Meccanica di un addio – Carlo Calabrò

Titolo: Meccanica di un addio
Data di pubbl.: 2024
Pagine: 217
Prezzo: € 16,00

“Il mondo fa schifo ed è sbagliato, e per aggiustarlo ci vuole uno come Kaufmann, per dimostrare che è possibile l’impossibile: fare impresa (e soldi) onestamente, in Brasile, valorizzando i legnami ma allo stesso tempo proteggendo la foresta.” (pag.12)

Florian Kaufmann è un ingegnere svizzero tedesco, in Brasile da alcuni anni, animato dai fermi propositi di cui sopra, convinto che vincerà la sua personale battaglia contro le molteplici avversità del luogo – dirige un’industria di legnami pregiati in Amazzonia, Mato Grosso, ad Araxá de Oeste, praticamente in mezzo al nulla. L’industria l’ha rilevata dall’ex socio Heitor e si è rivelata una bella fregatura dal punto di vista economico. Il suo dirimpettaio, il polacco Kowalsky, proprietario anche lui di una ditta di legnami e di un allevamento di bestiame – basta tagliare piante un po’ dove serve e dare fuoco al resto per creare nuovi pascoli e gestire un doppio business – lo odia e ne ha paura. Florian stesso se ne tiene alla larga. Con la moglie di costui, Andressa, ha avuto una storia di sesso poi conclusa prima di  prendersi una fucilata dal rozzo e umorale Kowalsky.

In realtà, cosa anima Florian? Una disperata forma di hubrís? L’alterigia, tipica di chi è nato e cresciuto in una grande, e in apparenza incorruttibile, democrazia, di insegnare agli altri come ci si comporta? Un desiderio di espiazione legato a un tragico evento del recente passato? O magari solo il rifiuto di accettare di aver sbagliato fin dall’inizio nello scegliere un Paese e una battaglia persi in partenza? Ha provato a farglielo capire Diana, il suo effimero amore di San Paolo, senza successo. E ci proverà ancora nel corso della narrazione, con parole dure come cazzotti e ancora senza ottenere risultati. Florian è cocciuto, sarcastico, superiore a tutto e a tutti (o così si è convinto di essere) tanto che, quando una bella porzione della sua industria va a fuoco, invece di dichiarare forfait e andarsene per sempre, si appella alle Assicurazioni Generali Cantonali Svizzere per il risarcimento del danno. È sicuro che sia stato Kowalsky ad appiccare il fuoco alla sua proprietà e non è affatto disposto a dargliela vinta. Peccato che l’arrivo di due stralunati poliziotti, il vice ispettore Aguiar e l’agente scelto Mourão del comando di Rondônia, sparigli le carte: sotto la cenere del rogo scoprono il cadavere di uno sconosciuto e danno la colpa a Florian. Si dipana da qui la parte centrale del romanzo con Florian che deve scagionarsi, l’arrivo travagliato del perito zurighese Lukas Keller, l’apparizione della moglie di costui Duda – una brasiliana emigrata proprio a Zurigo dove lavora al consolato del Brasile nell’ufficio dedicato ai rapporti commerciali – e le varie vicissitudini che permetteranno a Florian di ottenere infine il risarcimento e ricominciare la propria attività. Una parte ironica, dall’umorismo sottile e ben calibrato, piena di amare considerazioni sulla corruzione che dilaga nel Paese e ricca di momenti di pura ilarità. Ma, dopo, la storia continua e si fa maligna e aspra. E persino l’efficiente ingegnere svizzero Florian si renderà conto di aver sbagliato a ‘calcolare i margini’, una cosa, come avvertiva il suo professore di meccanica razionale all’università, che “può mettere in gioco la vita”. E, aggiungiamo noi, costringere a pesanti compromessi. Soprattutto in un Brasile di fluida contraddittorietà.

Intorno a Florian si muovono, con caratteristiche, ritmo e battute perfetti, una serie di personaggi: il suo braccio destro Ramiro, il commercialista dottor Fabiano – avvocato, barbiere, macellaio… -, Estrela, padrona dell’unica pousada di Araxá, il barista Jackson, il pontiere Carlinho, le cuoche Cleide e Angela, e Marisa Pontes dell’ufficio amministrativo del commissariato di polizia di Porto Velho, solo per citarne alcuni.

Carlo Calabrò, di formazione bioingegnere, è al suo esordio come autore dopo aver già vissuto altre vite. Un esordio di tutto rispetto per l’alto livello della prosa, l’ineccepibile intreccio giallo e i molti riferimenti sociali, storici e letterari che rendono questo libro denso, affascinante e profondo.

Francesca Battistella

Francesca Battistella (Napoli, 1955) si è laureata in Antropologia Culturale nel 1979 alla Federico II di Napoli e ha conseguito un Master nella stessa materia presso la Auckland University, Nuova Zelanda, nel 1982. Ha lavorato come Lettrice d’Italiano e Storia Contemporanea nella stessa università nel 1983 e nel 1984. Tornata in Italia è stata traduttrice dal francese e dall’inglese per l’Istituto di Studi Filosofici di Napoli e in seguito per dieci anni segretaria di alta direzione, promoter, editor e organizzatrice di eventi presso la società INNOVARE, gruppo Banco di Napoli. Dal 2008 vive e lavora a Lugano, Svizzera. Negli anni ha pubblicato il romanzo storico Gli esuli (2004), un giallo Il parco delle meraviglie (2006), un noir Re di bastoni, in piedi, una trilogia gialla ambientata sul lago d’Orta che comprende La stretta del lupo (2012), Il messaggero dell’alba (2014), La bellezza non ti salverà (2016) e ancora un noir La verità dell’acqua (2019). Gli ultimi cinque libri per la casa editrice Scrittura&Scritture. Scrive recensioni per Gli amanti dei libri, la rivista Airone (Cairo editore) e Luoghi di libri.

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