare misteriosa, che la respinge e la risucchia in una cupa estraneità,isolandola da tutti, anche dalla donna venuta ad occuparsi della casa, Maria, e dalla sua piccola figlia, Chiara.
Al cuore di Muri c’è la sofferenza di Lena e la sua silenziosa, terribile ribellione. I suoi saranno gesti estremi, irreparabili. Azioni inaccettabili per la legge e per la morale e dunque da dimenticare. Lena si nasconde in un’oscura, opaca solitudine in fondo al proprio corpo. Finché un giorno alla sua porta bussa Chiara, per capire il proprio passato, ma anche per riportare alla luce il terribile segreto di Lena.
Nel suo stile essenziale, Jole Zanetti esplora gli aspetti più oscuri e profondi dell’animo femminile. La durezza della vicenda e la forza dei sentimenti turbano ed emozionano, sempre al confine tra pietà e crudeltà, rifiuto e compassione, per guidarci alla scoperta della verità: la verità sui fatti e soprattutto quella sulla fragile natura degli esseri umani, così pronti a ferire e ad essere feriti.
“Muri” di Jole Zanetti. Dal 26 aprile in libreria. Garzanti editore.
La Chunga è la pièce di Vargas Llosa più conosciuta e rappresentata in Italia e in tutto il mondo. Nata da una costola della Casa Verde (dove la Chunga era un personaggio secondario), è la rievocazione della sera in cui Josefino «impegnò» la sua Meche per poter continuare a giocare a dadi nonostante avesse perso tutto. La Chunga, la padrona del bar, gli fece credito ma, in cambio, volle Meche per tutta la notte. Che cosa successe veramente in quella camera da letto al piano di sopra? Ognuno dei quattro giocatori, ancora una volta al bar della Chunga a distanza di anni, dà una versione diversa dei fatti. Meche è sparita e non può confermare né smentire. Resta soltanto, sulla scena, la materializzazione dei desideri di tutti i personaggi: una inestricabile ragnatela di ricordi e immaginazione, passato e presente, verità e menzogna che è forse la sintesi più profonda di tutta la letteratura di Vargas Llosa.
“La Chunga” di Mario Vargas LLosa. Dal 27 aprile in libreria. Einaudi editore.
È mattina presto quando Rakhee esce di casa, diretta all’aeroporto. Dietro di sé, lascia un uomo addormentato, un anello di fidanzamento e una lunga lettera. Ma soprattutto lascia un segreto. Un segreto che lei e la sua famiglia hanno custodito per anni. Un segreto che sembrava ormai sepolto sotto la polvere del tempo.
Il segreto di Rakhee ha radici lontane ed è legato all’estate del suo primo viaggio in India, a un mondo illuminato da un sole accecante oppure annerito da cortine di pioggia, a una vecchia casa quasi troppo grande da esplorare, a cibi intensamente saporiti e colorati, a zie vestite con sari sgargianti, a cugine chiassose e ficcanaso, e a un giardino lussureggiante, nascosto dietro un alto muro di cinta…
Allora Rakhee era troppo giovane per sopportare il peso della sua scoperta, ma non è mai riuscita a dimenticarla e adesso, proprio mentre la vita le regala promesse di gioia, comprende che è arrivato il momento di dire la verità, anche se ciò significa perdere tutto, compreso l’amore. Tocca a lei abbattere le mura di quel giardino che la sua famiglia ha così caparbiamente difeso. Tocca a lei trovare la chiave per aprire la casa di petali rossi…
Come un prisma che riflette i colori, gli odori e i sapori delle emozioni, questo sorprendente romanzo dispiega le infinite sfumature dei sentimenti umani e le ricompone nella storia di Rakhee, per rivelare come sia sempre possibile spezzare le catene del passato e aprirsi con slancio a ciò che il futuro può offrire.
“Una casa di petali rossi” di Kamala Nair. Dal 26 aprile in libreria. Nord editrice.
