L’ElzeMìro – Lettere alla dr.ssa Dedgyakéli* Lettera ventiduesima, s.d., Presto per locomotiva rossa

 

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                                                          George C. Tooker (1920-2011) Un ballo en Maschera,1983, litografia, RoGallery

La vita vista dalla testa non vale più della vita vista da un pesce rosso – L.F. CélineBagatelle per un massacro

Il treno sta per fermarsi e non è una metafora. Indovino me l’umore dei treni, frena e rallenta, stomp; scalo intorno, diecimila binari; cavalla bretone in riposo una mastodontica locomotiva rossa, tentazione da ladro, tutta accesa in attesa, parcheggiata a tre binari di distanza dal mio convoglio fermo. Luci paramount di periferico misto con grattacieli. Il what’s what del contemporaneo sta nelle periferie, ché la campagna è ingannatrice; collinette, laghetti, casette, pandsipagni, geragni, tirolesi, l’arreso del mondo è periferia a miriametri cubici, monito ai pellegrini, scampo nigòtt*. Le città qui però sono conchiglie tortili, nautili accroccati ai borghi da cui crébbero brutti, magari di una loro amabile bruttezza, o tarabiscottati, polvere dei sæcula, enfisematosi. Ma ristrutturiamo. Sì sì pensateci dottoressa. Amerìga, la zarussia di tutte le russie, tutta una torre, d’altro picca, bologne di calcestruzzo0 e tartàres di deserti; ci sono stato una volta, tournée dell’Opera. Gli amerìghi uguali, gli piace che il passante, inebetito dal benzene abbia solo voglia di sparire in qualche lassù, càmola d’ufficio a travagliare, they corpsorate1 , gli amerighi. Poi non saprei dire dóvese dormono. A notte i loro macchinisti del teatro scomparivano, cunicoli mah. Quando una guerra col flit2, è la domanda. Sotto questo profilo me sono un esempio d’inutilità funzionale della specie, i bipedi; maggioranza vivente relativa a cosa servono se non a nuocere a un equilibrio di vespe, mosche e zanzare dal quale sono elusi, sconfitti, destituiti; da essere mangiati dai virus. Allora guerra. È la portata più ghiotta del frißfraß3 umano, oh come se la bròccola, lecca, degusta, che non superi le sue aspettative; se dura troppo o troppo poco per farsi le Glorie, lagne, stop au galop. Il più nobile mobile da guerra è la crocerossina, porterà o no le mutande sotto l’immacolata. Sogno spesso di sparare. Sparare per sparare intendo, come vivere, a bruciapelo. Poi la sosta definitiva si fa al cinema, perfetta camera ardente dove pianto, rammarico sembrano sensati. Io piango per indicibili sciocchezze, che nel di fuori figurati; cinematografare l’esistenza, propria, altrui, serve all’arte della solitudine. Doktoressa scriverò più per nessuno. Capita d’incontrarne talvolta. Di Nessuni.

Allora la locomotiva rossa, macchinista boh, salto su. Davanti a me il reticolo degli scambi, segnali chiusi. Occhio ai comandi, tutto chiaro; all’improvviso segnali verdi, scambio che devia. Do corrente, trunk che la si sposta la locoemotìva, accelera, frena, rallenta, funziona tutta. Ah ah si parte. Addio monti sorgenti4. Presto grazioso. Ahdieuhhhhù.

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* cfr. in https://wp.me/p1nPRU-15M

* brianzolo per niente.

0 Può essere che qui l’ignoto giochi tra Bologna intesa come città turrita ma di calcestruzzo, e  bologna, insaccato inteso mortadella, forse correlativo di tartares di deserti  che segue. 

1 Intraducibile e indecifrabile nel contesto. Il verbo corporate non ci risulta esistente; qui sembrerebbe piuttosto crasi tra  corpse, cadavere, ed orate, pontificare. Ognuno si aiuti con la propria fantasia.

2 marchio di fabbrica di un insetticida, il DDT, contenuto in uno spruzzatore a pompa per uso domestico. Celebre nella lotta alla malaria e al tifo prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale; tossico proscritto dall’uso, secondo i paesi,  alla fine degli anni settanta.

3 tedesco, ß =ss. Qui per l’ imperativo e il passato remoto di fressen-freßen/abbuffarsi o genericamente mangiare riferito solo agli animali.

4. in A. Manzoni I promessi sposi – cap.VIII

BA 10

Pasquale D'Ascola

Pasquale Edgardo Giuseppe D'Ascola, già insegnante al Conservatorio di Milàno della materia teatrale che in sé pare segnali l’impermanente, alla sorda anagrafe lombarda ei fu, piccino, come di stringhe e cravatta in carcere, privato dell’apostrofo (e non di rado lo chiamano accento); col tempo di questa privazione egli ha fatto radice e desinenza della propria forzata quanto desiderata eteronimìa; avere troppe origini per adattarsi a una sola è un dato, un vezzo non si escluda un male, si assomiglia a chi alla fine, più che a Racine a un Déraciné, sradicato; l’aggettivo è dolente ma non abbastanza da impedire il ritrovarsi del soggetto a suo Bell’agio proprio ‘tra monti sorgenti dall’acque ed elevate al cielo cime ineguali’, là dove non nacque Venere ma Ei fu Manzoni. Macari a motivo di ciò o, alla Cioran, con la tentazione di esistere, egli scrive; per dirla alla lombarda l’è chel lì.

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