Vincenzo Consolo e` stato una delle voci piu` originali e autorevoli della cultura italiana negli ultimi decenni. Le sue “narrazioni”, che rifiutano la forma standard del romanzo e la lingua vuota del nostro tempo, sono lette, ammirate e studiate in Europa e nel mondo. Come i suoi maestri Vittorini e Sciascia, Consolo si e` dedicato a un’instancabile attivita` militante, su quotidiani e periodici. Questo volume raccoglie cinquantadue brevi scritti, tra cui alcuni preziosi inediti, racconti – come li definiva l’autore – che coprono un arco di piu` di cinquant’anni, ripercorrendo il suo itinerario di scrittore e toccando tutti i temi a lui piu` cari. In un’intensa galleria sfilano davanti ai nostri occhi vividi quadri dell’infanzia in Sicilia e della giovinezza a Milano, ritratti ironici o feroci della societa` e nel mondo culturale italiano; viaggi nella storia, nel paesaggio, nell’arte di una Sicilia amata con dolorosa consapevolezza; interventi precisi, affilati sul nostro tempo, che testimoniano un appassionato impegno civile. I lettori di Consolo troveranno pagine sorprendenti per freschezza e immediatezza e testi che gettano nuova luce sui suoi capolavori: l’articolo su Aleister Crowley che e` la lontana premessa a Nottetempo, casa per casa; la rievocazione della Mozia di Retablo, scoperta nel primo affacciarsi alla vita adulta; il ricordo di quella Palermo martoriata che e` al centro dello Spasimo; lo sguardo critico sul Risorgimento che informa Il sorriso dell’ignoto marinaio. Chi si avvicina per la prima volta a Consolo scoprira` la sua lingua ricca di storia e di sapori e il ritmo musicale della sua prosa, la sua capacita` di raccontare la societa` italiana attraverso la lente di un giorno come gli altri e la sua amara e sottile vena comica. Tutti resteranno affascinati da uno scrittore che sfugge a qualunque facile definizione. Consolo ha vissuto a Milano senza staccare la penna dalla sua Sicilia, ha scavato nella storia per affrontare il presente, ha usato parole dimenticate per sperimentare nuove inedite strade. Questo libro, l’ultimo che ha personalmente concepito e voluto, restituisce intatta la sua alta lezione ai lettori di oggi e di domani.
“La mia isola è Las Vegas” di Vincenzo Consolo. Dal 27 aprile in libreria. Mondadori editore.
Siamo in Sudamerica, nel 1997. Sono passati vent’anni dal lieto fine della favola in cui il principe Gustavo ha sposato Vida, la bella giovane di campagna, salvandola da un luogo primitivo per portarla in un castello in città. Oggi Gustavo e Vida, dopo una breve assenza, scoprono che qualcuno è entrato nella loro villa e ci ha abitato per giorni. Il placido tenente Taibo viene chiamato a indagare sul caso.
E a poco a poco diventa il confidente di Vida, di cui scoprirà la disperata solitudine, aggravata dalla fuga senza tracce della figlia diciannovenne Paloma, che è scappata con Adolfo, affascinante quanto misterioso giovanotto, e probabilmente vive con lui alla giornata, occupando i «nidi» degli altri. Vida e Taibo si mettono così sulle tracce dei due ragazzi tornando al paese di lei, di cui è originario anche Adolfo. E la loro ricerca diventa una nuova fuga, un ritorno al passato che apre strade a un futuro diverso per tutti.
Questo romanzo conferma il grande talento di Véronique Ovaldé nell’esplorare attraverso una scrittura potente e minuziosa le contraddizioni dei sentimenti umani, la difficoltà ad emanciparsi dalle costrizioni, le invisibili lotte che si consumano quotidianamente in famiglie e società apparentemente pacifiche. Un romanzo con un lieto fine alternativo: l’amore può essere un sentimento rivoluzionario, il volo definitivo che consente di spiegare le ali e liberarsi anche dalle gabbie più comode e dorate.
“Vivere come gli uccelli” di Veronique Ovaldè. Dal 16 aprile in libreria. Ponte alle grazie editore.
Porodin, Serbia centrale. Manca poco allo scoccare della mezzanotte. Il fiume Morava scintilla per il riflesso della luna che sembra sul punto di volersi tuffare in acqua. Sette figure si avvicinano alla sponda, dove è ormeggiato il battello Notte della Morava. A invitarli nell’albergo galleggiante, eletto a dimora temporanea, è uno scrittore che ha deciso di ritirarsi dalla scena letteraria. I sette amici non sanno perché sono stati chiamati all’improvviso a raggiungerlo. C’è chi è stato svegliato da una telefonata, chi è stato mandato a chiamare da un messaggero, chi ha sentito una pietruzza lanciata contro il vetro della finestra infrangere il silenzio della notte. Grande è la loro sorpresa quando vedono l’uomo, notoriamente misogino, che li accoglie con una donna al suo fianco. Chi è questa donna? Un’amante? O forse una prostituta? O più semplicemente una persona che lavora per lui? I sette uomini gli siedono intorno, le domande si affollano, ma lo scrittore non vuole rispondere subito, ha un’intera notte davanti a sé. Una lunga notte per raccontare il viaggio che dall’isola di Krk l’ha portato in Spagna, a Numanzia e in Galizia, e poi in Germania e in Austria. Un viaggio per ritrovare le proprie radici, ma anche una fuga da una donna che l’ha inseguito ovunque per ucciderlo. E che forse adesso è la stessa che siede insieme a loro, in attesa dell’alba…
Peter Handke costruisce con la consueta maestria un viaggio vero e fantastico allo stesso tempo. Un viaggio catartico da cui sorge un romanzo notturno, illuminato da una luce magica, che è stato definito il romanzo più ambizioso e forse più personale del grande scrittore.
“La notte della Morava” di Peter Handke. Dal 26 aprile in libreria. Garzanti editore.
SAGGI
Autobiografia sentimentale e intellettuale, La verità di Agamennone è il libro di un eccezionale narratore che qui, in bilico tra saggio e racconto, sconfessa l’idea di un unico, granitico punto di vista sulla realtà per lasciare a chi legge l’onore e l’onere di comprenderla e decifrarla. Javier Cercas è convinto infatti che quando uno scrittore si mette all’opera, non debba mai dimenticare che esistono più verità. È in chiave soggettiva che vanno letti gli episodi raccontati. Che siano diari di viaggi in Messico o in Estremadura, terra natale dello scrittore, «lettere» in difesa della dignità del romanzo o analisi accurate sulle radici del presente o sul nazionalismo; che si tratti di scene della vita quotidiana dell’autore a confronto con le reazioni del figlio nel museo del giocattolo, per esempio, o del suo ricordo del 23 febbraio 1981, giorno del tentato golpe in Spagna; che sia il commovente incontro con Manuela Vitini, il cui padre e i due fratelli hanno combattuto per la libertà durante la guerra civile e la resistenza, oppure l’affettuoso rimando ai suoi punti di riferimento ideali – Borges, Bioy Casares, Kafka –, o ancora l’intrigante racconto di epilogo da cui il libro prende il titolo, in tutti convivono con naturalezza quotidianità e letteratura, esperienza di vita e intellettuale.
“La verità di Agamennone” di Javier Cercas. Dal 26 aprile in libreria. Guanda editore.
Senza dubbio il ritorno alla civiltà delle buone maniere dopo tanta sguaiataggine risulta un bel salto di qualità. Purtroppo si tratta semplicemente di far digerire all’intera società una cura da cavallo che colpisce i deboli e gli indifesi; senza toccare minimamente il sistema dei privilegi che ha succhiato ogni linfa vitale dal corpo anemizzato del Paese.
“Ceravamo tanto illusi” di Pierfranco Pellizzetti. Dal 24 aprile in libreria. Aliberti editore.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino visti da vicino, raccontati da chi, per anni, ancor prima che diventassero i magistrati antimafia che tutti conosciamo, ha vissuto al loro fianco momenti indimenticabili. Colleghi, investigatori e collaboratori ma anche amici veri, che – diversamente da quanto fatto da chi in questi vent’anni si è vantato della loro amicizia – fino ad ora non avevano mai raccontato nulla di quel rapporto così intimo che hanno conservato nei loro cuori.
Ed ecco, dunque, Giovanni Falcone con la sua mania per le collezioni di papere e penne stilografiche, con le sue battute di ironia demenziale, con la guerra delle molliche a tavola, ma anche con i suoi amori tormentati e le sue lacrime davanti ai drammi di alcuni dei collaboratori di giustizia che avevano deciso di parlare con lui.
Ed ecco Paolo Borsellino, uomo all’antica, dall’umanità travolgente, rilassarsi con la sua piccola barca di vetroresina o a cavallo di una bicicletta, a pesca grossa durante il soggiorno da “recluso” all’Asinara o “in fuga” dalla scorta per una passeggiata notturna a Mondello con l’amico più stretto.
è il racconto del volto inedito di due uomini che, sotto l’immenso peso dell’ansia e delle responsabilità della missione che li ha portati insieme fino alla morte, sapevano anche sorridere e divertirsi. Ed è il racconto di una grande amicizia fra due uomini diversi eppure uguali: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
“Visti da vicino” di Viviano e Ziniti. Dal 24 aprile in libreria. Aliberti editore.
Viviamo in un mondo inquieto, scosso da profonde crisi, non solo economiche, in cui sembrano prevalere le primordiali pulsioni distruttive che generano da sempre guerre, conflitti, odi, divisioni. Un mondo in cui la logica dominante è quella che arma l’uno contro l’altro individui, collettività e nazioni, spesso in nome di presunte superiorità culturali, religiose o, addirittura, razziali. È ancora possibile, in una realtà così segnata dalla violenza e dal dolore, parlare della felicità come di un obiettivo alla portata di tutti? Dopo aver esaminato in precedenti volumi la cosiddetta «rivoluzione della felicità» e il suo rapporto con il mondo del lavoro, Sua Santità il Dalai Lama e lo psichiatra americano Howard C. Cutler affrontano ora una nuova e ambiziosa sfida, a partire da un assunto semplice e fondamentale: poiché la natura dell’uomo è essenzialmente buona, se egli coltiverà le sue doti innate potrà realizzare se stesso e, quindi, essere felice. Secondo la concezione buddhista, infatti, la felicità è un’arte e, come tale, richiede pratica ed esercizio, al pari di qualsiasi altra competenza e abilità umana. Allenando la mente a individuare le cause dell’ansia e dell’insoddisfazione, abituandoci a riconoscere, nell’incontro con gli altri, le affinità piuttosto che le differenze, alimentando emozioni positive quali la compassione e l’empatia anziché la paura e la diffidenza, troveremo la strada maestra per raggiungere una maggiore felicità. Ad avvalorare questa visione sono intervenute in anni recenti anche le neuroscienze, che hanno dimostrato come il cervello umano sia naturalmente predisposto a creare pregiudizi, ma sia altrettanto pronto a superarli, se questo torna a beneficio della nostra specie. Ed essere più felici comporta non solo indubbi vantaggi personali – aumenta le probabilità di avere relazioni più solide, un maggiore benessere psicofisico e perfino una vita più lunga –, ma anche una radicale trasformazione della società: in una sorta di circolo virtuoso, individui felici daranno vita a comunità più felici e, perciò, più aperte e accoglienti. Attraverso racconti, meditazioni e dialoghi in cui approfondisce i diversi argomenti, il Dalai Lama ci aiuta a scoprire le fonti del disagio della nostra epoca e lancia un forte messaggio di speranza per ogni singolo individuo e, soprattutto, per l’umanità intera: esiste una via chiara e definita per essere felici. Anzi, più di una.
“L’arte della felicità in un mondo di crisi” di Dalai Lama. Dal 27 aprile in libreria. Mondadori editore.
Il Vangelo è ancora attuale? Certamente sì. Tuttavia, anche in ambito ecclesiale, spesso si lamenta una crisi dell’annuncio. Se la verità di Cristo è sempre attuale, allora bisogna prendere atto che il problema consiste nella mediazione: la predicazione è ancora troppo lontana dalle problematiche e dai linguaggi dell’uomo contemporaneo. Karl Barth sosteneva con forza la necessità di legare l’annuncio alla quotidianità dei giorni: «Riflettiamo alternativamente sul giornale e sul Nuovo Testamento e scorgiamo spaventosamente poco di quella correlazione organica tra i due mondi, di cui dovremmo poter dare chiara e forte testimonianza». Di fronte alla menzogna dei poteri di ogni tempo, la verità di Cristo va annunciata con il vangelo in una mano e il giornale nell’altra. Spesso, invece, la Parola si perde nei rivoli di un annuncio troppo sofisticato o moralistico, una sorta di sermone incapace di arrivare al cuore della gente e di dare risposte alla sofferenza, alle inquietudini,
alle contraddizioni che interpellano il nostro tempo. In un mondo globalizzato, nell’era della comunicazione, mentre il dialogo si arena dinanzi a un individualismo sempre più esasperato, l’uomo rimane solo. Senza risposte. Attraverso la Parola che dà senso alle parole, Buongiorno vita è un annuncio di Vita. È una raccolta di riflessioni su temi attuali che, lungi dal dare soluzioni preconfezionate, accompagna il lettore in un percorso alla ricerca del dialogo con Dio, con l’uomo, con se stesso.
“Buongiorno vita” di Gennaro Matino. Dal 24 aprile in libreria. Dalai editore.
GIALLI, NOIR E THRILLER
È una limpida mattina dell’anno del Signore 1484 e Joan Serra sta giocando a indovinare le forme delle nuvole che macchiano il cielo. Più in basso, una sagoma ben più minacciosa solca il limpido mare della cala di Llafranc: una galea corsara sta per assaltare il piccolo borgo di pescatori in cui Joan è nato, dodici anni prima. Suo padre, Ramón, muore difendendo la famiglia dagli assalitori, ma non riesce a impedire il rapimento della moglie e della figlia. Le sue ultime parole sono indirizzate al maggiore dei figli maschi, Joan: «Promettimi che sarai libero…»
Straziato dal dolore e dalla rabbia, Joan è costretto a cercare fortuna a Barcellona, dove insieme al fratello minore viene accolto in un convento di frati. Grazie a un mercante che li ha presi in simpatia, Joan trova lavoro in una nota bottega di amanuensi e rilegatori, ignaro delle insidie nascoste tra le eleganti lettere che tanto lo affascinano. Un fascino insidioso pari a quello delle strade variopinte e chiassose della città, dove Joan conosce Anna, figlia di un orafo ebreo, e se ne innamora perdutamente. Un amore che equivale a una condanna in un mondo in cui le barriere sociali ed economiche sembrano invalicabili e dove la morsa del Santo Offizio si stringe, sempre più feroce, attorno ai pochi, profondissimi affetti che Joan si è conquistato, mettendo a rischio la sua stessa vita e la promessa che si è impegnato a onorare…
Tra colpi di scena, snodi inaspettati e personaggi indimenticabili, un romanzo che narra di libri e della lotta di un uomo per la libertà.
“Promettimi che sarai libero” di Jorge Molist. Dal 26 aprile in libreria. Longanesi editore.
Con Il caso Maloney, Graham Hurley inaugura una serie che in Gran Bretagna e in Francia ha fatto scalpore: thriller forti di una scrittura scabra e cristallina, e di una capacità di restituire la realtà della scena criminale con tale efficacia da annoverare tra i molti estimatori i più alti gradi della polizia e dell’investigazione del Regno Unito.
Stewart Maloney è scomparso nel nulla: l’ispettore Joe Faraday è convinto che sia stato assassinato. Ma ci si può basare su una semplice intuizione in un luogo come Portsmouth, una delle città più povere e violente d’Inghilterra, dove le uniche leggi sono il traffico di droga e il crimine, e la sola regola è l’omertà? Sprecare energie dietro un presunto caso di omicidio è una perdita di tempo che Joe non può permettersi. Ma Faraday sta lottando anche contro altro: sotto un cielo grigio che
incombe, nel quale solo il volo degli uccelli sembra avere ancora una direzione e un senso, i demoni di un passato che lo ossessiona non gli concedono tregua. Perché ritrovare Stewart Maloney vivo o morto è il perno intorno al quale ruota ormai la sua intera esistenza: e fallire significherebbe arrendersi a quei demoni, arrendersi alla follia…
“Il caso Maloney” di Graham Hurley. Dal 24 aprile in libreria. TimeCrime editore.
Un avvincente thriller storico che svela il segreto del mandylion, la raffigurazione del volto di Cristo la cui origine si perde nel buio dei secoli e del mito…
Italia, inverno 1453. All’interno di un’abbazia abbandonata, un rudere fortificato in mezzo alle nevi del Gran Sasso, Alessandra d’Ascoli, una mercante di reliquie e confidente di papa Niccolò V, si sveglia: è ferita ma non ricorda nulla, salvo l’immagine di una sanguinosa battaglia. Uno sconosciuto, che afferma di essere suo marito, le rivela che il suo nome è Alessia. C’è tuttavia qualcosa in quell’uomo che le fa paura, qualcosa che le sfugge ma la terrorizza… Nonostante sia così debole, Alessandra si costringe dunque ad alzarsi e si inoltra lungo un sentiero che circonda l’abbazia, fino a una tomba sulla cui lapide è inciso il suo stesso nome. Comincia così un viaggio verso le ombre che assediano il suo passato, un viaggio che ben presto si rivelerà infernale: qual è la sua reale identità? Cos’ha fatto prima di perdere la memoria? Nel frattempo, qualcuno si aggira nel cuore dell’abbazia. Cosa sta cercando? E a chi appartiene quella salma esposta all’interno della cripta?
“L’ultimo Vangelo” di Barbara Goldstein. Dal 24 aprile in libreria. TimeCrime editore.
STORICI
Fine del dodicesimo secolo, pieno Medioevo: nella selvaggia Islanda, dove ancora si contrappongono il cristianesimo e il retaggio pagano, Kveld Úlfr è figlio di un prete ma discende, per parte di madre, da Egill Skallagrímsson, figura leggendaria cantata nelle saghe, eroe sanguinario, stregone e poeta. Kveld sente su di sé un’eredità pesante, fonte di lacerazioni interiori, aggravata dal forte conflitto con il padre, lascivo e ipocrita. Quando improvvisamente l’eruzione di un vulcano cancella il suo villaggio e tutti coloro che ama, il ragazzo lascia la sua isola di ghiaccio e di fuoco per raggiungere l’Inghilterra, dove fa amicizia con una bizzarra figura di crociato, cavaliere e trovatore, Godfrey di Dol. E poco dopo, in Francia, durante un torneo il giovane Kveld si distingue per la sua straordinaria abilità con l’ascia – la leggendaria arma di Egill – e viene notato da re Riccardo Cuor di Leone che lo prende sotto la sua protezione, lo addestra e lo nomina cavaliere. Kveld parte per la Quarta crociata con l’idea di compiere una gloriosa missione e al contempo per ritrovare se stesso, ma le atrocità cui è costretto a partecipare tormentano ulteriormente la sua anima, sconvolta dopo il saccheggio di Costantinopoli, dove cristiani muoiono a migliaia per mano di altri cristiani. Re Riccardo muore: ormai senza protettori e ramingo, dopo aver incontrato il frate Domenico di Guzmán, Kveld si unisce alla setta del Regno del Serpente, dominata da una affascinante ed enigmatica aristocratica, Dama Loba, che celebra i suoi riti sensuali in un misterioso castello nei Pirenei. Il destino tuttavia stana Kveld ancora una volta, conducendolo nella città di Albi, dove la spiritualità e la semplicità della fede catara lo illuminano. Quando papa Innocenzo III chiama alle armi contro l’eresia, Kveld viene incaricato di una missione importantissima: raggiungere e condurre al sicuro il mitico papa cataro, la figura misteriosa e potente di cui si parla ma che nessuno ha mai conosciuto. Nell’Occitania sconvolta dalla crociata contro gli albigesi, tra stragi e violenze, basse cupidigie contrapposte ad alti esempi di spiritualità, Kveld riesce a rintracciare il papa cataro, e con lui un segreto sconvolgente e rivoluzionario… Solo la forza sotterranea dell’amore, che mai lo ha abbandonato, potrà ricondurre l’eroe di questo romanzo verso un luogo di pace, nelle mitiche terre scoperte dai Vichinghi all’estremo Nord Ovest. Claudia Salvatori dà vita in queste pagine a un grande romanzo di formazione e d’avventura, a un protagonista indimenticabile, modernissimo ed epico, forte e appassionato come chi ha il coraggio di vivere ogni scelta fino alle sue estreme conseguenze. Una fiammeggiante, originalissima storia di fede,di sangue e d’amore.
“Il cavaliere d’Islanda” di Claudia Salvatori. Dal 27 aprile in libreria. Mondadori editore.
VARI
«Dopo aver buttato via moltissimi racconti che mi sembravano scritti da un secondo Cortázar, meno bravo di lui, mi decisi a raccoglierne alcuni in un libro» mi disse Sepúlveda una sera a Gijón. «E lì imparai che il genere che più mi piaceva, quello in cui mi sentivo più a mio agio, era il genere più difficile: il racconto breve. Quando scrivi un romanzo, a volte può succedere che i personaggi ti sfuggano per un po’ di mano, e va benissimo, a patto che poi tu riesca a recuperarli e a ricondurli sul sentiero prestabilito. Nel racconto, non può accadere neanche questo, non ne hai il tempo e la possibilità, eppure in quel genere mi sento a mio agio perché la sfida è terribile: il racconto è narrazione pura.» Ed è forse nel racconto… che Sepúlveda dà il meglio di sé, grazie al suo gusto per le immagini pennellate con estrema cura, alla sua capacità affabulatoria ed evocativa che gli permette di stilizzare con semplicità e leggerezza calviniane i personaggi e gli eventi più complessi. Avere sotto mano, in un unico volume, tutte le sue narrazioni brevi consente dunque al lettore di apprezzare ancora meglio queste sue virtù, viaggiando con maggiore comodità nei suoi microuniversi… che si svolgono negli scenari più remoti e diversi, dalla Patagonia al Nicaragua, da Amburgo al Cile, da Parigi a El Idilio, l’immaginario villaggio del Vecchio che leggeva romanzi d’amore. Percorrendo d’un fiato questi paesaggi, ci si renderà anche conto dell’evoluzione dell’autore cileno, fino ai racconti più recenti, in cui la voce di Luis Sepúlveda diviene inconfondibile e imperiosa come un marchio di fabbrica.
“Tutti i racconti” di Luiz Sepulveda. Dal 26 aprile in libreria. Guanda editore.
Come si costruisce un’impresa vincente? Come riuscire a rimanere a lungo ai vertici?
Ferran Soriano ci accompagna lungo il percorso che in pochi anni ha trasformato un club in difficoltà economiche e di risultati nella squadra più forte del mondo.
Era il 2003 quando Joan Laporta assunse la carica di presidente dell’FC Barcelona. Braccio destro imprescindibile era Ferran Soriano, giovane dirigente del settore delle telecomunicazioni e grande appassionato blaugrana. La squadra, che era in crisi finanziaria e aveva terminato al sesto posto l’ultimo campionato, cominciò una rapida risalita che l’ha portata a dominare il calcio mondiale. Con ovvi benefici anche sul piano economico.
Il pallone non entra mai per caso è scritto dall’interno, da uno dei protagonisti dei successi del Barcellona. Il libro descrive la logica con cui il gruppo dirigente della squadra ha analizzato il settore, ha formulato una strategia e l’ha messa in pratica, costruendo un team capace non di un successo occasionale, ma di un’egemonia pianificata del mercato destinata a durare negli anni.
«La gestione vincente di una squadra di calcio – spiega Soriano – richiede, come per qualunque altra impresa, una strategia supportata da un’attenta analisi del mercato e dei concorrenti, una chiara definizione degli obiettivi, una politica delle risorse umane corrispondente agli obiettivi fissati, una divisione dei compiti e delle responsabilità, e una pianificazione di un certo respiro.»
“Il pallone non entra mai per caso” di Ferran Soriano. Dal 26 aprile in libreria. Vallardi editore.
Fin dalle sue origini l’umanità si è spostata in maniera incessante alla ricerca di condizioni di vita migliori, da una regione all’altra, da un continente all’altro. Oggi con la globalizzazione le dimensioni del fenomeno e la velocità degli spostamenti sono cambiate in maniera radicale: su una popolazione mondiale di oltre 6 miliardi di persone, circa 200 milioni sono migranti.
Nel grande scenario dei movimenti delle popolazioni, ci sono da una parte persone spesso giovani e istruite che, per sfuggire a crisi politiche o ambientali, sfidano enormi pericoli sperando in un futuro migliore; dall’altra, i Paesi meta delle migrazioni, alle prese con l’invecchiamento dei propri abitanti e la scarsità di manodopera in settori come l’edilizia, l’agricoltura e i servizi assistenziali.
L’Atlante mondiale delle migrazioni spiega come migrazione e sviluppo siano interdipendenti, ognuno causa e insieme effetto dell’altro, e come sia possibile una strategia che benefici il Paese d’origine, quello d’accoglienza e i migranti stessi.
“Atlante mondiale delle migrazioni” di Catherine Withol De Wenden. Dal 26 aprile in libreria. Vallardi editore.
“Cucino da sempre, meglio, cucino da quando avevo otto anni e la cavia di allora era il mio fratellino. Il mio incontro con la cucina senza glutine, invece, risale a sei anni fa. Prima non sapevo neanche cosa fosse la celiachia. All’improvviso sono privata del mio mondo sia fuori che dentro casa. Basta con lo slow food, basta con il turismo gastronomico, basta con la libertà di fermarsi a mangiare una pizza fuori programma.
La mia dispensa in un solo pomeriggio si svuota, la libertà di una passeggiata imprevista svanisce, anche un caffè al bar diventa un problema. Dopo qualche mese di buio, in cui non so che pesci prendere, decido: non posso rinunciare a tutto. Cerco le farine consentite e comincio a “sperimentare”, giorno dopo giorno, farina su farina. Trovo anche la nuova cavia, un marito, non celiaco, che almeno serve a qualcosa, a farmi notare le differenze con il cibo “normale”. Differenze che dopo un po’ non sottolinea più.
In un anno il cibo torna a essere un piacere”
“Ricettario per celiaci” di Scalisi e Ghinazzi. Dal 26 aprile in libreria. Aliberti editore.